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Il trasferimento dei parcheggi pertinenziali condominiali il punto della situazione: Cassazione 18.09.2012 n. 15645

La vendita o il trasferimento dei parcheggi pertinenziali condominiali (ex legge 17.08.1942 n. 1150 art. 41sexies) separatamente dagli appartamenti, dopo la legge del 28.11.2005 n. 246, è possibile solo per gli edifici realizzati successivamente al 2005, per gli edifici anteriori al 2005 il rapporto di pertinenzialità tra parcheggio e appartamento non è eliminabile ed in caso di trasferimento separato si verrebbe a costituire ex lege, a favore dell’avente diritto al parcheggio, un diritto d’uso al posto auto che, come limite legale alla proprietà, è opponibile all’acquirente del parcheggio e ai suoi aventi causa, indipendentemente dalle norme che regolano la trascrizione.
A cura di Paolo Giuliano
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I parcheggi condominiali o, quanto meno, i parcheggi pertinenziali agli appartamenti ubicati negli edifici, (ci si riferisce ai posti auto imposti dalla c.d. legge urbanistica modificata dalla c.d. legge ponte) presentano molti punti di criticità che, per quanto possa sembrare assurdo, non trovano una soluzione neppure con il passare del tempo o con il sedimentarsi dei vari orientamenti e delle diverse interpretazioni.

Volendo fornire un breve quadro schematico delle problematiche è possibile ricordare tutte le questioni inerenti la proprietà (condominiale ex art. 1117 c.c. o esclusiva di detti posti auto) o i contrasti derivanti dall'uso degli stessi parcheggi quando si tratta di ipotesi ibride (o non chiaramente definite negli atti, come, ad esempio, quando sono presenti i posti auto, ma questi non sono assegnati a nessun appartamento specifico, ma sono lasciati all'uso promiscuo dei diversi utilizzatori, in quest'articolo è stata riportata la posizione della Cassazione sull'uso turnario dei posti auto) e, ultima, ma non meno importante, la questione del trasferimento del posto auto separatamente dall'appartamento.

Rinviando l'approfondimento della storia (diventata ormai una saga epica) dell'obbligo dei parcheggi pertinenziali e del loro trasferimento svincolati dall'appartamento ad un altro  articolo più approfondito (dal titolo  I parcheggi condominiali: la normativa e l'interpretazione dottrinale e giurisprudenziale che può essere letto qui), per quanto ci interessa in questa sede è opportuno schematizzare che prima del 2005 si era giunti alla conclusione che i parcheggi pertinenziali (ex art. 41 sexies Legge 1150 del 1942) non potessero essere trasferiti separatamente dall'appartamento e ove questo si fosse verificato a favore del titolare dell'appartamento avente diritto al parcheggio si costituiva ex lege un diritto d'uso del bene parcheggio.

Dopo l'introduzione dell'art. 12 della Legge 28 novembre 2005 n. 246 il quale ha aggiunto all'art. 41 sexies Legge 1150 del 17 agosto 1942 il seguente comma: "Gli spazi per parcheggi realizzati in forza del I comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta nè da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse" è sorta la questione se dopo la legge del 2005 i parcheggi potessero essere trasferiti separatamente dall'appartamento (ferma la destinazione a parcheggio del bene).

Le ricostruzioni che sono state proposte possono essere così schematizzate:

  1. la legge è una norma interpretativa, con effetto retroattivo, quindi tutti i posti auto (ferma la loro destinazione immodificabile a parcheggio) possono essere alienati separatamente dall'appartamento di cui sono pertinenza;
  2. la legge del 2005 è una norma che nova la precedente normativa e opera solo per il futuro, in particolare riguarda solo le nuove costruzioni successive al 2005, quindi, per tutti i parcheggi costruiti prima del 2005 valgono le stesse regole vigenti prima della riforma del 2005 (orientamento ormai consolidato in Cassazione come risulta anche da questo precedente articolo Cassazione civ. sez. VI del 5 giugno 2012 n. 9090). In particolare è opportuno aggiungere che il trasferimento del parcheggio ad altri soggetti diversi dal titolare dell'appartamento non pregiudica quest'ultimo, in quanto i trasferimenti successivi non sono opponibili al proprietario dell'appartamento, perchè il vincolo a parcheggio (e il legame con l'appartamento) è un limite legale alla proprietà che non è subordinato e non risponde alle norme in materia di trascrizione.

Cassazione civ. sez. II del 18 settembre 2012 n. 15645

1. Con il primo motivo il ricorrente sostiene l’applicabilità della  normativa introdotta con la legge n. 246/05 con la nuova formulazione, quale ius superveniens, alla  presente controversia in quanto non ancora definita. In particolare il  ricorrente sostiene che la norma citata, nella nuova formulazione, applicabile  anche in cassazione proprio in quanto ius superveniens, esclude il vincolo  pertinenziale o il diritto di uso per i parcheggi e ne consente la libera  trasferibilità.

1.1. Il motivo è infondato. L’art. 12, comma 9, della  legge 28 novembre 2005, n. 246 (in vigore dal 16 dicembre 2006) aggiunge un  secondo comma all’art. 41-sexies della legge 17 agosto  1942, n. 1150, così formulato: “gli spazi per parcheggi realizzati in forza  del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali né da diritti d’uso a  favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili  autonomamente da esse”. La norma, quindi, esclude l’automatismo tra la  riserva obbligatoria di spazi adibiti a parcheggio nelle nuove costruzioni e la  necessaria utilizzazione degli stessi da parte dei condomini, allo scopo  dichiarato di consentire che detti spazi siano suscettibili di una  regolamentazione autonoma rispetto alla costruzione cui accedono e che possano  essere commercializzati liberamente. Resta inalterato il vincolo urbanistico  di destinazione dell’area a parcheggio (disciplinato ancora dal comma 1  dell’art. 41-sexies), cui è subordinata la concessione del permesso di  costruire, ma non sussiste più alcun diritto reale a favore degli abitanti  dell’edificio cui accedono. Si tratta di stabilire se la norma sopra  richiamata costituisca norma interpretativa (con conseguente efficacia  retroattiva) e, quindi, applicabile anche a situazioni antecedenti o se si  tratti di norma propriamente novativa, valevole soltanto per il futuro. Se tale  norma venisse intesa come disposizione di interpretazione autentica rispetto al  previgente enunciato, contenuto nel comma 1 dell’art. 41-sexies della legge  urbanistica, si potrebbe ritenere che tutti gli spazi per parcheggi in edifici,  realizzati prima dell’entrata in vigore della legge n. 246 del 2005 (quindi  anche l’area già vincolata a parcheggio oggetto della presente causa), non siano  gravati da vincoli di sorta, anche qualora fosse stato accertato un diritto  reale a favore dei condomini con regolamento contrattuale, o in forza di  sentenza passata in giudicato o in virtù di altro strumento. Il diritto reale  d’uso, secondo la giurisprudenza in precedenza consolidatasi, spettava al  proprietario del bene principale sul parcheggio che venisse alienato  separatamente e si costituiva ope legis all’atto dell’alienazione separata del  parcheggio in spregio al vincolo pertinenziale. Questa Corte (Cass. 24/2/2006  n. 4264 e succ. Cass. 13/1/2010 n. 378, Cass. 5/6/2012 n. 9090), ha escluso il  carattere interpretativo e la retroattività della norma all’art. 12, comma 9,  della l. 246/05, affermando che la nuova disposizione è destinata ad operare  solo per il futuro, e cioè per le costruzioni non ancora realizzate e per quelle  realizzate, ma per le quali non siano iniziate le vendite delle singole unità  immobiliari. Il disconoscimento della sua natura interpretativa, secondo il  condivisibile percorso motivazionale della richiamata sentenza, al quale occorre  dare continuità, discende dalla mancanza dei presupposti che caratterizzano la  norma interpretativa, quali l’incertezza interpretativa circa una norma  preesistente e la scelta di una delle soluzioni alternativamente adottate dalla  giurisprudenza; la retroattività viene esclusa in quanto non espressamente  affermata dalla norma e in contrasto anche con la natura della stessa norma,  incidente sul modo di acquisto e sul contenuto di diritti, dal momento che, come  ricordato dalla richiamata giurisprudenza, costituisce “un principio pacifico  che le leggi che modificano il modo di acquisto dei diritti reali o il contenuto  degli stessi non incidono sulle situazioni maturate prima della loro entrata in  vigore”; una interpretazione che attribuisse efficacia retroattiva alla norma  comporterebbe invece una espropriazione, generalizzata e senza indennizzo, di un  diritto già acquisito dal privato.

3. Con il terzo motivo  (ma numerato 2) il ricorrente deduce violazione dell’art. 100 c.p.c. e degli  artt. 1460, 1464, 1476, 1484 e 2644 c.c. e il vizio di motivazione. Il  ricorrente sostiene, quanto alla legittimazione attiva e all’interesse ad agire,  che non sarebbe provata l’attuale proprietà dei beni da parte degli attori  essendo insufficiente la prova dell’acquisto della proprietà, ma occorrendo la  certificazione della conservatoria RRII per documentare la proprietà  attuale.

3.1 Il motivo è infondato e in parte  inammissibile. La legittimazione attiva sussiste in quanto la domanda è stata  proposta da chi dichiarava essere titolare del diritto di uso e nei confronti di  chi lo contestava o comunque lo ostacolava; al riguardo è consolidato il  principio secondo il quale la legittimazione attiva e passiva va verificata  secondo la prospettazione di chi l’assume ed è distinta dalla titolarità della  situazione sostanziale (cfr., ex plurimis, Cass. 10/1/2008 n. 355; Cass.  6/3/2008 n. 6132); la questione relativa alla attuale proprietà è questione di  merito che non risulta formulata con l’atto di appello; in ogni caso, la  proprietà risulta documentata negli atti di acquisto esaminati dal giudice del  merito e la prova della trascrizione non era necessaria ai fini  dell’accoglimento della domanda, trattandosi di adempimento volto a realizzare  una pubblicità dichiarativa necessaria per risolvere il conflitto tra più aventi  causa dallo stesso soggetto (art. 2644 c.c.), mentre il vincolo a parcheggio,  costituendo un limite legale della proprietà, si trasferisce senza necessità di  trascrizione (Cass. 14/11/2000 n. 14731; Cass. 6/9/2007 n. 18691); l’ulteriore  finalità della trascrizione, di rendere opponibili a terzi determinate  situazioni che comportino vincoli di indisponibilità, nel caso specifico non  viene in rilievo. Parimenti infondata è la censura di non integrità del  contraddittorio: l’unico legittimato passivo in ordine all’azione per il  riconoscimento di un diritto di uso che viene negato dal proprietario dell’area  è, appunto, il proprietario dell’area che, tuttavia, non è legittimato a  richiedere il compenso dovuto per il diritto di uso che è sorto con il primo  atto di vendita degli appartamenti e, quindi, a favore del primo venditore il  quale, vendendo, ha perso anche il diritto di uso dell’area per la quale si era  riservata la proprietà così che il compenso a lui dovuto riequilibra il  sinallagma di quell’originario contratto. Infatti, come questa Corte ha già  avuto occasione di affermare sin dal 2000, la limitazione legale della  proprietà, conseguente al vincolo, può essere fatta valere, nei confronti di  tutti i terzi che ne contestino l’esistenza e l’efficacia e pertanto coloro che  abbiano acquistato le singole unità immobiliari dall’originario costruttore – venditore il quale, eludendo il vincolo, abbia riservato a sé la proprietà di  detti spazi, ben possono agire per il riconoscimento del loro diritto reale  d’uso soltanto nei confronti dei terzi ai quali l’originario costruttore abbia  alienato le medesime aree destinate a parcheggio; in tale giudizio la pronuncia  di nullità delle clausole dei contratti conclusi dall’originario  costruttore-venditore con gli attori, con la conseguente integrazione di quei  negozi col comando della norma imperativa, ben può essere adottata “incidenter  tantum”, in modo che essa non costituisca giudicato nei confronti  dell’originario costruttore – venditore, non convenuto in giudizio e si ponga  solo come momento del procedimento motivazionale imposto dal meccanismo di  sostituzione di diritto richiesto dall’art. 1419 cod. civ.; la presenza in  giudizio del costruttore venditore non s’impone nemmeno in ragione del suo  diritto personale a conseguire dagli attori l’integrazione del prezzo di  acquisto in conseguenza del richiesto riconoscimento del diritto d’uso sugli  spazi vincolati a parcheggio, in quanto tale diritto al conguaglio non deriva  direttamente dalla stessa norma imperativa bensì, ex art. 1374 cod. civ., dai  singoli contratti di acquisto (così, in massima, Cass. 14/11/2000 n. 14731; in  senso conforme: Cass. 23/3/2004 n. 5755).

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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