I principi generali per la formazione delle quote in sede di divisione
In sede di divisione la formazione delle singole parti (o quote) presenta sempre numerosi problemi. I principi che si seguono per formare le singole quote possono essere riassunti in questo modo:
- il valore dei beni assegnati in divisione (ad ogni singolo contitolare) deve corrispondere al valore della quota di ogni singolo titolare
- ogni porzione deve comprendere una parte di ogni bene presente nella comunione (principio di omogeneità), al fine di evitare che un dato bene sia assegnato ad un soggetto specifico, privando gli altri contitolari della loro quota parte sul bene.
Il principio astratto e generale è quello desumibile dall'art. 718 cc il quale attribuisce a ciascun contitolare il diritto di conseguire in natura la parte dei beni a lui spettanti.
Il principio generale (previsto dal legislatore) che ipotizza una divisione (frazionamento) per ogni singolo bene compreso nella comunione si può scontrare con la realtà concreta nella quale non tutti i beni sono frazionabili (o divisibili) ecco che occorre prevedere delle eccezioni (testuali) o riconoscere un margine di discrezionalità al soggetto che procede alla formazione delle quote e delle porzioni.
La formazione delle quote e le eccezioni o deroghe all'art. 718 cc
Queste eccezioni (o margini di discrezionalità) ai principi generali in materia di formazione delle quote sono numerosi, con la conseguenza che si sostituisce il diritto ad avere una porzione del bene in comune con il diritto ad un conguaglio in denaro (ex art. 727 – 728 c.c.), questa deroga al principio generale della formazione delle quote si applica quando l'assegnazione di un bene non è possibile per l'alto costo delle opere necessarie per la separazione fisica delle singole parti o quando non è certa l'ammissibilità delle opere di frazionamento sotto il profilo urbanistico ed amministrativo oppure perché la divisione diminuirebbe sensibilmente il valore e la commerciabilità del bene (Cass. del 4.7.2014 n.15395).
La formazione delle quote e la comoda divisibilità del bene ex art. 720 cc
Lo stesso legislatore prevede delle deroghe, come l'art. 720 cc, secondo il quale se nella comunione vi sono immobili non comodamente divisibili o il cui frazionamento recherebbe pregiudizio alle ragioni della pubblica economia o dell'igiene, tali beni devono preferibilmente essere compresi per intero nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o anche nelle porzioni di più coeredi, se questi ne richiedono congiuntamente l'attribuzione. Se nessuno dei coeredi è a ciò disposto, si fa luogo alla vendita all'incanto.
Risulta evidente che l'accertamento del requisito della comoda divisibilità del bene, (e, di converso, l'incomoda divisibilità del bene) ai sensi dell'alt 720 c.c., è riservato all'apprezzamento di fatto del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua, coerente e completa. Questa discrezionalità, però, non è assoluta, ma deve essere legata a dei parametri.
Il bene è comodamente divisibile quando:
- sotto l'aspetto strutturale, il frazionamento del bene sia attuabile mediante determinazione di quote concrete suscettibili di autonomo e libero godimento
- che, tramite il frazionamento, possano formarsi delle parti separate del bene senza dover fronteggiare problemi tecnici eccessivamente costosi
- che la divisione non incida sull'originaria destinazione del bene
- e che il frazionamento non comporti un sensibile deprezzamento del valore delle singole quote rapportate proporzionalmente al valore dell'intero, tenuto conto della normale destinazione ed utilizzazione del bene stesso
- sotto l'aspetto strutturale è impossibile realizzare fisicamente il frazionamento del bene,
- oppure quando è impossibile realizzare porzioni suscettibili di formare oggetto di autonomo e libero godimento,
- oppure quando l'autonomo e libero godimento del bene derivante dal frazionamento è compromesso da servitù, pesi o limitazioni eccessivi,
- oppure quando sono richieste opere complesse e/o di notevole costo.
Cass., civ. sez. II, del 24 marzo 2016, n. 5870 in pdf