Il vero volto della “Gioconda viennese” di Klimt: ecco chi era la donna oltre l’idolo
Gli storici dell'arte e i critici soprannominavano Gustav Klimt “Frauenversteher”, intenditore di donne. Durante la sua carriera infatti, l'artista austriaco ha dipinto oltre cento volti femminili, trasformandoli in vere e proprie icone dell'Art Nouveau. Tante donne, probabilmente numerose amanti, ma una soltanto sembra aver conquistato davvero il cuore e l'occhio di Klimt: Adele Bauer. La mostra “Klimt and the Women of Vienna's Golden Age” in corso fino al 16 gennaio 2017 alla Neue Galerie di New York, include 12 dipinti e 40 disegni di altrettante donne, ma sono i ritratti di Adele ad essere il centro di questa narrazione in immagini. È lei la musa ispiratrice del “periodo dorato” del pittore, e nel dopoguerra la sua immagine è diventata il simbolo della cultura austriaca, tanto da venire soprannominata “La Gioconda viennese”. Ma chi era davvero questa donna?
Suo è il volto sensuale e minaccioso della Giuditta, suo il corpo ricoperto d'oro del dipinto che porta il suo nome, e suoi gli occhi misteriosi e scuri dietro lo sfavillio dei gioielli. A New York vengono esposti per la prima volta dopo molti anni, entrambi i ritratti di questa misteriosa musa: “Adele Bloch-Bauer I”, del 1907, e il meno noto ma non meno sorprendente “Adele Bloch-Bauer II”, del 1912. "L'immagine d'oro di Adele Bloch-Bauer ha gettato un incantesimo su di me, come se fossi ancora uno studente di storia dell'arte", ha detto Tobias Natter, curatore della mostra alla Neue Galerie. "Si tratta di una sinfonia in oro, un trionfo unico di simbologia e fascino".
Adele come Giuditta e come se stessa
Considerato da sempre uno dei capolavori emblematici dell'Art Nouveau, “Giuditta” assume un significato ulteriormente profondo se si prende in considerazione la modella. Lei, Adele: che sopravvive nel quadro con la sua carnalità solo attraverso le mani, il collo e il viso, tutti elementi ai quali Klimt sceglie di donare una forza unica mista di pathos ed erotismo. L'intreccio nervoso delle dita, gli occhi profondi, la bocca rossa e socchiusa, forse in un bacio: inconfondibile il volto della feroce Giuditta che decapita il suo uomo.
E il motivo stesso per cui Klimt sceglie lei, e non altre, è proprio questo: la forza vigorosa e libera della femminilità sprigionata da quella donna di poco più di trent'anni. Una donna che non solo decapita, evira l'uomo, ma lo priva di qualsiasi importanza sociale, divenendo lei stessa regina della propria epoca: Adele Bloch-Bauer, in questo senso, riassume in sé tutte le caratteristiche che l'occhio e l'anima di Klimt ricercano.
L'altro volto di Adele
Adele Bauer nasce a Vienna nel 1881, figlia adorata di un direttore di banca e bambina dall'infanzia privilegiata e colta. A soli 19 anni compie il salto di qualità sulla scala sociale, sposando Ferdinand Bloch, magnate dell'industria dello zucchero di 17 anni più vecchio di lei. Insieme i due divengono appassionati e famosi mecenati d'arte, e lui, Gustav Klimt, diviene uno dei nomi prediletti dalla famiglia. Il salotto Bloch-Bauer è stato frequentato da compositori del calibro di Gustav Mahler e Richard Strauss, e da autori come Stefan Zweig. Una vita apparentemente sfavillante.
Ma, proprio come nei quadri di Klimt, dove l'oro cela una forza inquieta pronta ad esplodere, anche nella vita di Adele Bauer-Bloch ciò che luccica non sempre è oro: sua nipote, Maria Altmann, la raccontò come una donna "incompresa, ammalata, sofferente di emicrania, fumatrice accanita, tremendamente delicata, adombrata".
Era continuamente alla ricerca di emozioni e sollecitazioni intellettuali. Non era felice. Avrebbe voluto frequentare l'università, inammissibile per le donne del suo tempo. La via di fuga era una preparazione culturale conseguita con ferrea volontà e disciplina.
Attraverso queste parole si può tornare nuovamente dalla vita di Adele all'arte di Klimt: in particolare al secondo dipinto che la vede direttamente protagonista, realizzato nel 1913. Più fedele alla donna che all'idolo, il dipinto fa emergere tutta la malinconica maturità della donna, passata attraverso anni politicamente difficili e travagli personali non da poco. “Era una donna piuttosto fredda, e non era felice. Ha vissuto un matrimonio combinato, e non era più riuscita ad avere figli dopo due aborti spontanei e la morte di un bambino”. Adele morirà di meningite nel 1925, a soli 43 anni, quando ormai il suo volto, dall'istante in cui aveva scelto di posare per Gustav Klimt, non era stato più lo stesso.