Il crollo del Ponte Morandi a Genova: le cause, le responsabilità, la Gronda
A Genova lo conoscono tutti come il Ponte Morandi, una delle più trafficate arterie della città, che si trova sull’autostrada A10. Il suo crollo, oggi, ha provocato la morte di decine di persone e si trascina dietro infinite polemiche sulle cause, le responsabilità e tutto ciò che si sarebbe potuto fare per evitare questa tragedia. La parte di ponte crollata è quella sopra il torrente Polcevera. Il cedimento sarebbe avvenuto in una delle colonne all’altezza di via Fillak, nella zona di Sampierdarena. Il Ponte Morandi è stato inaugurato nel 1967, ha quindi 51 anni. Ha una lunghezza di 1182 metri, un'altezza al piano stradale di 45 metri e 3 piloni in cemento armato che raggiungono i 90 metri di altezza. Quello del viadotto è un tratto di strada che conta annualmente 25,5 milioni di transiti, con un quadruplicamento del traffico negli ultimi 30 anni, destinato a crescere del 30% nei prossimi 30 anni. Nel 2006 l’archistar Santiago Calatrava propose di poter realizzare lui stesso un nuovo ponte sul torrente Polcevera al posto di quello attuale. In quel periodo l’ipotesi era stata esaminata ma si decise di non procedere anche per timore di una eccessiva congestione del traffico in caso di abbattimento e ricostruzione.
Cosa sappiamo sulle cause del crollo
Si parla di un cedimento strutturale del ponte. Secondo quanto riportano alcuni ingegneri a cedere è stato, nello specifico, il pilone ovest. In passato, invece, erano stati effettuati interventi rilevanti sulla torre est. Difficile capire, ad oggi, cosa abbia portato al cedimento. In giornata sono state avanzate alcune ipotesi. Una è quella di un fulmine che avrebbe colpito il pilone, ma secondo quanto riportato da Sky Tg24 che ha interpellato alcuni esperti, nessun fulmine sarebbe caduto a distanza minore di un chilometro dal ponte. E il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, ha sottolineato che “questa ipotesi non è stata verificata”. Renzo Rosso, professore di Costruizioni idrauliche a Milano, intervistato dal Fatto Quotidiano, ha spiegato che non si è trattato neanche di “erosione” o cause legate a una “ragione idraulica”. Alcuni ingegneri, infine, si sono soffermati sulle condizioni meteorologiche. Quasi tutti ritengono sia difficile pensare che la forte pioggia di oggi possa aver influito, secondo altri è più plausibile una (seppur minima) influenza del forte vento.
Le accuse ad Autostrade e la manutenzione del ponte
Il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, ha lanciato un’accusa a chi si occupa della manutenzione di quella strada, ovvero – come lui stesso ha ribadito – Autostrade per l’Italia. E proprio Toninelli ha parlato di carenze nella manutenzione. Autostrade ha replicato ricordando che su tutta la struttura “erano in corso lavori di consolidamento della soletta del viadotto” e che c’era una costante attività di osservazione. L’amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castellucci, ha assicurato che il ponte non era considerato pericoloso e non c’erano documenti che affermavano un rischio di questo genere.
Negli scorsi mesi Autostrade aveva indetto un bando di gara per interventi strutturali su Ponte Morandi. Un bando del 28 aprile 2018 che prevedeva la presentazione delle offerte entro giugno per una procedura di pre-qualifica, con le aziende che avrebbero dovuto partecipare alla gara vera e propria a settembre. Per un appalto da 20 milioni di euro circa e un massimo di 784 giorni per eseguire i lavori. Tra le operazioni previste c’era anche il rinforzo degli stralli di pila “numero 9 e 10”. Oggi, nel crollo è stata coinvolta anche la pila 9.
L’allarme degli esperti
Antonio Brencich, professore associato di Costruzioni in cemento armato dell’università di Genova, aveva lanciato l’allarme già alcuni anni fa, pur non prevedendo il rischio di crolli. Un “esempio del fallimento dell’ingegneria”, era questo ponte, secondo Brencich. Che ricordava anche come di ponti di questo genere, con cavalletto bilanciato, ne sono stati costruiti solo tre. Uno di questi in Venezuela: in quel caso tre piloni crollarono a causa dell’impatto con una imbarcazione. Brencich ricordava, nel 2016, che Ponte Morandi negli anni Novanta aveva subito molti lavori, “indice di una corrosione più veloce di quel che pensassero”. E ricordava ancora come in passato quel ponte avesse dei saliscendi, perché “venne sbagliato il calcolo della deformazione viscosa”.
Oggi il professore, intervistato da Fanpage.it, ha ribadito i problemi di corrosione del viadotto e ricordato che si è discusso di ricostruirlo, ma alla fine si è rinunciato anche a causa dei "lavori di manutenzione che avrebbero avuto costi troppo elevati”. Ma quanto successo oggi era comunque “imponderabile” e non si tratta di “mala gestione”. Anche Massimo Mariani, componente del Consiglio nazionale degli ingegneri, oggi ha spiegato che non si è trattato di un “difetto di origine”, ma di quella che tecnicamente viene definita “rottura di fatica”.
Il progetto della Gronda
Una delle polemiche di oggi riguarda la Gronda, una nuova infrastruttura che si sarebbe dovuta realizzare per smistare il traffico di Genova e alleggerire l’impatto su Ponte Morandi. Parliamo di 72 km di tracciati autostradali che avrebbero connesso la città con l’A26 e l’A10. Un percorso quasi interamente sotterraneo, con 23 gallerie per un totale di 54 km. Il progetto prevede la realizzazione di 13 nuovi viadotti e l’ampliamento di 11 viadotti esistenti. L’obiettivo – si legge sul sito di Autostrade – è quello di “dividere il traffico cittadino da quello di attraversamento e dai flussi connessi con il porto”.
Sul progetto della Gronda nacque una polemica già nel 2012, quando il presidente degli industriali di Genova, Giovanni Calvini, affermò: “Quando tra dieci anni il Ponte Morandi crollerà, ci ricorderemo il nome di chi adesso ha detto no”. Dichiarazioni a cui replicò il consigliere comunale del M5s a Genova, Paolo Putti, invitandolo a “informarsi perché dice che il Ponte Morandi crollerà fra dieci anni. A noi Autostrade ha detto che per altri 100 anni può stare in piedi”. Il M5s, su un suo sito non ufficiale (come precisa lo stesso MoVimento) pubblicò un comunicato del comitato No Gronda, coloro che si opponevano alla nuova autostrada. “Ci viene poi raccontata, a turno – si legge nel documento – la favoletta dell'imminente crollo del Ponte Morandi”, evitabile con normali costi di manutenzione, secondo il comitato.
I lavori per la realizzazione della Gronda dovrebbero partire a fine anno, ma – al di là della tragedia di oggi – non si ha certezza su tempi ed effettiva realizzazione, perché proprio il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, pochi giorni fa, ha inserito l’opera tra quelle da revisionare completamente, con l’ipotesi anche di un “abbandono del progetto”. Stessa posizione espressa già in campagna elettorale – quando non era quindi ancora al governo – Luigi Di Maio. Sul progetto è arrivato negli scorsi mesi anche l’ok dell’Ue che doveva fornire un parere dal punto di vista della concorrenza, che verrebbe rispettata nell’accordo stipulato da Autostrade per l’Italia con la proroga della concessione dal 2038 al 2042, rientrante nell'accordo per la costruzione della Gronda.
L’interrogazione a Delrio
La questione del Ponte Morandi è stata più volte affrontata anche in Parlamento. Già nel 2014 fu presentata un’interrogazione all’allora ministro Maurizio Lupi, il quale aveva presentato come soluzione al problema del pesante traffico sul viadotto proponendo come intervento risolutore proprio il progetto della Gronda. Il 28 aprile 2016, il senatore Maurizio Rossi ha invece depositato una interrogazione a risposta scritta all’allora ministro dei Trasporti, Graziano Delrio. Chiedendogli conto della situazione viaria di Genova e, stando a quanto afferma l’ex senatore oggi, "senza ricevere alcuna risposta”.
Rossi segnalava che il ponte era stato di recente “oggetto di un preoccupante cedimento dei giunti che hanno reso necessaria un’operazione straordinaria di manutenzione senza la quale è concreto il rischio di una sua chiusura”. E sul rischio di chiusura, “almeno al traffico pesante”, chiedeva una risposta al ministro. “I ministri competenti – racconta oggi Rossi all’Adnkronos – non mi hanno mai degnato di una risposta. Perché? Ero uno del Misto, evidentemente non meritavo attenzione… Che quel ponte avesse problematiche strutturali si sapeva”.