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Indagato per l’omicidio del padre e morto in un incidente, scriveva: “Non reggo più questo peso”

Prende sempre più piede l’ipotesi che Francesco Masetti, 38enne bolognese accusato dell’omicidio del padre e morto ieri, non sia stato vittima di un incidente stradale bensì si sia tolto la vita. Al suo avvocato poco prima di schiantarsi contro un tir ha scritto: “Io non c’entro niente. Mi hanno abbandonato. Vado a raggiungere mamma e papà. Non reggo più questo peso”.
A cura di Davide Falcioni
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Prende sempre più piede l'ipotesi che Francesco Masetti, 38enne bolognese accusato dell'omicidio del padre e morto ieri, non sia stato vittima di un incidente stradale bensì si sia tolto la vita. Al suo avvocato Alessandro Veronesi, infatti, ha scritto un sms poco prima di schiantarsi con la sua Dacia Duster nel tratto di strada tra Parma e Fidenza: "Io non c'entro niente. Mi hanno abbandonato. Vado a raggiungere mamma e papà. Non reggo più questo peso". L'uomo si è poi schiantato contro un tir, il cui autista è stato ricoverato in gravi condizioni. Masetti, indagato per omicidio del padre, poco prima di morire ha scritto un messaggio anche alla sua ex fidanzata, che vive all'estero e che – stando a quanto rivela Repubblica – sarebbe stata inserita nel testamento: alla donna ha chiesto "scusa per le bugie", stessa cosa che avrebbe fatto nei giorni scorsi con alcuni amici che – dopo aver scoperto una sua finta laurea – l'avrebbero abbandonato.

Francesco Masetti era indagato per omicidio aggravato premeditato, nell'ipotesi che avesse avvelenato il genitore, 70 anni, morto il 4 novembre in circostanze piuttosto strane nella sua casa di Zola Predosa, dopo un ricovero in ospedale. A denunciare il 38enne e avanzare i primi sospetti sul suo conto era stata la cugina, e si stavano attendendo gli esiti degli esami tossicologici, disposti dopo l'autopsia. L'inchiesta nei confronti di Masetti, coordinata dal pubblico ministero Antonello Gustapane, lo vedeva comunque a piede libero, con l'ombra di un delitto per un movente economico, ovvero l'eredità del padre. Tra gli indizi che avevano portato ad avviare un approfondimento sulla vicenda, oltre alla denuncia della parente e ad alcune stranezze nei suoi racconti, anche un segno sul collo del padre, che aveva fatto ipotizzare un'iniezione di farmaci o di altre sostanze velenose. Il figlio, difeso dall'avvocato Alessandro Veronesi, era stato prima sentito come persona informata sui fatti e poi perquisito.

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