Il codice civile del 1942 era sostanzialmente impostato sull'uso prevalente del denaro contante nelle transazioni commerciali, mentre altre forme di pagamento (assegni, cambiali) erano relegate ad ipotesi marginali.
A sostegno di tale affermazione basta pensare che il mutuo (tipico contratto reale e il più diffuso contratto di credito) si perfeziona con la consegna del bene (es. denaro) ed è evidente che questa modalità di perfezionamento di un contratto non si adatta a pagamenti eseguiti con modalità diverse dall'uso del denaro contante. Identico discorso deve essere fatto per la quietanza di pagamento che è idonea a raggiungere il suo obiettivo (ottenere la prova del pagamento) in caso di pagamenti in denaro contante, ma che non si può facilmente adeguare ai pagamenti con altri modi diversi dal denaro, posto che il creditore dovrebbe rilasciare una quietanza (dichiarando di essere stato pagato) quando, in realtà, ha avuto solo un assegno e, per di più, al momento della ricezione dell'assegno non è in grado di sapere se l'assegno è coperto o meno.
In aggiunta a quanto sopra esposto è possibile anche notare che dopo la stipula del contratto, (in base all'impostazione originaria del codice civile del 1942), la sostituzione del pagamento tramite denaro con il pagamento mediante un assegno ha la natura giuridica di una prestazione in luogo dell’adempimento ex art. 1197 c.c. (Cass. civ. sez. III, 10 giugno 2005, n. 12324), questo perché l’assegno non può essere assimilato al denaro mancando l’identità oggettiva della prestazione. Di conseguenza, per attuare questa modifica (pagamento da denaro ad assegno) è necessario il consenso delle originarie parti contrattuali, in mancanza il creditore potrà sempre rifiutare la “prestazione in luogo dell’adempimento” o il pagamento mediante assegno (Cass. civ. sez. II, 1 dicembre 2000, n. 15396).
Però, con l'evolversi dei sistemi tecnici di pagamento dematerializzati e, soprattutto, con l'aumentare delle esigenze di contrasto alla criminalità organizzata e all'evasione fiscale, il legislatore ha imposto metodi di pagamenti elettronici (quindi svincolati) dal denaro contante, è sufficiente, a tal fine, ricordare la normativa anti-riciclaggio, che non ammette pagamenti con moneta per importi superiori a 12.500 euro (il D.L. n. 138/2011 ha abbassato tale importo a € 2.500, altra riduzione a € 1.000 si è avuta con la c.d. manovra Monti del dicembre 2011), queste novità devono essere coordinate con il codice civile che è basato su un diverso mezzo di pagamento, per cui, occorre armonizzare i principi del codice civile con queste novità.
Applicando, quindi, i limiti all'uso del denaro liquido, il debitore (potrà pagare con mezzi diversi dal denaro) il creditore (non potrà rifiutarsi di ricevere un pagamento con mezzi diversi dal denaro) in questi casi
1) pagamenti superiori a 12.500 euro (oggi 1000 euro) non possono essere effettuati se non con mezzi diversi da denaro, questi ultimi, quindi, quindi sono praticamente equiparati al denaro,
2) mentre per i pagamenti inferiori a euro 12.500 (ora 1.000) occorre distinguere tra
2a) pagamenti con assegni circolari che sono completamente equiparati al denaro e che non è possibile rifiutare (Cass., sez. un., 18 dicembre 2007, n. 26617 “nelle obbligazioni pecuniarie, il cui importo sia inferiore a 12.500 Euro o per le quali non sia imposta per legge una diversa modalità di pagamento, il debitore ha facoltà di pagare, a sua scelta, in moneta avente corso legale nello Stato o mediante consegna di assegno circolare; nel primo caso il creditore non può rifiutare il pagamento, come, invece, può nel secondo solo per giustificato motivo da valutare secondo la regola della correttezza e della buona fede oggettiva; l’estinzione dell’obbligazione con l’effetto liberatorio del debitore si verifica nel primo caso con la consegna della moneta e nel secondo quando il creditore acquista concretamente la disponibilità giuridica della somma di denaro, ricadendo sul debitore il rischio dell’inconvertibilità dell’assegno”)
2b) pagamenti con assegni semplici, in tal caso possono essere rifiutati solo se sussiste una valida ragione, quindi, di fatto, sono non rifiutabili, così la Cass., sez. un., 4 giugno 2010, n. 13658 “il solo fatto dell’adempimento, da parte del debitore, della propria obbligazione pecuniaria con un “altro sistema” di pagamento (ovverosia di messa a disposizione del “valore monetario” spettante) – “sistema” che, comunque, “assicuri ugualmente la disponibilità della somma dovuta” – non legittima affatto il creditore a rifiutare il pagamento stesso essendo all’uopo necessario che il rifiuto sia sorretto anche da un “giustificato motivo”, che il creditore deve “allegare ed all’occorrenza anche provare”. Nel caso la ricorrente non ha dedotto l’esistenza di nessun motivo a giustificazione del mancato incasso dell’assegno benché l’avesse ricevuto (come accertato dal giudice a quo) oltre sei mesi prima di intraprendere l’azione esecutiva opposta e tanto dimostra la effettiva contrarietà del suo «comportamento» ai «principi di correttezza e buona fede», come ritenuto dal giudice del merito.”
Da quanto detto si deduce che le modalità di estinzione dei debiti o di pagamento delle obbligazioni pecuniarie previste dall'originario codice civile sono state (di fatto) riscritte. E la riscrittura è molto ampia, infatti, basta pensare all'art. 1277 c.c. il quale anche se prevede che i debiti di denaro possono essere pagati con moneta avente corso legale nello stato, viene aggiornato nel senso che la locuzione moneta, non si intende più come "moneta" liquida, ma è letta ed interpretata come "sistema valutario" nazionale. Sempre su questa strada si può pensare al luogo di pagamento delle obbligazioni pecuniarie, il quale è, ovviamente, difficile da individuare quando si eseguono pagamenti elettronici, ecco, allora, che, dopo le modifiche sopra descritte, il luogo "fisico" di pagamento dei debiti di denaro perde importanza, mentre assume rilevanza l'interesse del creditore alla giuridica disponibilità della somma di denaro.
Queste sono solo alcune delle modifiche, infatti, un'altra innovazione riguarda anche il procedimento di perfezionamento dei contratti reali come il mutuo, per i quali, ormai, basta la consegna di un assegno e non del denaro contante (Cass., civ. sez. I, 3 gennaio 2011, n. 14).
L’evoluzione del sistema (che equipara il pagamento con moneta al pagamento tramite assegno) incide anche sulla quietanza. Infatti, dopo la normativa antiriciclaggio, il creditore si trova nella situazione di non poter rifiutare il pagamento con assegno (semplice), ma non può controllare l’esistenza dei fondi in banca. Allora, è evidente che la quietanza (nata storicamente per i pagamenti in denaro) deve adeguarsi all’uso generalizzato dell’assegno. Allora, è inevitabile sostenere che la quietanza (emessa al momento della consegna dell’assegno) non impedisce la successiva contestazione della mancanza dei fondi a copertura dell’assegno, sia perché con la quietanza non si rinunzia a questo tipo di eccezione, sia perché la quietanza (o alcuni effetti della stessa) possono essere condizionati all’esistenza dei fondi a copertura dell’assegno.
Con unico motivo il ricorrente denunzia ‘violazione e mancata applicazione’ degli artt. 1182, 1277, 2004 e 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si duole che, in presenza di contrasto interpretativo al riguardo, il giudice dell’appello abbia ‘implicitamente aderito all’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’assegno bancario a termine inviato al creditore prima della notificazione all’atto di precetto o di pignoramento estinguerebbe immediatamente l’obbligazione pecuniaria’. Lamenta che ‘la consegna di un assegno bancario – che in assenza del consenso del creditore rimane una offerta non formale – non può mai avere effetto liberatorio, anche se il rifiuto opposto dal creditore sia contrario a buona fede’. Chiede che la causa venga rimessa alle Sezioni Unite di questa Corte ‘per dirimere il contrasto tra i due opposti orientamenti giurisprudenziali, ovvero quello secondo il quale il pagamento effettuato con assegno bancario e/o circolare non libera il debitore dall’ obbligazione’… e quello secondo cui ‘l’adempimento dell’obbligazione può avvenire anche tramite consegna o invio di assegni bancari e/o circolari a prescindere dalla preventiva accettazione del creditore e/o dalla effettiva monetizzazione, con effetto estintivo immediato al momento della consegna’. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato. Lo stesso ricorrente argomenta nei suoi scritti difensivi con riferimento all’assegno bancario e/o circolare, laddove il controricorrente afferma essere il pagamento avvenuto ‘tramite assegno di traenza rimesso a GT. Orbene, va al riguardo anzitutto sottolineato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di porre il principio in base al quale nelle obbligazioni pecuniarie, il cui importo sia inferiore a 12.500 Euro o per le quali non sia imposta per legge una diversa modalità di pagamento, il debitore ha facoltà di pagare, a sua scelta, in moneta avente corso legale nello Stato o mediante consegna di assegno circolare. Nel primo caso, il creditore non può rifiutare il pagamento, come invece può nel secondo, solo per giustificato motivo, da valutarsi secondo le regole della correttezza e della buona fede oggettiva. L’estinzione dell’obbligazione con l’effetto liberatorio per il debitore si verifica, nel primo caso, con la consegna della moneta, e, nel secondo, quando il creditore acquista concretamente la disponibilità giuridica della somma di denaro, ricadendo sul debitore il rischio dell’inconvertibilità dell’assegno (v. Cass., Sez. Un., 18/12/2007, n. 26617, nonchè, conformemente, Cass., 1/12/2010, n. 24402). Alla stregua della posta interpretazione evolutiva, costituzionalmente orientata, dell’art. 1277 c.c. si è nell’occasione al riguardo sottolineato che, se da un canto l’espressione ‘moneta avente corso legale nello Stato al momento del pagamento’ significa che i mezzi monetari impiegati debbono riferirsi al sistema valutario nazionale, senza che possa dedursene alcuna definizione della fattispecie del pagamento solutorio, ben ammissibili debbono per altro verso ritenersi anche ‘altri sistemi di pagamento’ idonei a garantire al creditore il medesimo effetto del pagamento per contanti, e cioè la disponibilità della somma di denaro. Si è al riguardo espressamente negato che ad una tale conclusione osti il dettato di cui all’art. 1182 c.c., in ordine ai criteri di individuazione del luogo dell’adempimento, giacchè ‘l’obbligazione pecuniaria non è assimilabile all’obbligazione di dare cose fungibili, sicchè non risulta perfettamente adattabile lo schema di tale tipo di obbligazione, mentre assume rilevanza l’interesse del creditore alla giuridica disponibilità della somma invece che al possesso dei pezzi monetari’ (cosi Cass., Sez. Un., 18/12/2007, n. 26617). Si è a tale stregua quindi sottolineato che ‘il concetto di domicilio del creditore non coincide con il suo domicilio anagrafico soggettivamente riconducibile alla persona tisica, ma deve essere oggettivizzato e può individuarsi nella sede (filiale, agenzia o altro) della banca presso la quale il creditore ha un conto’ (così Cass., Sez. Un., 18/12/2007, n. 26617). Va per altro verso osservato come questa Corte abbia posto ulteriormente in rilievo (v. Cass., Sez. un., 26/6/2007, n. 14712) che l’assegno di traenza (e cioè l’assegno che una banca – inviandogli il modulo appositamente predisposto – autorizza taluno a sottoscrivere, appunto per traenza su di essa, presupponente l’esistenza presso la banca medesima della relativa provvista (non importa se fornita all’origine dalla banca stessa o da terzi) di cui il traente può disporre in favore proprio o di altro eventuale beneficiario indicato come prenditore del titolo, e la cui peculiarità riposa nell’assolvere ad una funzione corrispondente a quella del bonifico a mezzo banca benchè esso sia riconducibile al genus dell’assegno bancario (del quale ha tutte le caratteristiche, a differenza dell’assegno di conto corrente) non presuppone invero l’esistenza di una pregressa convenzione d’assegno stipulata tra la banca ed il proprio correntista (in forza della quale la banca è tenuta ad onorare gli assegni da quest’ultimo emessi entro i limiti della provvista), ma trova pur sempre fonte in un rapporto contrattuale intercorrente tra la banca e colui che ha fornito o in favore del quale è stata fornita la provvista, onde quest’ultimo è autorizzato dalla banca a darle disposizione di pagamento e quella accetta d’inviare l’assegno al soggetto che lo sottoscrive per traenza, alla cui circolazione e pagamento è applicabile la disciplina stabilita dal legislatore in materia di assegno bancario non trasferibile (trovante fondamento nell’art. 43 L. assegni applicabile anche all’assegno circolare, in virtù del rinvio operato dal successivo art. 86, comma 1 -, ove si prevede che l’assegno emesso con clausola di non trasferibilita può essere pagato soltanto al prenditore o a richiesta di costui accreditato sul suo conto corrente, e che il prenditore non può perciò girarlo se non ad un banchiere per l’incasso, fermo il divieto per quest’ultimo di apporvi ulteriori girate, che si hanno per non scritte, mentre l’eventuale cancellazione della clausola si ha per non avvenuta (comma 1); e che colui il quale paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso risponde del pagamento (comma 2): così la citata Cass., Sez. Un., 26/6/2007, n. 14712). Si è pervenuti pertanto ad ammettere che le caratteristiche dell’adempimento (da Cass., Sez. Un., 18/12/2007, n. 26617 inteso non già quale atto materiale di consegna della moneta contante bensì quale prestazione diretta all’estinzione del debito, per cui rilevano la condotta improntata alla dovuta diligenza del debitore e quella improntata a buona fede o correttezza del creditore) ben si rinvengono anche nell’ipotesi di pagamento a mezzo dell’assegno bancario in questione (v. Cass., 10/3/2008, n. 6291; Cass., 15/7/2008, n. 19427). Attesa la segnalata precostituzione della provvista, l’assegno di traenza integra infatti un sistema che assicura al creditore la disponibilità della somma dovuta, sicchè il pagamento con esso eseguito può essere dal creditore rifiutato solo per ‘giustificato motivo’. Resta in tal caso fermo che per il debitore l’effetto liberatorio si verifica solamente nel momento in cui il creditore acquista concretamente la disponibilità giuridica della somma di denaro indicata nel titolo, ricadendo sul debitore il rischio della relativa inconvertibilità (v. Cass., 10/3/2008, n. 6291; Cass., 15/7/2008, n. 19427).