In Tibet i monaci si danno fuoco per protesta: la rivolta di cui nessuno parla
In Tibet nell'ultimo mese cinque monaci si sono dati fuoco, protestando per l'occupazione cinese che dura da ormai dal 1950. In totale sono nove tibetani che dal 2010 protestano chiedendo l'indipendenza della regione e il ritorno del Dalai Lama. In particolar modo le tensioni interessano la provincia cinese del Sichuan. L'ultimo scioccante suicidio di una giovanissima religiosa di soli 20 anni, Tenzin Wangmo, che si è data fuoco nelle vicinanze del suo monastero nella provincia del Sichuan. Proprio lo scorso luglio i cinesi avevano festeggiato con una parata i 60 anni di "liberazione" in Tibet e per tutta risposta il governo cinese di Wen Jiabao ha inviato degli agenti nella zona per cercare di sanare la questione rieducando la popolazione e i monaci con bandiere e immagini dei leader cinesi.
Il monastero di Kirti al centro delle polemiche da marzo 2011
I monaci del monastero di Kirti, nella provincia dello Sichuan protestano da marzo 2011
E' dallo scorso marzo che alcuni monaci tibetani protestano contro l'occupazione cinese dandosi fuoco
E' soprattutto in questo monastero, nella provincia del Sichuan che si sono concentrate le proteste: da marzo scorso il luogo sacro per i tibetani è letteralmente in ostaggio delle forze di polizia cinesi, che impediscono sia la libera circolazione dei monaci, che qualsiasi visita esterna di parenti e laici qualsiasi. Il motivo scatenante sono le proteste anti-cinesi in atto dal 16 marzo scorso ad oggi messe in atto dai monaci: il primo episodio con un monaco 17enne che si è dato fuoco proprio durante il terzo anniversario dalle rivolte anti-cinesi in Tibet (il 16 marzo 2011).
Parte dei componenti del monastero di Kirti sono attualmente in esilio e hanno lanciato dei comunicati sulla morte della giovane religiosa Tenzin Wangmo lo scorso 17 ottobre, affermando che la donna ha camminato per strada, avvolta dalle fiamme, per diversi minuti cantanto slogan contro l'occupazione cinese. Attualmente la situazione è monitorata dal Tibetan Centre for Human Rights and Democracy.
Attualmente ci sono 50.000 forze di polizia controllano l'area del monastero e si dice che oltre 300 monaci sono spariti e "deportati" in campi di rieducazione cinesi.
La comunità internazionale ha più volte rimproverato il governo cinese, ma senza una grande fermezza: il Parlamento Europeo ha richiamato la Cina a rispettare la Convenzione sui diritti umani condannando l'accerchiamento del governo cinese al monastero di Kirti e : "Le autorità devono porre fine all'assedio del monastero di Kirti e devono rilasciare immediatamente tutti i fermati
Inoltre gli americani affermano con durezza che i cinesi devono porre fine anche alle "sessioni di rieducazione" e sottolineano che ogni "querelle" (un termine forse riduttivo per spiegare la situazione in corso) con la popolazione locale deve essere risolta in modo civile e trasparente.
Il governo americano, tramite le parole del portavoce del Dipartimento di Stato americano Victoria Nuland afferma di aver fatto pressioni sul governo cinese in tal senso:
Abbiamo spronato la Cina e i suoi leader affinché rispettino i diritti dei tibetani per affrontare alcune di quelle questioni che hanno creato tensione e per proteggere la religione, la cultura e l'identità tibetana
Oggi 19 ottobre sono attualmente in corso, in tutto il mondo, delle giornate di preghiera a favore dei tibetani. Il governo tibetano in esilio ha comunicato che il Dalai Lama sarà a Dharamsala, in India, per una lunga giornata di digiuno e preghiera in ricordo dei monaci morti nei roghi.