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La poliomielite torna a Gaza, la pediatra: “Era solo questione di tempo, ora il problema sarà eliminarla”

Israele ha concesso una pausa umanitaria per permettere le vaccinazioni a Gaza, dopo la ricomparsa della poliomielite, una malattia infettiva, assente ormai da anni, che colpisce soprattutto i bambini, causando nei casi più gravi paralisi e morte. La dottoressa Manuela Valenti di Emergency spiega perché era una conseguenza prevedibile e quali sono le difficoltà di vaccinare durante una guerra.
Intervista a Manuela Valenti
Responsabile Divisione Pediatrica di Emergency
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A Gaza, il 16 agosto 2024, negli ambulatori allo stremo delle forze sotto i continui bombardamenti è tornata a circolare una parola, per tutti ormai un ricordo lontano da tempo: poliomielite. Il primo caso noto è un bambino di dieci mesi di Deir Al-Balah, al centro della Striscia di Gaza: il piccolo resta paralizzato a una gamba.

A Gaza, dove la guerra continua ormai ininterrottamente da quasi un anno, la poliomielite era assente da 25 anni, ma ora le interruzioni nella campagna vaccinale e le disastrose condizioni igienico-sanitarie hanno permesso al virus di tornare a circolare.

La poliomielite è infatti una malattia infettiva di origine virale che colpisce il sistema sistema nervoso centrale (nello specifico – spiega l'Istituto superiore di sanità – i neuroni motori del midollo infettivo). La trasmissione avviene per via oro-fecale, tramite quindi l'ingestione di acqua o cibo contaminati o attraverso l'esposizione alla saliva e le goccioline emesse da chi ha già contratto il virus. La malattia colpisce soprattutto i bambini sotto i cinque anni. Nella maggior parte si manifesta con sintomi influenzali, ma nel 5-10% può causare meningite asettica e nell'1% paralisi, causando nei casi pi gravi la morte.

Dopo la ricomparsa della malattia a Gaza, Israele ha concesso delle pause umanitarie temporanee per permettere alle agenzie umanitarie di vaccinare i bambini presenti nella Striscia. A Fanpage.it la dottoressa Manuela Valenti, Responsabile Divisione Pediatrica di Emergency, che più volte ha partecipato a campagne vaccinali pediatriche in aree a rischio, come Sudan e Afghanistan, ha spiegato quanto il ritorno di malattie considerate eradicate sia tra gli effetti indiretti noti di una guerra e le difficoltà di vaccinare durante un conflitto ancora attivo.

Come la guerra ha favorito la ricomparsa della poliomielite?

Oggi l'attenzione di tutti va alla ricomparsa della poliomielite perché ha avuto molta eco la notizia del ritorno di una malattia che consideravamo invece ormai eradicata in Europa, ma anche in Palestina e perfino in Africa, dove è assente ormai dal 2016. In realtà, però, è noto che le condizioni a cui la guerra costringe un determinato territorio favoriscono l'insorgenza e la diffusione di una lunga serie di malattie, tra cui anche la poliomielite. È uno scenario prevedibile, che si ripete praticamente in ogni contesto di guerra.

Ad esempio?

È ormai trascorso un anno dall'inizio della guerra a Gaza, e sappiamo bene come i più colpiti siano stati soprattutto i bambini. Non solo perché trattandosi di una popolazione molto giovane, sono soprattutto loro a morire sotto i bombardamenti, ma anche perché è su di loro che ricadrà, oggi, così come domani, il prezzo più salato in termini di conseguenze indirette, sanitarie e sociali e che si protrarranno ancora a lungo dopo la fine – ci auguriamo il prima possibile – dei bombardamenti.

La ricomparsa delle malattie è tra queste: in questi ultimi mesi stiamo assistendo a un importante aumento anche dei casi di morbillo, anche questo in condizioni normali facilmente evitabile con una corretta campagna vaccinale, ma anche di gastroenterite, colera e meningite.

Dietro ci sono le stesse cause? 

Nei contesti di guerra, come quello a cui stiamo assistendo oggi in Palestina, sono diverse le circostanze che determinano il peggioramento delle condizioni sanitarie e quindi anche il ritorno di malattie in passato debellate.

Da una parte viene meno l'efficacia della campagna vaccinale, dall'altra pesano il peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie e ovviamente il collasso dei servizi di assistenza sanitaria.

Durante la guerra vaccinare i bambini è spesso difficile. È successo anche a Gaza con la poliomielite? 

Esatto. Teniamo presente che la vaccinazione contro la poliomielite per essere efficace deve prevedere tre dosi: la prima a due mesi, la seconda a quattro e la terzo a dieci. A cui si dovrebbero aggiungere due richiami, a 5-6 anni e a dieci.

Considerato che la guerra a Gaza è scoppiata ormai un anno fa, questo significa che ci sono attualmente moltissimi bambini completamente scoperti. Inoltre, anche per i nati prima, interrompere o rendere intermittente la vaccinazione li espone a una nuova circolazione del virus. Sarà fondamentale quindi garantire anche le prossime dosi e i richiami per avere una vaccinazione davvero efficace, ma somministrare la prima dose resta comunque un passo necessario.

Quali sono i rischi della poliomielite?

La poliomielite è molto contagiosa, ma fortunatamente solo una percentuale contenuta delle persone che la contraggono sviluppa conseguenze neurologiche. Tuttavia, qualora si verifichino, sono davvero devastanti. Il virus può infatti attaccare il midollo spinale, procedendo dal basso verso l'alto.

Per questo motivo la manifestazione più frequente è la paralisi flaccida degli arti inferiori, che a volte può interessare anche quelli superiori. Solo nei casi più gravi il virus può attaccare i polmoni, paralizzando il sistema respiratorio. In questi casi l'unica possibilità di sopravvivere è attraverso la ventilazione artificiale, ma chiaramente con gli ospedali al collasso, sarà molto difficile assistere i bambini in queste condizioni.

Le condizioni igienico-sanitarie che ruolo hanno avuto?

Decisivo, chiaramente. In questi mesi in Palestina le condizioni igienico-sanitarie sono praticamente inesistenti, soprattutto nei campi profughi, costantemente sovraffollati e senza bagni sufficienti. Ma non solo nei campi profughi: la poliomielite è causata da un virus che si trasmette per via oro-fecale, quindi nel momento in cui i sistemi fognari vengono duramente colpiti, l'acqua potabile non è più garantita e il rischio di contaminazione è molto elevato.

Anche recarsi nei luoghi di prima assistenza è difficilissimo. I nostri operatori che sono riusciti solo da poco ad accedere a Gaza ci hanno raccontato che anche piccole distanze richiedono tempi di percorrenza lunghissimi, a causa dei continui controlli o delle macerie ovunque. La ricomparsa di queste malattie era inevitabile.

Ci spieghi meglio.

Queste situazioni non sono una novità, è quello che succede durante una guerra e quando si decide di iniziarne una lo si fa conoscendo benissimo quali saranno le conseguenze, anche quelle indirette e a lungo termine. Ricostruire la Palestina richiederà moltissimo tempo.

Mathieu Willcocks | Foto scattata durante le campagne vaccinali di Emergency in Sudan
Mathieu Willcocks | Foto scattata durante le campagne vaccinali di Emergency in Sudan
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