Più volte ci siamo occupati delle difficoltà (e degli ostacoli) a carico del creditore che intende recupere – mediante la procedura esecutiva – quando dovuto dal debitore. Continuando nel solco dell'individuazione delle problematiche che possono sorgere durante l'esecuzione forzata oggi possiamo occuparci di un aspetto particolare relativo al pignoramento e, in particolare, dell'opponibilità al creditore pignorante degli atti di disposizione compiuti dal debitore dopo il pignoramento (o trascritti dopo la trascrizione del pignoramento).
L'intero sistema è regolato da due principi codificati in tre articoli del codice civile e, in particolare,
- nell'art. 2913 c.c. rubricato con il titolo di "Inefficacia delle alienazioni del bene pignorato" il quale dispone che "Non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione gli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento, salvi gli effetti del possesso di buona fede per i mobili non iscritti in pubblici registri"
- nel successivo articolo 2914 c.c. rubricato con il titolo di "Alienazioni anteriori al pignoramento" il quale dispone che "Non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione, sebbene anteriori al pignoramento: 1) le alienazioni di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri, che siano state trascritte successivamente al pignoramento; 2) le cessioni di crediti che siano state notificate al debitore ceduto o accettate dal medesimo successivamente al pignoramento; 3) le alienazioni di universalità di mobili che non abbiano data certa; 4) le alienazioni di beni mobili di cui non sia stato trasmesso il possesso ; anteriormente al pignoramento, salvo che risultino da atto avente data certa"
- e, infine dall'art. 2915 c.c. rubricato con il titolo di "Atti che limitano la disponibilità dei beni pignorati" il quale dispone che "Non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione gli atti che importano vincoli di indisponibilità, se non sono stati trascritti prima del pignoramento, quando hanno per oggetto beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri e, negli altri casi, se non hanno data certa anteriore al pignoramento . Non hanno del pari effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione gli atti e le domande per la cui efficacia rispetto ai terzi acquirenti la legge richiede la trascrizione, se sono trascritti successivamente al pignoramento"
In sintesi l'intero sistema può essere descritto in questo modo: 1) dopo il pignoramento non hanno effetto contro il creditore pignorante o dei creditori intervenuti nell'esecuzione gli atti di alienazione dei beni sottoposti ad esecuzione; 2) gli atti di alienazione compiuti prima del pignoramento sono non opponibili al creditore pignorante e ai creditori intervenuti se tali atti sono stati trascritti dopo il pignoramento (per i beni immobili) o se il possesso non sia stato trasmesso (per i beni mobili ex 1153 c.c.).
Dopo che è stato giuridicamente sciolto il nodo dell'opponibilità (o meno) del trasferimento alla procedura esecutiva, può capitare che la situazione non sia completamente risolta, poichè nulla esclude che l'immobile risulti ancora – di fatto – occupato o detenuto da colui che pretendeva di avere un titolo opponibile alla procedura esecutiva. In questa situazione, prima di procedere alla vendita all'asta, può essere necessario liberare l'immobile occupato da un soggetto con un titolo non opponibile al creditore pignorante (e alla procedura esecutiva nel suo complesso intesa come l'insieme dei creditori pignoranti e dei creditori intervenuti nella procedura) ed è evidente che in tale ipotesi si innescherebbe un ulteriore periodo di sostanziale blocco dell'esecuzione forzata.
Nulla, però, esclude che la procedura esecutiva decida di tentare la vendita dell'immobile occupato abusivamente e nulla esclude la procedura esecutiva trovi un compratore che decide di acquistare l'immobile anche se occupato abusivamente, ovviamente, in questi casi è intuitivo comprendere che il prezzo di vendita dell'immobile sarà più basso di quello che poteva essere ottenuto se l'immobile fosse stato libero. In questa situazione resta da valutare se la procedura esecutiva (rappresentata dal custode giudiziario dell'immobile) possa chiedere il risarcimento del danno all'occupante abusivo. La risposta alla domanda è positiva e la legittimazione spetta al custode giudiziario (equiparato al curatore del fallimento) e il risarcimento andrebbe attribuito e riconosciuto alla procedura esecutiva intesa come l'insieme dei creditori pignoranti e dei creditori intervenuti nella procedura esecutiva.
Il risarcimento del danno potrebbe essere determinato 1) nella differenza tra il prezzo che si è ottenuto con l'immobile occupato e il prezzo che si poteva ottenere se l'immobile fosse stato libero; 2) nella mancata percezione dei frutti detraibili dall'immobile nel periodo dell'occupazione 3) nel danno derivante dal tempo più lungo necessario per l'esecuzione forzata.
Cassazione, civ. sez. III del 16 gennaio 2013, n. 924 in pdf