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Opinioni

Il termine per impugnare decorre dal deposito della sentenza

La Corte Costituzionale del 22.1.2015 n. 3 ha confermato l’interpretazione della Cass. sez. un. del 2.8.2012 n. 13794 secondo la quale il termine per l’impugnazione ex art. 327 comma 1 cpc, (nel caso in cui sulla sentenza oggetto di impugnazione siano state apposte due date una precedente di deposito e l’altra successiva di pubblicazione ex art. 133 cpc), decorre dalla prima data del deposito, anziché dalla seconda data attestante la pubblicazione della sentenza.
A cura di Paolo Giuliano
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La data del deposito della sentenza da parte del giudice o la data di pubblicazione della sentenza da parte del cancelliere potrebbero  sembrare due eventi irrilevanti, in realtà si tratta di due elementi importanti perché occorre comprendere da quale di questi eventi decorrono i termini entro cui poter impugnare la sentenza.

Nella prassi degli uffici giudiziari, il Giudice, dopo aver redatto la sentenza, completa il suo compito, consegnando la sentenza al cancelliere (in questo momento viene apposto un timbro con una data con cui si da atto della data in cui c’è il passaggio di “mano” dal Giudice).

Successivamente, soprattutto negli uffici giudiziari carichi di lavoro, il cancelliere, dopo aver assegnato alla sentenza un numero (cronologico) appone sulla sentenza un secondo timbro (il quale, indipendentemente dalla dicitura, individua la data in cui il cancelliere ha completato la sua attività amministrativa, interna all’ufficio).

Questo procedimento è descritto nell’art. 133 cpc (rubricato con la dicitura Pubblicazione e comunicazione della sentenza), il quale prevede che “La sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata. Il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il dispositivo, ne dà notizia alle parti che si sono costituite”. Questo articolo è stato successivamente integrato prevedendo che "entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza, ne dà notizia alle parti che si sono costituite. La comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'articolo 325 cpc".

Molto spesso tra le due date, la prima (quella della materiale consegna della senteza dal giudice al cancelliere) e la seconda (quella dell’apposizione da apre del cancelliere del numero di sentenza può passare molto tempo) ed è evidente che diventa molto importante sapere se il  termine per impugnare  decorre dalla prima data o dalla seconda, poichè, il rischio è quello di proporre l’appello o il ricorso in cassazione dopo che sono spirati i termini per impugnare.

Ed è ovvio che questo iato tra la data di deposito e la data di “pubblicazione” della sentenza ha dato vita a due interpretazioni, la prima secondo cui, per effetto dell’art. 133 c.p.c., la sentenza è resa pubblica mediante il deposito risultante dall’annotazione apposta dal cancelliere in calce alla sentenza, con conseguente irrilevanza della diversa attestazione del cancelliere “sentenza pubblicata”. La seconda interpretazione afferma che quando sulla sentenza pubblicata appaiano due date, una di deposito in cancelleria da parte del giudice e l’altra, successiva, di “pubblicazione”, è solo a quest’ultima che bisogna fare riferimento ai fini della decorrenza del termine lungo per l’impugnazione.

Questo problema è stato affrontato e risolto dalla Cassazione sez. un. del 2 agosto 2012 n. 13794. La Cassazione, tra le due interpretazioni ha accolto a prima fornendo il seguente principio di diritto: “A norma dell’art. 133 c.p.c. la consegna dell’originale completo del documento – sentenza al cancelliere nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata, avvia il procedimento di pubblicazione della sentenza che si compie, senza soluzione di continuità, con la certificazione del deposito mediante l’apposizione, in calce alla sentenza, della firma e della data del cancelliere che devono essere contemporanee alla data della consegna ufficiale della sentenza, in tal modo resa pubblica per effetto di legge. È pertanto da escludere che il cancelliere, nell’espletamento di tale attività preposto alla tutela della fede pubblica (art. 2699 c.c.), possa attestare che la sentenza, già pubblicata per effetto dell’art. 133 cod. civ. alla data del suo deposito, è pubblicata in data successiva”.

La Cassazione sez. un del 2 agosto 2012 n. 13794 è stata confermata anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza del 22 gennaio 2015 n. 3.

La Corte Costituzionale descrive il procedimento di deposito e pubblicazione della sentenza ex art. 133 cpcp affermando che tale procedimento  si articola nel deposito della sentenza da parte del giudice (primo comma) e nella presa d’atto del cancelliere (secondo comma), l’atto fondamentale è il primo; e ciò appare corretto alla stregua, oltre che del dato letterale (“la sentenza è resa pubblica mediante deposito”), di quello sostanziale, essendo tale soluzione interpretativa l’unica coerente con il diverso ruolo del cancelliere e del giudice: come a quest’ultimo compete la chiusura del rapporto processuale con il deposito della sentenza, rendendola con ciò immodificabile, così non può non competergli un ruolo determinante nella fase di pubblicazione, ai fini dei possibili sviluppi impugnatori.

Poi passa a contestare la separazione temporale dei due passaggi procedimentali, infatti,  tale iato non rappresenta una mera “irregolarità”, ma di una patologia procedimentale grave per la sua rilevante incidenza sulle situazioni giuridiche degli interessati. Essa infatti è il riflesso del tardivo adempimento delle operazioni previste dall’art. 133 cod. proc. civ., nonché, in particolare, dell’inserimento nell’“elenco cronologico delle sentenze”, con l’attribuzione del relativo numero identificativo (art. 13 del d.m. 27 marzo 2000, n. 264 [Regolamento recante norme per la tenuta dei registri presso gli uffici giudiziari]; lettera A, n. 16, delle “Istruzioni per la tenuta dei registri in forma cartacea”, contenute nel d.m. 1° dicembre 2001 [Registri che devono essere tenuti presso gli uffici giudiziari]; legge 2 dicembre 1991, n. 399 [Delegificazione delle norme concernenti i registri che devono essere tenuti presso gli uffici giudiziari e l’amministrazione penitenziaria]).

Il ritardato della cancelleria nell'esecuzione degli adempimenti, attestato dalla diversa data di pubblicazione, non incide sull'interpretazione che la pubblicazione della sentenza coincide con la data del deposito del provvedimento in cancelleria da parte del giudice, e se questo ritardo ha causato danno ad una delle parti processuali, questa è tutelata mediante il ricorso all’istituto della rimessione in termini per causa non imputabile (art. 153 cod. proc. civ.), in quanto al remissione nei termini va inteso come doveroso riconoscimento d’ufficio di uno stato di fatto contra legem che, in quanto imputabile alla sola amministrazione giudiziaria, non può in alcun modo incidere sul fondamentale diritto all’impugnazione, riducendone, talvolta anche in misura significativa, i relativi termini (specie nella prospettiva della sopravvenuta disciplina dell’istituto e in particolare della riduzione a sei mesi del termine in questione).

Corte Costituzionale del 22 gennaio 2015 n. 3 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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