“Usi termini adeguati. Sono persone che migrano, non fanno nessuna pacchia”: il presidente della Camera Roberto Fico risponde così al deputato di Fratelli d'Italia Andrea Delmastro Delle Vedove che oggi, intervenendo in aula durante il question time, prova a rimestare un po' nel torbido parlando di migranti e tutto baldanzoso cita il ministro dell'Interno Matteo Salvini. La frase, seppur breve e seppur appoggiata con la consueta formalità della carica istituzionale, è la prima crepa all'interno del governo del cambiamento e, diciamolo, è una frattura profumatissima.
Ciò che il Movimento 5 Stelle sembra non capire è che, al di là delle opinioni e delle soluzioni sul tema delle immigrazioni, la tossicità del linguaggio salviniano continua a cannibalizzare il dibattito e, dati alla mano, ad erodere il consenso del Movimento 5 Stelle che ha un altro linguaggio (nonostante la comunanza di alcune idee) da quello che il leader leghista continua pericolosamente a soffiare. Ha un bel dire il povero ministro Bonafede intento a cogliere le virgole positive del discorso di Salvini ospite della Gruber, impegnato a spiegarci come non contino le parole ma i fatti (e invece le parole sono un fatto, in politica, da sempre) e concentrato nel spiegarci che Salvini parlasse di censimento "nel senso di monitoraggio" (inventando un nuovo dizionario dei sinonimi come condono culturale): «Come fate voi del M5s a tollerare – ha chiesto Antonio Padellaro al ministro Bonafede proprio in quell'occasione – che ci sia un ministro dell’Interno che dica che “purtroppo i Rom italiani ce li dobbiamo tenere” o che parli di pacchia e strapacchia degli immigrati o che usi il termine ‘crociera’ per i migranti sulla nave Aquarius, approdata a Valencia grazie al governo spagnolo? Non vi rendete conto del danno che il ministro Salvini, continuando a fare il leader della Lega, sta provocando al governo e all’immagine del governo? E voi state zitti». Perché è proprio questo il punto: usare le parole come clava su un argomento facilmente infiammabile come l'immigrazione (e come i rom, come le coppie omosessuali, come le vittime degli abusi delle forze dell'ordine e come tutte le minoranze con cui ama prendersela Salvini) è un gesto vile e irresponsabile.
Per questo la risposta di Roberto Fico è comunque un fatto politico che conta, nel deserto di questi giorni. Innanzitutto perché il rimprovero (detto al misconosciuto Delle Vedove ma diretto a Salvini) arriva da un uomo della maggioranza e non dalla solita opposizione (umanitaria a scoppio ritardato nonostante Minniti) e poi perché il messaggio di Fico, in fondo, rappresenta un pezzo del Movimento 5 Stelle, un pezzo degli eletti ma anche e soprattutto un pezzo degli elettori, che nelle ultime settimane si sono sentiti traditi nello sdoganamento del salvinismo. La frase di Fico in fondo è anche una lezione ai suoi compagni di partito (e ai giornalisti vicini al Movimento 5 Stelle) che insistono nell'elucubrare interpretazioni di parole che puzzano chiaramente per quello che sono: definire "pacchia" un viaggio che miete vittime e accumula dolori è inaccettabile per la destra e per la sinistra, è troppo anche per chi vede nell'immigrazione di massa un fantomatico piano Kalergi per iniettare manodopera a costo zero. Non c'è niente di riposante e privilegiato nell'attraversare il deserto, subire le infamità libiche e rischiare di annegare in mezzo al mare: anche per chi insiste nell'immaginare l'ultimo tratto di strada come un semplice trasbordo in taxi.
Poi c'è sul punto politico: l'insofferenza nei confronti di Salvini all'interno del Movimento 5 Stelle è stata in questi giorni un tema da retroscena e oggi diventa un fatto. Piaccia o no ci sarà (meglio: c'è già e emergerà) una fronda interna al Movimento che alzerà la voce e si opporrà ai modi del segretario leghista. Comunque la si pensi è una buona notizia.