Jobs Act, il governo cambia: reintegro per i licenziamenti disciplinari. Ncd sul piede di guerra
AGGIORNAMENTO: La Camera dei Deputati ha dato il via libera al voto finale sul Jobs Act il 26 novembre. La proposta è passata con 95 voti di differenza, hanno votato contro l'anticipazione dell'esame della delega sul lavoro FI, M5S e Sel. Intanto è scontro nella maggioranza dopo la "novità" del reintegro per i licenziamenti disciplinari. Il Nuovo Centrodestra, infatti, sostiene che sarebbero stati violati gli accordi, mentre Forza Italia prende la palla al balzo e polemizza: "Jobs Act, botte da orbi in maggioranza. Ncd prima abbocca, poi si accorge della presa in giro e reagisce. Un bel vaffa, no? Forza Maurizio Sacconi", dice provocatoriamente Renato Brunetta. Sacconi non si fa attendere: "Se vedessimo un testo diverso da quello che conosciamo – dice – ce ne andremmo dalla Commissione e si aprirebbe un bel contenzioso nella maggioranza". Immediata la replica del sottosegretario all'economia Teresa Bellanova: "Non c’è nessuna forzatura, siamo persone serie, non faccio il gioco delle tre carte, dobbiamo stare calmi e sereni. Per i licenziamenti disciplinari ingiustificati sarà previsto il reintegro ma le fattispecie le scriveremo nei decreti delegati".
Il governo presenterà un emendamento al Jobs Act che "riprenderà tutti gli emendamenti sul tema per finalizzare il reintegro per i licenziamenti disciplinari". Ad annunciarlo è il sottosegretario al Welfare, Teresa Bellanova, uscendo dalla seduta della commissione Lavoro della Camera sulla tanto discussa riforma del lavoro. La proposta di modifica, ha anticipato il sottosegretario, definirà il perimetro dei casi per i quali sarà previsto il reintegro e non solo l'indennizzo. L'emendamento dovrebbe recepire l'accordo tra governo e minoranza Pd e potrebbe scontentare non poco Confindustria. Il presidente Giorgio Squinzi, a margine del premio Pininfarina, sul Jobs act questa mattina ha detto: "Si può giocare sulle sfumature però alla fine ci auguriamo che l'impianto di base sarà quello che ci è stato promesso". Il leader degli industriali si augura che il premier Renzi "mantenga la parola". Poi avverte: "Le tensioni sociali di questi giorni devono essere per tutti un segnale di allarme perché la situazione è seria",servono "misure robuste" per il lavoro.
In questo quadro stamattina è intervenuto, intervistato dal Sole 24 Ore, il viceministro dell'Economia Enrico Morando: "Se il 1 gennaio 2015 saranno contemporaneamente in vigoreil Jobs Act e la legge di stabilità, e quindi il contratto a tutele crescenti, gli sgravi per i neoassunti e i tagli Irap, non dico che vedremo posti di lavoro aggiuntivi ma ci sarà da aspettarsi che una quantità molto grande di contratti temporanei possa essere trasformata in tempo indeterminato. Ed è un risultato difficilmente classificabile come di destra o di centro".
Nel frattempo importanti novità sono in arrivo anche sul fronte sindacale. Dopo l'approdo di Annamaria Furlan alla guida della Cisl, al posto dell'ex segretario Bonanni, la Uil vede l'arrivo di Carmelo Barbagallo, che dal 21 sarà il nuovo segretario generale dopo le dimissioni di Angeletti, che andrà a costituire una nuova fondazione politica. Sessantasette anni, il nuovo segretario generale ha iniziato a lavorare ad 8 anni. "Dopo 5 anni di lavoro minorile, un anno di lavoro nero e 3 mesi di apprendistato, sono stato finalmente assunto con contratto regolare in una concessionaria d'auto", racconta all'Agi. "Nei 15 anni successivi ho cambiato mille lavori e ho cominciato a fare il sindacalista". Sul governo Barbagallo ha detto: "Apprezzo il dinamismo di Renzi, l'approccio veloce è giusto e tende a sburocratizzare. Ma sui contenuti ho ancora forti perplessità". Per quanto concerne la riforma del lavoro, il successore di Luigi Angeletti sostiene che "se il governo non cercherà di far passare le sue riforme chiedendo la fiducia, noi non abbiamo alcuna urgenza di proclamare scioperi".