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Opinioni

Il piano B sui migranti: ecco come e perché potremmo “fare da soli”

In cosa consiste il piano B sui migranti ipotizzato dal Presidente del Consiglio? E quali sono gli ostacoli al raggiungimento di una intesa in sede europea? E soprattutto: potremmo davvero “fare da soli?”
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“Ridistribuire solo 24mila persone è quasi una provocazione […] Se il consiglio europeo sceglierà la solidarietà, bene. L'Europa deve farsi carico di risolvere tutti insieme il problema dei migranti, e questo è il piano A, la soluzione preferita, migliore. Se così non sarà siamo capaci di affrontare da soli il problema e questo è il piano B”. La linea scelta del Presidente del Consiglio Matteo Renzi sulla questione migranti ha fatto molto discutere, soprattutto in relazione a quanto accaduto a Ventimiglia, con la polizia francese ad impedire che un centinaio di immigrati attraversasse il confine e provasse a raggiungere familiari e amici nel Nord Europa. La questione è del resto molto complessa e in continua evoluzione, come dimostrano proprio le notizie di queste ore.

Il ministro dell’Interno Alfano ha infatti annunciato di aver “ottenuto” che le quote di rifugiati da redistribuire nei diversi Paesi europei siano “vincolanti”, ma ha dovuto ammettere che l’accordo sulla consistenza numerica dei trasferimenti è ancora lontano. In poche parole: una volta che verrà stabilito quanti rifugiati politici inviare nei singoli Paesi, la decisione sarà vincolante e non “soggetta ad ulteriori scelte dei singoli Stati”. Restano però enormi incognite, soprattutto quelle legate alla “identificazione” dei migranti e alla loro “suddivisione” in richiedenti asilo o migranti “economici” (definizione terribile, obiettivamente).

La condizione posta (e in qualche misura già contenuta nel piano Juncker) sarebbe la creazione di veri e propri campi profughi, in particolare in Italia e Grecia: strutture gestite direttamente dall’Unione Europea in cui esaminare le richieste di asilo politico o di altra protezione internazionale ed identificare ed espellere chi invece non ne ha diritto. A questo proposito è la stessa Commissione Europea a suggerire la strategia da adottare nei confronti dei “migranti economici” che non hanno diritto a protezioni di alcun tipo, come riporta Zatterin su La Stampa:

Usare anche il carcere – solo se serve e non a cuor leggero – per esser certi che gli stranieri espulsi lascino effettivamente il paese e non spariscano nel nulla. La Commissione Ue scrive agli stati e ricorda che, «per assicurarsi che i migranti irregolari siano effettivamente rimpatriati, si dovrebbe ricorre all’incarcerazione, come una legittima misura di ultima istanza, laddove sia necessario impedire che gli illegali prendano il largo». La reclusione è ammissibile fino a un massimo di sei mesi, che possono diventare diciotto in caso di mancata collaborazione.

L’ipotesi più realistica in vista del Consiglio Europeo del 25 e 26 giugno, dunque, resta quella di un duello a colpi di percentuali sulle quote, di “resistenze” piuttosto consistenti da parte di alcuni Paesi membri, della mediazione interessata di Francia e Gran Bretagna e della "riflessione" sulle risorse da investire. Il "piano" rischia insomma di essere molto diverso da come immaginano Renzi e Alfano: campi profughi (i famosi hotspot), minima redistribuzione dei rifugiati politici, espulsioni dei migranti economici (con l’incognita dei rimpatri), nessuna modifica immediata al trattato di Dublino.

È anche per questo motivo che il Governo sta provando a cautelarsi e ad immaginare una alternativa concreta. Il piano B, appunto. Fare da soli, o meglio, mettere gli altri Paesi Europei di fronte al fatto compiuto, consapevoli delle conseguenze. Una delle ipotesi è riportata dalla Sarzanini sul Corsera: il rilascio di permessi temporanei da parte delle prefetture, “l’estrema ratio” per dirla con le parole di Mario Morcone, una decisione che garantirebbe ai migranti la possibilità di attraversare le frontiere e raggiungere i propri familiari nel Nord Europa. Una proposta (simile a quella fatta nel 2011 dal Governo Berlusconi) che avrebbe conseguenze gravissime sul piano dei rapporti fra gli Stati membri, facendo probabilmente saltare il tavolo delle trattative. Ipotesi molto remota, al momento ma da non scartare completamente. Soprattutto se la Ue dovesse insistere sulla questione campi profughi e non facesse i "necessari sforzi" nella redistribuzione dei migranti e nel finanziamento delle operazioni nel Mediterraneo.

Ed è nel canale di Sicilia che qualcosa si muove, questa volta sul piano del “soccorso” e prima accoglienza. Se non vi sono dubbi sul fatto che “la giurisdizione statale italiana risulta piena con riguardo alle acque interne e al mare territoriale”, le cose cambiano per i soccorsi operati in acque internazionali dai natanti “stranieri”. Come spiega una nota breve del Centro Studi del Senato, infatti, “il diritto internazionale consuetudinario, in linea generale, sancisce il principio, corollario della libertà di navigazione, per il quale in alto mare le navi pubbliche e private sono soggette alla giurisdizione esclusiva dello Stato di bandiera”. In sostanza, eventuali migranti tratti in salvo da navi inglesi, francesi o tedesche, potrebbero non essere autorizzati a “sbarcare” nel territorio italiano.

Ma la questione giurisprudenziale è interessante perché ci consente di capire cosa accadrebbe nel caso in cui decidessimo di “fare da soli” e rinunciare anche al supporto europeo per quel che concerne le operazioni di pattugliamento, search and rescue e contrasto agli scafisti. Ammessa la piena giurisdizione nelle acque territoriali (e la possibilità dunque di interventi a bordo delle navi “sospette”), va ricordato che, ad esempio, nei confronti di imbarcazioni aventi diversa nazionalità, sospettate di trasportare immigrati clandestini, "l'esercizio di attività preventive di ispezione, controllo o repressive, nonché di poteri coercitivi sulla nave (sequestro) o sull'equipaggio coinvolto nel traffico di migranti (arresto) da parte delle autorità italiane (di polizia e giurisdizionali) in linea generale è subordinato al preliminare accordo del comandante della imbarcazione o dello Stato di bandiera della nave”.

Ma, attenzione, perché nel caso in cui “le competenti autorità dello Stato costiero che abbiano fondati motivi per ritenere che una nave straniera abbia violato le leggi e i regolamenti dello Stato stesso”, il diritto di inseguimento a caldo consentirebbe di “esercitare i conseguenti poteri coercitivi”. Nello specifico, “il collegamento in questione è rappresentato proprio dalle imbarcazioni minori, che fungono da spola con la nave madre ferma in alto mare”: dunque, proprio in “tali casi è indubbio il radicamento della giurisdizione nazionale, con il conseguente legittimo esercizio dei poteri coercitivi di sequestro della nave madre e del naviglio minore e di arresto dei relativi equipaggi”.

Insomma, “volendo fare da soli”, avremmo tutti gli strumenti per operare anche la fase di controllo / aggressione degli scafisti. Ci sobbarcheremmo da soli i costi di assistenza, gestione e regolamentazione dei flussi, è vero. Ma, se davvero le condizioni fossero quelle ipotizzate in queste ore, garantiremmo a migliaia di disperati un trattamento più umano, più equo, senza l'umiliazione dei campi profughi (un abisso dal quale sarà difficile uscire, soprattutto se il flusso di migranti non si arresterà) e la possibilità di ricongiungersi alle proprie comunità nel Nord Europa (certo, con una "forzatura" dal punto di vista del diritto internazionale). Si tratterebbe, per dirla in maniera brutale, di una prova di forza dell'Italia, non di un segnale di debolezza.

Tutto ciò nella consapevolezza che non esiste una risposta "semplice ed immediata" ad un problema così complesso e che ogni "soluzione" è sempre parziale, temporanea, illusoria. E nell'amarezza per l'ennesima occasione sprecata dall'Europa nel porsi come casa comune.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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