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Il silenzio di Atene: gli swap bond non salvano il popolo greco

Dopo l’incessante martellamento delle testate di mezzo mondo che inneggiavano al “salvataggio greco” per mezzo dell’operazione swap bond, è il caso di soffermarsi sull’umore di un popolo che non si sente affatto in salvo e che – anzi – si prepara a reagire ai dictat europei attraverso la piazza. Mentre ristagna la fiducia nei partiti, i greci riconquistano il desiderio di fare politica.
A cura di Anna Coluccino
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crisi grecia atene

La Grecia è salva, questo il titolo che campeggia sulle principali testate europee, ma qui ad Atene nessuno si sente al sicuro. La notizia della buona riuscita dell’operazione bond swap non ha minimamente influenzato l’opinione pubblica che – ormai – pare sempre più sfiduciata sia riguardo le solenni dichiarazioni del proprio governo che in merito alle intenzioni della Troika (composta dall’Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale). Camminando per le strade di Atene non si incontra nessuno intento a leggere i giornali, nessuno affolla le edicole in attesa dell’ultima notizia, i televisori all’interno delle case restano spenti. “Gli ateniesi non si fidano più del racconto offerto dai media, dove la voce di chi contrasta lo status quo non viene in alcun modo rappresentata”, questo racconta Babis Baltas, esponente di Antarsya ( termine che sta per ammutinamento, rivolta), ovvero del fronte della sinistra greca anticapitalista che – dal 2009 – riunisce al suo interno ben dieci organizzazioni della sinistra cosiddetta “radicale”. La capitale greca, una tempo allegra e festante, sembra ora avvolta dal silenzio, dallo sconforto, come se i suoi abitanti vivessero in un costante stato di shock, come se una diffusa sensazione di impotenza avesse preso il sopravvento. La situazione, in piazza, al momento resta statica. Esiste qualche presidio organizzato che cerca di tenere alta la protesta in attesa delle grandi manifestazioni, previste per il prossimo 17 e 25 marzo. Quella del 25 marzo, in particolare, potrebbe rivelarsi una giornata decisiva per la piazza. In questa data, infatti, la Greca festeggia l’anniversario della guerra d’indipendenza  del 1821 contro l’Impero Ottomano. Si tratta di una celebrazione molto sentita dalla popolazione e lo stato d’allerta è palpabile. La polizia affolla le strade, e anche se negli ultimi giorni non si è registrato alcuno scontro, la sola presenza costante dei poliziotti  rappresenta – di per sé – un fatto inedito per Atene.

Molte le voci riguardanti una possibile, enorme mobilitazione in concomitanza con la festa nazionale del 25 marzo. Solo che, oggi, i nemici del popolo greco non saranno i turchi, bensì i componenti della Troika. I movimenti sembrano più forti che mai, persino più forti dei partiti, tormentati dalle divisioni interne e dalla diffusa sfiducia che il popolo greco nutre dei confronti della forma partito. “Sembra essere di moda qui in Grecia dire insistentemente ‘non appartengo a nessun partito, non mi identifico con nessuno, non credo nella partitocrazia’, come se il semplice fatto di militare all’interno di un’organizzazione politica rappresentasse – di per sé – qualcosa di cui vergognarsi”. Questo afferma Babis Baltas, mentre altri componenti della sua stessa coalizione annuiscono mestamente. Ciononostante, i sondaggi riguardanti la possibile percentuale che l’intera area della sinistra radicale potrebbe conquistare alle prossime elezioni sono più che incoraggianti, si parla infatti di un consenso che potrebbe agilmente superare il 37%, ma questo non significa affatto che i cittadini abbiano recuperato fiducia nelle istituzioni politiche. Del resto, in un paese in cui il tasso dei suicidi continua a salire vertiginosamente e il 35-40% dell’economia proveniente dalle piccole e medie imprese è crollata, è più che naturale guardare alla politica chiedendosi “ma che cosa hanno fatto?”, “nell’interesse di chi hanno operato?”. A George Papandreu (attualmente segretario del PASOK, ma prossimo all’abdicazione) e alla sua “dinastia” si guarda ormai con disprezzo, e la stessa sorte tocca anche al partito di centro-destra, la Nuova Democrazia, entrambi in costante discesa nei sondaggi riguardanti le elezioni che – forse – si terranno il prossimo 29 aprile.

Eppure, unitamente alla sfiducia nei partiti, cresce la fiducia nel "potere del popolo". Moltissime le persone che cominciano ad occuparsi di politica. La partecipazione ai movimenti cresce di giorno in giorno, il livello di coscienza aumenta e anche la solidarietà sociale fa sentire il suo peso. Ne sono un esempio Elias, ex militare ora in congedo illimitato, e il suo amico George (entrambi disoccupati): "prima non ci eravamo mai interessati di politica, non avevamo mai preso parte a manifestazioni o cose del genere, ma adesso abbiamo deciso di cominciare a partecipare, di fare la nostra parte, di provare a capire com'è possibile cambiare le cose". Dopo un mese di febbraio particolarmente caldo in cui Atene ha visto andare a fuoco diversi edifici – tra cui moltissime banche – ci si prepara ad affrontare un marzo dalla partenza lenta, meditata ma che probabilmente vedrà una partecipazione ancora maggiore da parte dell'intera cittadinanza. Forse il silenzio che si ascolta per le strade non è che la quiete che – proverbialmente – precede la tempesta.

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