Il mistero della sepoltura di Gheddafi e le mille incognite della nuova Libia
È finita davvero. Dopo la cattura e la morte arriva la sepoltura che segna l’epilogo della triste pagina di storia scritta da Muammar Gheddafi. Il corpo del colonnello che per 42 anni ha avuto in mano la Libia è stato portato via nella notte dalla cella frigorifero di Misurata in cui era stato esposto ed è stato sepolto all’alba in mezzo al deserto della sua terra, in un posto che, secondo la decisione presa dal Cnt, non sarà reso pubblico.
Decisione presa per ragioni di sicurezza al fine di evitare che la tomba del Rais possa diventare un santuario dei leadisti o venga fatta oggetto di atti di vandalismo. Gheddafi ha ricevuto una “cerimonia semplice” con un rito religioso nonostante ieri il nuovo mufti libico aveva detto no al rito islamico per quello che era stato definito “un miscredente”. Alla fine però hanno fatto sapere che Gheddafi è stato sepolto “con il dovuto riguardo” insieme al figlio Mutassim e l’ex ministro della difesa Abu Baker Yunis.
La Libia post-Gheddafi
In Libia è tempo di capire cosa succederà ora che gli equilibri potranno ristabilirsi. È ancora presto affermare se con la morte del colonnello finirà ogni forma di resistenza dei leadisti ma l’evento rappresenta comunque uno sviluppo importante della guerra civile libica e una vittoria per gli insorti che hanno, oggi, la possibilità di ricostruire il Paese.
Il rischio di una fase di caos prolungato dovuto in primis all’euforia della morte del dittatore è sicuramente alto e deve essere scongiurato da chi prenderà le redini del Paese. Dopo la lunga dittatura del Raìs è chiaro che la Libia non possiede delle vere istituzioni o dei partiti politici e sarà compito dei leader del Cnt trasformare il Paese in uno Stato democratico e rispettoso della Dichiarazione universale dei diritti umani. Un processo che, ne è consapevole lo stesso Cnt, non sarà semplice e avrà bisogno di tempo.
Intanto il presidente del Cnt, Mustapha Abdel Jalil, ha annunciato davanti a decine di migliaia di libici in festa che la principale fonte del diritto della nuova Libia sarà la sharia. La Libia è un Paese musulmano e la legge coranica deve porsi alla base della nuova legislazione per cui tutte le leggi che contraddicono i principi dell’Islam dovranno essere annullate: questo il pensiero del Cnt che ha suscitato subito qualche nervosismo in Occidente.
Uno dei problemi sotto gli occhi di tutti è relativo alla necessità del disarmo dei libici, problema evidentemente sentito dallo stesso Jalil che, parlando della sharia, ha lanciato un appello in nome di Allah: “Per festeggiare la liberazione non sparate in aria, ma pregate e recitate con me che Allah è il più grande e misericordioso”.
La Libia inoltre vive il problema delle “tribù”: la società è da sempre a forte caratterizzazione tribale tanto che i cittadini spesso si sono sentiti più appartenenti ad una determinato clan piuttosto che libici. Lo stesso Gheddafi ha dovuto negli anni appoggiare e mediare fra le tante anime del Paese, favorendone alcune rispetto ad altre. Ancora oggi alcune di queste tribù, come i Warfalla e i Magariha, sono molto potenti e potranno rivendicare un ruolo guida.
Alla luce di questo è quanto mai necessario creare una forza di sicurezza nazionale, organizzata in maniera rigida e che risponda alle autorità legittimamente designate. “La nuova fase” auspicata dal vice presidente del Consiglio nazionale di transizione libico, Abdel Hafiz Ghoga, può avere inizio.