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Processo sulla morte di Stefano Cucchi

Ilaria Cucchi: “Andrò al Viminale solo quando Salvini chiederà scusa alla mia famiglia”

Ilaria Cucchi valuterà di andare al Viminale solo dopo le eventuali scuse del ministro Matteo Salvini. È quanto ha dichiarato la sorella di Stefano Cucchi, il geometra romano morto nel 2009 una settimana dopo il suo arresto. Per la prima volta ieri un carabiniere imputato ha ammesso il pestaggio.
A cura di Susanna Picone
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“Il giorno in cui il ministro dell'Interno chiederà scusa a me, alla mia famiglia e a Stefano allora potrò pensare di andarci, prima di allora non credo proprio”: così Ilaria Cucchi, dopo la svolta arrivata ieri durante il processo per la morte di suo fratello Stefano, ha detto ai microfoni di RTL 102.5 facendo riferimento all’invito del ministro Matteo Salvini al Viminale arrivato dopo la confessione del carabiniere Francesco Tedesco. "La sorella e i parenti di Stefano Cucchi sono i benvenuti al Viminale. Eventuali reati o errori di pochissimi vanno puniti con la massima severità, ma ciò non può mettere in discussione professionalità e eroismo quotidiani di centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi in divisa", ha dichiarato Salvini, lo stesso che due anni fa usava parole diverse per parlare di Ilaria. Per l'allora leader della Lega la sorella di Stefano Cucchi si sarebbe dovuta “vergognare”: “Capisco il dolore di una sorella che ha perso il fratello, ma mi fa schifo”, aveva detto nel 2016.

Stefano Cucchi è morto perché era un "ultimo" – “Io dico sempre – così Ilaria Cucchi a RTL 102.5 – che Stefano è morto perché era un ‘ultimo’, perché abbiamo una giustizia che ha due pesi e due misure, forte con i deboli e debole con i forti e di ultimi ce ne sono tanti e, ahimè, nella nostra società sono destinati ad aumentare. Vero, Stefano non me lo riporterà indietro nessuno; se domani Stefano dovesse bussare alla mia porta e dirmi che c’è stato un errore e che è ancora vivo, il mio dolore di questi nove anni non me lo toglie nessuno, la mia vita è cambiata per sempre. L’unica cosa che mi dà la forza di andare avanti è provare, tramite Stefano, a dar voce a tutti gli altri Stefano, tutti gli altri ultimi di cui non importa niente a nessuno, che muoiono e che subiscono soprusi quotidianamente nel disinteresse generale, di una società che è abituata a voltarsi dall’altra parte e che pensa sempre che le cose capitino sempre agli altri e mai a se stessi”.

Il racconto del pestaggio di Stefano: "Avevo voglia di piangere" – Nel corso dell’intervista in radio la sorella di Stefano Cucchi ha parlato del racconto del pestaggio compiuto dal carabiniere Francesco Tedesco,  imputato come altri colleghi con l’accusa di omicidio preterintenzionale. Ascoltare quel racconto è stato per lei “terribile”: “Avevo voglia di piangere. Ho letto quelle parole, nero su bianco, la brutalità, la cattiveria che è stata fatta a mio fratello che ha dovuto subire. Quel corpo inerme, quella fragilità. Tante volte in questi anni si è parlato, strumentalizzandola, della magrezza di mio fratello, ecco, quei due corpi che si sono avventati sopra mio fratello che era arrestato, indifeso, che non poteva fare del male a nessuno, la brutalità, la cattiveria, il disinteresse, il pregiudizio nel quale poi Stefano nei giorni successivi, sei giorni ricordo – un lasso di tempo brevissimo – è stato lasciato morire. Tutto questo si fa fatica ad accettarlo, da sorella di Stefano e da cittadina, siamo in un momento terribile per la nostra società, per il nostro Paese, nel quale si sta facendo passare in qualche maniera il concetto che i diritti umani sono sacrificabili in nome di presunti interessi superiori. Credo che mio fratello sia un esempio di questo”, ha detto Ilaria.

Le responsabilità di quanti hanno incontrato Stefano dopo il pestaggio – La sorella del geometra ha ricordato anche come Stefano Cucchi abbia incontrato molte persone durante gli ultimi sei giorni della sua vita: pubblici ufficiali che, ha ricordato Ilaria, “hanno visto man mano il degenerare di quelle condizioni fisiche che lo hanno portato alla morte” e nessuna di queste persone “è stata capace di guardare oltre il pregiudizio e di vedere oltre quel detenuto un essere umano che stava male e che stava morendo, perché se lo avessero fatto ora non esisterebbe nessun ‘caso Cucchi’”.

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