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Questi genitori si sono richiusi in una stanza per capire come vivono i figli: l’esperimento sociale

Per capire i propri figli che si sono isolati socialmente rinchiudendosi per mesi o anni nelle proprie camerette, un gruppo di genitori ha deciso di rinchiudersi per tre giorni in piccole celle senza nessun contatto con il mondo esterno, né cellulare o pc.
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Niente cellulare, niente pc, solo le pareti bianche e vuote e – per chi vuole – una tuta blu, uguale per tutti, quasi come se fossero in una prigione. Ma gli ospiti delle celle di isolamento della Fabbrica della felicità, nella Corea del Sud, non sono detenuti: si tratta dei genitori di adolescenti e giovani adulti hikikomori che scelgono spontaneamente l'isolamento per provare a capire meglio i propri figli.

È l'idea del programma sviluppato fa alcune organizzazioni non governative del Paese, la Korea Youth Foundation e il Blue Whale Recovery Centre, per aiutare i giovani che si sono isolati socialmente e le loro famiglie. In Corea del Sud gli hikikomori – così vengono chiamati i giovani che scelgono isolarsi da ogni contesto sociale – rappresentano un'emergenza sociale da anni: da un sondaggio del Ministero della Salute e del Welfare sudcoreano condotto su 15.000 persone dai 19 ai 34 anni, è emerso che gli hikikomori rappresentavano oltre il 5% degli intervistati. Se estendiamo questo dato all'intera popolazione i questa fascia anagrafica, significa che nel Paese ci sono più di 500.000 persone isolate socialmente.

Come funziona il programma di isolamento volontario

Il programma per le famiglie in realtà si estende per 13 settimane, durante le quali i genitori partecipanti possono scegliere di replicare l'esperienza dell'isolamento sociale, rinchiudendosi per tre giorni in queste piccole celle in una struttura a Hongcheon-gun, nella provincia di Gangwon. Al loro interno non c'è nulla, fatta eccezione per una presa d'aria nella porta e per tutta la durata dell'esperimento i genitori che scelgono di aderirvi non hanno nessun contatto con il mondo esterno.

L'obiettivo dell'iniziativa è aiutare i genitori a mettersi nei panni dei loro figli e capire cosa provano nella loro esperienza di isolamento, una condizione molto difficile e dolorosa, risultato di una scelta solo apparentemente volontaria. "Ho capito che è importante accettare la vita di mio figlio senza costringerlo a seguire un modello specifico", ha raccontato alla Bbc una delle madri che ha partecipato al programma.

Oltre al considerevole numero di hikikomori, la Corea del Sud ha anche uno dei più alti tassi di suicidi al mondo, tanto da spingere  il governo sudcoreano ad avviare o intensificare i programmi di prevenzione per la salute mentale, soprattutto quelli rivolti agli adolescenti o ai giovani adulti.

La situazione in Italia

Sebbene in Italia il problema dell'isolamento sociale volontario sia più confinato, esiste comunque un numero non trascurabile di giovanissimi che a causa di una serie di difficoltà psicologiche, relazionali o di altra natura, interrompe ogni rapporto con il mondo esterno: secondo un'indagine del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Ifc) in Italia sarebbero più di 50mila gli adolescenti hikikomori.

Anche se l'età media in cui un ragazzo o una ragazza in Italia inizia a isolarsi nella propria cameretta è tra i 15 e i 17 anni, le cause che possono portare a questa condizione nascono prima. D'altronde, è noto che negli ultimi anni il benessere psicologico dei giovani (e non solo) in Italia è sempre più precario, anche a causa degli effetti della pandemia: secondo una ricerca di Unicef e Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, nel 2023 circa il 39% dei ragazzi mostra i sintomi tipici di ansia e depressione.

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