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Opinioni

Il Pd è morto: il partito non discute con la base e ignora la modernità

Un partito che ha prima abbandonato le piazze (reali) e ha poi snobbato quelle virtuali non può avere il polso del proprio elettorato.
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bersani

E' successo tutto troppo in fretta. Prima la nomina di Marini, poi la virata su Prodi. Infine l'ammutinamento di 105 membri dell'equipaggio conclusasi con la “destituzione” del Segretario e del Presidente.

Tutto in tre mosse ovvero in tre giorni. Come succede agli equilibri instabili. Il Pd è imploso perché con questa legge elettorale ha frammentato il partito in due: quelli che nominati salgono a Montercitorio non passando dal via e quelli che – in maniera virtuale o frontale – cercano di mantenere un rapporto con la base elettorale.

Succede così che – poco dopo la nomina di Marini – chi vive e mastica i social network (e su quest'ultimi ha costruito il proprio successo) capisce che votare quest'ultimo lo metterebbe in una condizione ingiustificabile nei confronti dei propri elettori. Allo stesso modo i politici pre-social (ma che scelgono una piazza non-virtuale per confrontarsi) hanno colto lo stesso malessere. In altri termini il Partito Democratico si è diviso in due: da una parte i membri che hanno continuato a frequentare piazze (virtuali o reali) dall'altra quelli che sono “rimasti chiusi nelle stanze” convinti che questa tempesta sarebbe passata come altre.

Ciò che lascia stupiti non è il risultato ma il percorso. Un partito incapace di cogliere come questa non fosse l'ennesima tempesta ma l'uragano della modernità che cambiava i paradigmi. Un uragano che ha spazzato via quel modus operandi a cui il consumismo laico c'aveva abituati. L'idea di distacco della popolazione è crollata sotto la pressione (virtuale e non) di un'opinione pubblica che si dimena con sempre maggior difficoltà tra le scelte calate dall'alto.

Un'opinione pubblica che – se reazionaria – vive con il mito dell'uomo forte capace di guidare il popolo oltre il Gange (o oltre il Mar Rosso: a ciascuno il proprio mito fondante). Se progressista pretende un'idea di collettività e scelte condivise che il Partito Democratico non è riuscito a dare. Un partito diviso tra l'anima democristiana (e in tal senso reazionaria) e quella più progressista non poteva reggersi sull'instabile equilibrio garantito da un ex-ds alla segreteria ed un ex-dc alla presidenza. La sintesi non è spartizione di poltrone ma percorso dialettico.

Il PD è morto ricercando una sintesi forse mai voluta dal proprio apparato. Non è morto sotto i colpi dei partiti personali (chi vota un partito personale è sempre un elettore reazionario) ma nella mancanza di una visione progressista e in tal senso collettiva. Se da una parte ha saputo emanciparsi da un modello personalistico dall'altra ha perso la battaglia culturale del dialogo con gli elettori – come si può non cogliere questa necessità al tempo del Web 2.0? -. La dichiarazione che più di ogni altra testimonia questa ignoranza comunicativa è quella di Chiara Geloni: “La base non ci ha capiti”. Se ad affermarlo è il capo di YoudemTv ovvero la web-tv del Partito Democratico è evidente lo scollamento tra la modernità e questo partito (nonché la mancanza di un'assunzione di responsabilità)…

Ciò che resta è la possibilità, per la prima volta dalla caduta del muro, di definire cosa siano la Destra e la Sinistra oggi. Da una parte essere di destra vuol dire vivere nella necessità di un uomo forte che detta la linea e indica la strada da seguire. Essere di sinistra – oggi – vuol dire aver abbracciato appieno il paradigma culturale del Web 2.0 che pretende interazione e un nuovo senso di collettività. Il nuovo mondo bipolare si dividerà tra quelli che accetteranno adoranti la parola del capo e quelli che ne vorranno costruire una condivisa.

Ciò ci permette di dire anche che chi critica in maniera dogmatica i social netwok è in realtà un uomo (o una donna) intimamente di destra che rifiuta il dialogo a scapito del “verbo personale”. Chi si giustifica dicendo che in rete ci sono utenti falsi, che tutto è insulto semplicemente non conosce il mezzo e forse è ora di accantonare dei rappresentati che ignorano l'epoca in cui vivono.

Viviamo in un'epoca in cui essere di destra vorrà dire accettare che ci siano giornali o politici che non rispondono ai commenti mentre essere di sinistra corrisponderà a scegliere quelli che dialogano con i propri elettori. Obama è stata la sintesi a sinistra dell'anima reazionaria americana e di quella progressista. Un politico capace di discorsi da sogno – che toccano l'animo dell'uomo reazionario che vuole una strada da seguire – e al tempo stesso capace di interagire via i social netowrk – con i quali ha conquistato l'America progressista -. Quale politico, in Italia, potrà fare lo stesso?

Se si ripensa agli attacchi di molti membri del Partito Democratico ai social network (o all'incapacità di utilizzarli se non in una logica top-down) non risulterà difficile capire perché il PD ha perso la sfida con il progressismo. Non resta difficile capire la distanza che si è creata tra la base di sinistra del partito e i suoi rappresentati. Così mentre gli elettori discutevano sui social network dell'Italia del futuro; i rappresentanti del PD preferivano i salotti televisivi in cui ad ascoltarli c'era l'Italia reazionaria che non ha mai capito e accettato un partito non costruito intorno ad un uomo solo.

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Ex direttore d'AgoraVox, già professore di Brand Strategy e Comunicazione Pubblicitaria Internazionale presso  GES -  Grandes Écoles Spécialisées di Parigi. Ex Direttore di Fanpage.it, oggi Direttore di Deepinto.
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