Come sempre accade in questi casi, il modo migliore per "orientarsi" resta quello di affidarsi ai numeri ed alle date. In molti in effetti si sono chiesti che senso avesse attendere un'altra settimana per l'ennesimo giro di consultazioni che certificasse il "fallimento delle trattative" per un esecutivo di maggioranza in entrambe le Aule del Parlamento. Anche perché, lungi dal limitarsi ad incontri di carattere strettamente politico (del resto Napolitano gli aveva chiesto di verificare l'esistenza di una maggioranza certa anche al Senato), Pier Luigi Bersani ha inteso procedere alla consultazione di esponenti della società civile, dei sindacati e via discorrendo. Legittimamente, sia chiaro, anche se ad esempio permangono enormi dubbi sul peso politico (e parlamentare, ad essere cinici) di figure rispettabilissime come Don Ciotti e Roberto Saviano. Il punto è capire se la situazione di grande confusione richieda davvero misure urgentissime e non rinviabili, oppure se si possa ragionare intorno a progetti di più ampio respiro e "toccare con mano le sensazioni e gli umori degli attori sia politici che sociali del Paese".
In effetti, per ora, resta il dubbio che la componente bersaniana stia davvero adottando la "tattica della perdita di tempo" (per citare Lina Palmerini sul Sole 24 Ore). Con un obiettivo più o meno chiaro: arrivare con le "mani pulite" (facendo ricadere sul Movimento 5 Stelle la responsabilità del fallimento di un progetto di Governo radicalmente alternativo) a ridosso dell'elezione del nuovo Capo dello Stato, in vista di nuove elezioni anticipate e sotto la tutela dell'esecutivo dimissionario guidato ancora da Monti. Detto in altre parole, il tentativo di Bersani sembra più voler anticipare la nuova campagna elettorale, aprendo una crepa sul compatto fronte grillino, che garantire un esecutivo efficace al Paese.
Il perché potrebbe essere rintracciabile nella frattura interna al Pd, ormai difficilmente celabile dietro la compattezza di un voto in direzione o di interviste concilianti. L'ala renziana, sempre debole in quanto a rappresentanza negli organismi interni ma sempre più forte tra militanti ed elettori, chiaramente considera "inutile" il tentativo del segretario di rincorrere i 5 Stelle ed ovviamente preferirebbe un esecutivo di responsabilità, non a guida Bersani, che riesca a portare a casa un pacchetto di riforme e riporti il Paese alle urne. Ma in un tempo "ragionevolmente più lungo" di quello che si determinerebbe nel caso in cui lo stallo dovesse proseguire fino all'elezione del nuovo Capo dello Stato. Renzi in effetti sa benissimo che, nel caso si andasse subito al voto, la partita per la leadership sarebbe sostanzialmente aperta (e per di più in un clima infuocato che precluderebbe quella "pacificazione" e quella convergenza ideologico – politica che è alla base del suo progetto). E sa ancora di più di non poter fare a meno di una ampia legittimazione dei militanti ed elettori Pd per presentarsi come l'uomo in grado di cambiare radicalmente il Paese. Un percorso che richiede tempo e pazienza.
Insomma, al tirare delle somme (e lo riconosciamo, con buona dose di retroscenismo), la road map immaginata ai piani alti del Nazareno potrebbe essere più o meno questa. Presentare un progetto di Governo di minoranza con personalità di primissimo piano: nel caso in cui Napolitano desse il via libera si tratterebbe di mettere il M5S (ma anche il Pdl) di fronte alle proprie responsabilità, potendo poi utilizzare tale "arma" nella successiva campagna elettorale (l'esempio Grecia, pur improprio, rende l'idea del messaggio che potrebbe / dovrebbe passare). Se invece Napolitano accettasse di mandare Bersani alla conta, la prevedibile sfiducia accelererebbe il processo verso le elezioni anticipate e potrebbe garantire anche ai democratici la possibilità di allearsi definitivamente con i centristi, sotto le insegne della "responsabilità verso il Paese" (anche per la Presidenza della Repubblica). In entrambi i casi, il voto anticipato è ben più di una suggestione (anche se i tempi tecnici sono un ostacolo di non poco conto).