Oltre quale livello si è imbecilli? Chi stabilisce chi è imbecille? O meglio: cosa vuol dire imbecille? Perché dietro le affermazioni di Umberto Eco non c’è un eminente semiologo ma un uomo che ha inforcato le lenti del XX secolo per leggere il XXI.
“Gli imbecilli” – come li chiama Eco – sono i barbari che da sempre spaventano le élite. Era imbecille Gutenberg che in un bar di Norimberga pensava che si potesse stampare un libro anche senza l'aiuto di un uomo; era imbecille il Terzo Stato che credeva che un sovrano non è detentore del "giusto"; era imbecille la classe operaia che "all’industria di Aldo ha fatto uno sciopero".
La storia è piena di “allegri imbecilli” considerati inferiori. Persone sottratte dei proprio diritti perché ritenute imbelli: dalle donne dell’Atene di Pericle ai riformati alla leva militare nell’Italia della prima metà del secolo passando per tutti coloro i quali non sono d’accordo con l’attuale Presidente della Regione Campania (i famosi “personaggetti" che dicono ‘imbecillità’). Ma chi stabilisce la soglia oltre la quale si smette di essere imbecilli e si è “uomini senzienti”?
Democrazia non è stabilire chi sia imbecille o meno ma far sì che nessuno sia considerato tale. Democrazia è dare accesso a tutti agli strumenti per migliorare la propria condizione sociale. Democrazia è uguaglianza.
La generalizzazione di Eco non è né giusta né sbagliata: è razzista. E’ razzista perché considera inferiore il diverso dall’élite che detiene il sapere. Nelle sue parole risuonano le descrizioni di Dumas sui lazzari napoletani. Risuonano le voci delle censure novecentesche ai film “che ledono la morale”, risuonano le voci di una superiorità di un gruppo sociale su un altro che vengono dai peggiori sentimenti nazionalisti di inizio secolo.
Con le sue parole Eco si pone in continuità con il pensiero di un Giovanardi qualsiasi, che considera barbari i genitori omosessuali, e con quello di Salvini, che considera “imbecille” chiunque pensi che accogliere gli immigrati sia un dovere.
Ciò che è più grave è che Eco è riuscito a smentire sé stesso. L’Eco del ‘Nome della Rosa' vedeva nella chiesa detentrice della cultura un pericolo; quello di ieri a Torino è la chiesa che si erige a detentrice del sapere.
Inforcare gli occhiali del XXI secolo vuol dire lasciarsi alle spalle il pensiero che ci sia un popolo bue da educare, vuol dire lasciarsi alle spalle la pretesa di essere portatore di un sapere che va accolto al pari di una religione rivelata. Inforcare gli occhiali del XXI secolo vuol dire essere cosciente che la conoscenza non esiste, è solo quello che osserviamo qui e ora in base alle nozioni di cui siamo già a conoscenza. Inforcare gli occhiali del XXI secolo vuol dire guardare il mondo con gli occhi da "imbecilli", perché solo chi lo guarda con gli occhi di un "imbecille" sa che avrà sempre qualcosa da imparare.