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Il Financial Times: Arrivederci Silvio

Un editoriale durissimo nei confronti del Presidente del Consiglio: “Restando in carica garantisce che il nome dell’Italia continui ad essere trascinato nel fango”.
A cura di Nadia Vitali
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Berlusconi_fiducia

Strali invero poco pietosi, quelli che il Financial Times lancia contro il Premier Silvio Berlusconi; a poche ore di distanza dalla manifestazione di ieri "Se non ora quando?" che ha messo ancora una volta in luce le profonde spaccature presenti in Italia, sia a livello istituzionale che popolare, il giornale del Regno Unito sembra non vedere altre possibilità per il bene dell’Italia e dell’Unione Europea, se non quella che il Presidente lasci il proprio incarico il prima possibile.

In verità, osserva a buon diritto l'autorevole media, davvero poche sono le democrazie in cui una situazione che vede il Capo del Governo chiamato a render conto di rapporti sessuali a pagamento con una minorenne, non implichi le dimissioni del diretto interessato «Ma, come la storia di Ruby Rubacuori ci sta insegnando, questo non è nello stile di Mister Berlusconi». A dispetto delle rassicuranti litanie di tanto in tanto ripetute dai Ministri, insomma, il resto del mondo continua a non vedere di buon occhio gli usi e i costumi attribuiti al nostro Premier; e, questa volta, ci si augura che nessuno dia del “moralista” al Financial Times. Le ragioni di un’analisi di questo tipo, in verità, risiedono nei problemi reali che una condotta come quella del Presidente provoca, all’Italia e all’estero.

«Restando in carica, egli garantisce che il nome dell’Italia continui ad essere trascinato nel fango, sotto gli implacabili riflettori dei media internazionali. Garantisce che la coalizione di centro destra, con la sua mancanza di una credibile maggioranza parlamentare, venga distratta dai propri doveri e sia incapace di un’azione vigorosa mentre la situazione di crisi dell’Europa è ancora lontana dall’essere finita. Infine, garantisce che l’UE risulti poco credibile ed ipocrita, nel momento in cui impartisce lezioni all’Egitto, alla Tunisia e ad altri stati non europei su come governarsi, quando contiene nel suo cuore un esempio supremo di malgoverno».

Parole che non lasciano spazio all’interpretazione, anche laddove si contrappone la figura del Premier a quella di personaggi di ben altro spessore, servitori dello Stato come Giorgio Napolitano e Mario Draghi.
Quasi inquietante la semplicità e brevità con cui l’articolo analizza il contesto politico italiano: una sinistra scissa tra mille identità poco chiare che non riesce a costituire un’alternativa e la magistratura che è l’unica vera risorsa per la democrazia del nostro paese; una democrazia sempre più traballante, sempre meno convincente, sempre più spaventata e costretta a cedere sotto sferzate continue.

Il giorno dopo che si è gridato nelle piazze il “basta” delle donne allo sfruttamento del corpo femminile, finalizzato ad ottenere cariche per cui ben altre dovrebbero essere le doti, leggendo cosa scrive del nostro paese la stampa estera un “basta” ugualmente vigoroso, dovrebbe essere urlato da tutti: basta con questa continua umiliazione, ritroviamo la nostra dignità di nazione che fu tra i fondatori della Comunità Europea, una nazione nata prima dai grandi ideali del Risorgimento e poi risorta dalla Resistenza, un paese di lavoratori silenziosi per la democrazia che da questo silenzio rischiano di essere definitivamente annientati.

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