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Opinioni

Il vero rischio per l’Italia? Una nuova stretta sul credito

Altro che effetti depressivi della manovre varata dai governi europei o dalla richiesta di ricapitalizzazioni per le banche: i rischi per l’Eurozona e l’Italia in particolare sono legati per il Credit Suisse ad una stretta sul credito.
A cura di Luca Spoldi
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Credit Suisse

Sui giornali italiani tengono banco le vicende che ruotano attorno alla crisi delle banche italiane, UniCredit in testa, cui servono secondo l’autorità bancaria europea (Eba), guidata dall’italiano Andrea Enria, 15,4 miliardi di euro di mezzi freschi dei 114,7 miliardi indicati dall’autorithy al termine del suo “stress test” dello scorso autunno. Dopo il pesante tonfo in borsa di Piazza Cordusio, infatti, Mps, Banco Popolare e Ubi Banca non sembrano in alcun modo intenzionate a chiedere ai propri soci (Fondazioni bancarie che negli anni hanno visto il patrimonio, integralmente o quasi investito in titoli delle rispettive banche, assottigliarsi notevolmente, mentre il flusso di dividendi andava riducendosi sino ad azzerarsi) di tirare fuori altri soldi, sempre che li abbiano, o in alternativa fare spazio a nuovi soggetti pronti ad approfittare dei saldi di stagione per mettere un piede dentro le principali banche italiane.

La questione viene solitamente posta dalla stampa italiana (notoriamente forte coi deboli e debole coi forti) in termini “patriottici” e questo già dovrebbe mettervi sull’attenti: chi suona la campana dell’amor patrio tende immancabilmente a indorare una pillola altrimenti poco digeribile, in qualsiasi periodo storico e in qualsivoglia circostanza e quella attuale non fa eccezione, coi suoi inviti a sottoscrivere Btp e Bot ufficialmente “per dare un segnale di fiducia” ma de facto per alleggerire le posizioni dei vari istituti, o le campagne mediatiche e pubblicitarie per convincere della bontà di aumenti di capitale fatti con sconti così alti che rivelano la disperazione vissuta in questi giorni dal management (non meno che dagli azionisti).

Si potrebbe dire: visti i danni che questi manager nominati da questi azionisti “forti” hanno causato in termini di perdita di valore per tutti gli azionisti (anche quelli di minoranza, trattati puntualmente come “parco buoi”) ben vengano “i barbari”, cinesi, indiani o russi che siano. Ma siamo certi che prima che cedere la poltrona i banchieri e bancari nostrani cercheranno in ogni modo di evitare l’amaro destino con “dismissioni disperate e quello sarà l'ultimo chiodo sulla loro bara”, come mi confermava in una conversazione privata lo strategist di una nota azienda di credito italiana che in questi giorni cerca appunto di trovare acquirenti per alcuni suoi asset. Assieme alla vendita di asset che fino a ieri erano strategici e ora improvvisamente non lo sarebbero più, le banche europee ed italiane in particolare sembrano tentate dallo stringere il cordone della borsa, ma l’Eba ha già chiarito che al posto degli aumenti di capitale è pronta ad accettare solo “limitate azioni di riduzione degli attivi” come ad esempio “la cessione di società o linee di attività a terzi”, mentre non verrebbero conteggiate eventuali riduzioni del credito erogato alla clientela (suggerimento: ricordatevi di questo perchè è un passaggio cruciale).

Se poi tutto questo parlare di poltrone, potere, amici da salvare ed ex amici da abbandonare al proprio destino crudele vi lascia indifferente e piuttosto state chiedendovi se il 2012 porterà o meno altre tasse, il rischio di perdere il lavoro o la possibilità di trovarlo, sappiate che secondo gli analisti del Credit Suisse, non proprio gli ultimi arrivati, l’area dell’euro dovrà sì affrontare un difficile 2012, ma non sarà “la fine del mondo”. questo perché è vero che l’economia di Eurolandia è già da qualche mese entrata in recessione, le condizioni finanziarie si sono deteriorate e governi e le banche hanno necessità finanziarie ingenti, mentre un risposta politica decisiva alla crisi resta assente, le ultime misure non convenzionali varate dalla Bce stanno garantendo liquidità al sistema (anche se 486 miliardi dei 489 miliardi assegnati dalla Bce alle banche con l’asta di liquidità a tre anni all’1% annuo dello scorso dicembre restano parcheggiati sui depositi della stessa banca centrale, per quanto remunerati solo allo 0,25%), “per cui una crisi del debito sovrano o della raccolta bancaria potrebbe essere evitata”, mentre “il rallentamento economico, finora, non è in alcun modo paragonabile a quella vissuta nel 2008-2009”.

Alla fine visto che l’economia globale dovrebbe mantenersi forte anche quest’anno (grazie alla tenuta degli Usa e dell’Asia) e che un euro più debole potrebbe sostenere le esportazioni europee, se anche “la stretta fiscale pro-ciclica dovesse rivelarsi un ostacolo per la crescita” nel vecchio continente l’area dell’euro “dovrebbe vedere un profondo e positivo risanamento dei conti pubblici quest’anno” e ritrovarsi più salda di prima. Insomma, il messaggio che arriva da Zurigo (che di Eurolandia non fa parte) è: smettetela di frignare e rimboccatevi le maniche. Un consiglio quanto mai prezioso soprattutto per l’Italia, la cui economia è entrata in recessione nel terzo trimestre del 2011 e sembra destinata a rimanervi per almeno un altro paio di trimestri, ma che grazie alle misure fin qui varate, che oggi hanno ricevuto il plauso di “frau” Angela Merkel (che però, come temevo, non ha offerto a Mario Monti molto di più di un generico impegno a rafforzare il futuro fondo salva stati europeo Esm, evitando accuratamente di parlare di Eurobond comunitari o di un maggior ruolo della Bce, come invece continua a chiedere, tra gli altri, l’agenzia Fitch), dovrebbero raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2013.

Grazie agli sforzi del governo Monti (sempre se le lobbies e cricche di ogni colore non si metteranno ancora una volta di traverso a qualsiasi tentativo di rinnovamento del paese) secondo gli esperti rossocrociati la fiducia “e più bassi tassi d’interesse” sul debito pubblico “potrebbe tornare come conseguenza dell’implementazione delle misure stesse” o più genericamente “quando l’Europa gestirà una volta per tutte a livello politico la crisi di fiducia nei suoi fondamentali, se le condizioni monetarie continueranno ad essere più espansive e, idealmente, se anche la politica fiscale in Germania diventasse più accomodante”. Non solo: lo shock negativo in termini di crescita dovuto all’impatto della manovra fiscale appena varata “è in parte compensato dalla qualità delle misure, che includono tassazione dei più ricchi (generalmente con un modesto impatto sui consumi), una riforma delle pensioni (positivo per la crescita, se non altro) e da un mix di politiche che sta tornando ad essere maggiormente favorevole” alla crescita stessa, anche grazie alle decisioni della Bce negli ultimi mesi e all’andamento dei tassi di cambio. Infine, l’evoluzione vista negli ultimi mesi “suggerisce che l’incertezza sta diminuendo. Se questo trend venisse confermato, la crescita potrebbe riprendere entro la fine dell’anno” guidato da investimenti aziendali ed esportazioni, mentre per il Tesoro italiano il periodo “di fuoco” dovrebbe essere circoscritto al primo semestre dell’anno (mentre nel 2012 non dovrebbero essere emessi più di 210 miliardi di euro di titoli a lungo termine, contro i 194 miliardi emessi lo scorso anno, con importi calanti nel 2014, a 160 miliardi circa, e nel 2015, a 120 miliardi circa).

A minacciare un quadro fin troppo bello per essere ritenuto lo scenario più probabile resta purtroppo la tentazione delle banche (vi avevo detto di tenerlo a mente perchè era importante, no?) di stringere il credito per far pagare alla clientela costi imputabili a errate strategie manageriali e miopia strategica degli azionisti di controllo negli ultimi anni. “Mentre scriviamo – notano gli uomini di Credit Suisse – le statistiche ufficiali segnalano solo un rallentamento contenuto della crescita dei prestiti, ma le banche, che hanno già standard creditizi stretti, anticipano un ulteriore significativo inasprimento nell’arco di quest’anno” e in questo caso non è detto che “le misure annunciate da parte della Bce saranno sufficienti a cambiare le cose nei prossimi mesi”. Il rischio per l’economia italiana, insomma, è legato al possibile “credit crunch” che le banche tricolori potrebbero varare per cercare di assecondare gli interessi degli attuali “poteri forti” (bancari e non) e la relativa selva di rapporti incrociati, cercate di ricordarlo quando sentirete parlare della necessità di difendere “l’italianità” di questa o quella banca di questo o quel gruppo: rischiate altrimenti di tutelare a vostre spese solo le poltrone di “lor signori”.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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