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I fischietti della morte aztechi terrorizzavano le vittime dei sacrifici: effetti orribili sul cervello

I ricercatori hanno esposto al suono dei famigerati “fischietti della morte” aztechi un gruppo di volontari e ne ha analizzato le scansioni cerebrali. I risultati sono inquietanti e suggeriscono l’utilizzo rituale di questi strumenti durante i sacrifici umani.
A cura di Andrea Centini
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Un fischietto della morte o ehecachichtli azteco. Credit: wikipedia
Un fischietto della morte o ehecachichtli azteco. Credit: wikipedia

I famigerati fischietti della morte aztechi avevano uno scopo rituale e venivano impiegati per terrorizzare le vittime dei sacrifici umani, prima e forse durante l'esecuzione. È possibile che fossero utilizzati anche per incutere timore alla folla che assisteva ai riti sanguinari. È quanto emerso da un nuovo studio che ha voluto indagare sugli effetti cognitivi e psicoacustici del suono di questi strani strumenti “musicali”, spesso a forma di teschio umano e trovati nei pressi dei resti delle persone uccise durante i rituali dell'antica civiltà precolombiana. I ricercatori hanno esposto al suono dei fischietti della morte diverse persone, chiedendo loro cosa provassero al loro ascolto. Le emissioni sonore sono state percepite come fortemente avverse, negative e spaventose, a causa del suono stridulo simile a un urlo. Potete ascoltare alcuni esempi nei video presenti nell'articolo (eseguiti attraverso repliche dei fischietti stampate in 3D).

A rendere ancor più inquietante il suono, derivato dall'incontro di più flussi d'aria incanalati dalla peculiare progettazione di questi strumenti in argilla, il fatto che il nostro cervello non è in grado di interpretarne la fonte. Come spiegato dagli autori del nuovo studio, infatti, i volontari esposti al loro suono li hanno classificati dal punto di vista psicoacustico come “un mix ibrido di suoni simili a voci e urla ma anche originati da meccanismi tecnologici”. In pratica, una combinazione agghiacciante tra un suono naturale e uno artificiale in grado di gelare il sangue, soprattutto a chi veniva portato sul patibolo. A evidenziarlo anche le scansioni cerebrali eseguite sui volontari esposti all'ascolto del suono; la corteccia uditiva del cervello si attiva come innanzi al suono di una minaccia incombente e si pone in uno stato di massima allerta, ulteriormente stimolata dall'ambiguità del suono, del quale non si riesce a determinare l'origine.

A condurre lo studio è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati svizzeri dell'Unità di neuroscienze cognitive e affettive dell'Università di Zurigo e del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Oslo (Norvegia). I ricercatori, coordinati dal professor Sascha Frauhholz, hanno sottolineato che molte culture erano solite utilizzare strumenti musicali durante eventi sociali e rituali, ma questi fischietti rappresentano un esempio esclusivo della “Mesoamerica postclassica”. Ricordiamo che gli aztechi, più correttamente mexica, furono una florida civiltà precolombiana che prosperò nella zona mesoamericana del Messico tra XIV e il XVI secolo. Oltre che per le straordinarie opere architettoniche e le capacità manifatturiere e artistiche, questa civiltà è nota anche per i rituali macabri legati ai sacrifici umani, eseguiti principalmente per placare le ire degli dei e “nutrirli”, come ad esempio il dio del Sole. Secondo la cultura azteca questo dio aveva bisogno di cuori umani per risplendere nel cielo ed emettere la sua energia. I sacrifici avevano anche una funzione sociale per soggiogare la popolazione e intimidire i nemici.

Non c'è dunque da stupirsi che siano stati proprio loro a ideare i fischietti della morte, conosciuti anche come ehecachichtli, dal nome del dio del vento Ehecatl. Non si può escludere che fossero progettati per simulare proprio il minaccioso suono del vento. In passato si riteneva che fossero utilizzati dai guerrieri in battaglia per spaventare i nemici, ma attualmente la teoria più accreditata è proprio quella rituale e cerimoniale, come testimoniano anche i luoghi dei ritrovamenti (mai nei campi in cui si è combattuto). “I fischietti a forma di teschio possono produrre suoni più morbidi simili a sibili ma anche a urla ed erano potenzialmente significativi per pratiche sacrificali, simbolismo mitologico o guerra intimidatoria degli Aztechi”, spiegano gli autori del nuovo studio.

I suoni, evidenziano Frauhholz e colleghi, attraggono l'attenzione mentale “imitando affettivamente altri suoni minacciosi e sorprendenti prodotti dalla natura e dalla tecnologia”, rendendosi più inquietanti proprio per la loro ambiguità difficile da interpretare per il cervello. Attraverso le tecniche di neuroimaging hanno inoltre scoperto che i suoni emessi dai fischietti venivano interpretati con una “decodifica specifica nel sistema uditivo neurale degli ascoltatori umani, accompagnata da cognizione uditiva di ordine superiore e valutazioni simboliche nei sistemi cerebrali fronto-insulari-parietali”. “I fischietti a forma di teschio sembrano quindi strumenti sonori unici con effetti psico-affettivi specifici sugli ascoltatori, e le comunità azteche potrebbero aver capitalizzato la natura spaventosa e urlante dei fischietti della morte”, hanno chiosato gli esperti. I dettagli della ricerca “Psychoacoustic and Archeoacoustic nature of ancient Aztec skull whistles” sono stati pubblicati su Communications Psychology.

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