Il Governo Italiano ha pubblicato – sul suo sito – una nota in cui esponeva i punti del cosiddetto decreto "Destinazione Italia". Un decreto che porta la firma Presidente del Consiglio, Enrico Letta, del Vicepresidente, Angelino Alfano, e dei ministri dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, delle Infrastrutture e trasporti, Maurizio Lupi, e degli Affari esteri, Emma Bonino.
Un decreto che tocca vari punti, ma quello che più lascia perplessi riguarda l'intervento che potremmo chiamare ad aziendam volto a colpire Google (e il suo aggregatore di notizie Google News).
Il decreto – il cui testo non è ancora disponibile nella sua interezza – prevede misure a:
tutela del diritto d’autore quale strumento per la soluzione delle controversie derivanti dall’utilizzo dei contenuti giornalistici da parte dei motori di ricerca o di aggregatori di notizie al fine di contemperare l’esigenza della circolare dell’informazione anche sulle piattaforme digitali con la garanzia del rispetto dei principi in materia di tutela del diritto d’autore
Detto in altri termini il Governo Italiano – per decreto – vorrebbe obbligare Google a versare agli editori del denaro in cambio dell'indicizzazione dei contenuti.
L'assurdità del decreto (che arriva alla fine di una settimana di follie perpetuate in materia di web, sintetizzata qui da Guido Scorza) è riassumibile in due punti:
1) Fino a quando l'Italia e i suoi Governi saranno schiavi di lobby reazionarie (in questo caso la FIEG) che frenano qualsiasi evoluzione del paese?
2) Quando potremo contare su dei legislatori in grado di scrivere una legge che non sia impugnabile in sede UE?
Ciò che lascia basiti è che un Governo, guidato da una persona molto giovane come il Presidente del Consiglio Letta (47 anni), possa rivolgere il proprio sguardo non al futuro ma al passato.
L'idea che gli editori debbano percepire una remunerazione da Google per un servizio che essi stessi hanno richiesto e alle cui policy hanno aderito è fuori dal tempo.
L'idea che gli editori – i quali per anni hanno trattato il web come figlio di un dio minore – tutt'a un tratto lo riscoprano e pretendano di ricavarne lo stesso fatturato della carta è, quantomeno, errata.
Perché di questo parliamo: non della tutela della libertà d'informazione ma della tutela dei fatturati di aziende private.
Per quanti anni ancora i nostri Governi dovranno legiferare non in tutela di un principio generale ma dell'avidità di pochi? Fino a quando il Governo dovrà tutelare l'ignoranza con la quale tanti gruppi editoriali hanno trattato il web?
Ancora ieri quando un webmaster iscriveva il sito di un quotidiano a Google News nessuno – dico nessuno – verificava – all'interno di un giornale – le condizioni del servizio. Nessuno si interessava dei disclaimer. Ora il Governo vuole tutelare la miopia di chi ha guardato al passato. Permettetemi, ma io non ci sto.
Non ci sto perché nessuno costringe gli editori a star dentro Google.
Non ci sto perché non credo sia normale che un Governo intervenga in una materia che può essere risolta in meno di un minuto con una modifica alla sitemap del sito – modifica che non solo consente ai contenuti di non essere indicizzati da Google ma è molto più rapida e funzionale di far intervenire 5 Ministri e un Presidente del Consiglio -.
Non ci sto perché questo frena la ricerca: a chi verrebbe in mente, in Italia, con queste condizioni, di sviluppare un algoritmo di indicizzazione quando per farlo dovrebbe remunerare i siti?
A chi verrebbe in mente di investire quando le policy sottoscritte dalle aziende possono essere cancellate da un decreto del Governo?
La tutela del fatturato di poche aziende private sta uccidendo questa nazione. La tutela del fatturato di poche aziende private ci sta riportando indietro nel tempo. Aver perso il treno della globalizzazione è stato un errore, perseverare in questo errore creando forme di autarchia antistoriche è un danno che non possiamo permetterci.
Quando questo Governo metterà al centro della sua agenda questi temi avremo finalmente una classe dirigente pronta a guidare l'Italia del futuro.
Ps. Su come è andata in Francia leggete qui