Il paradosso di Banksy: a Milano la mostra non ufficiale dell’artista meno ufficiale che esiste
La dicitura "non ufficiale e non autorizzata" è in bella vista ovunque. "A visual protest. The art of Banksy", la mostra che da oggi animerà con 80 opere le sale del Mudec di Milano, è una retrospettiva "Unofficial and unauthorized by Banksy". Naturalmente non poteva che essere così, considerata la scelta dell'anonimato in cui il writer vive da sempre. Nonostante ciò un museo ha deciso di dedicare al famoso artista una mostra, dove sono contenute tutte opere originali appartenenti a collezionisti privati. Verrebbe da dire: chi di spada ferisce, di spada perisce.
Un'"offesa" allo spirito underground che però conviene a tutti. Agli organizzatori della mostra, ai musei che la ospitano, agli spettatori che possono finalmente conoscere meglio l'arte del paladino della street arti, a Banksy che non smette mai di far parlare di sé. Non a caso la dicitura "unofficial" della mostra viene riportata ovunque.
Fino al a14 febbraio il Mudec di Milano sarà la casa di Banksy, che qualche mese fa pubblicò sul suo account Instagram lo screenshot di una conversazione avuta con una persona che gli ha chiesto cosa ne pensasse della stessa mostra con le sue opere che a giugno era in corso a Mosca, in Russia. Nella conversazione l’utente gli aveva inviato una foto della mostra dicendogli che i biglietti costavano fino a 20 euro. Banksy rispose di non saperne niente e di non averci niente a che fare. All’utente che lo invitava a far presente la cosa con un comunicato ufficiale, Banksy scrisse in maniera ironica di “non essere la persona più indicata per protestare contro la gente che mette in giro cose senza chiedere il permesso”. Effettivamente è proprio così. È il paradosso di Banksy e di tutta la street art. Nel momento in cui il sistema cerca di imbrigliarti con la stessa logica "non autorizzata" usata dal visual artist per tutta la sua carriera, chi ha il diritto di vietarglielo? Nessuno. Nemmeno Banksy.