Il centro storico di Napoli, tra chiese in rovina e graffiti. Ecco l’altro maggio dei monumenti (REPORTAGE)
I turisti vagano spaesati nel centro storico di Napoli, accanto ai tesori messi in mostra per il maggio dei monumenti si ritrovano a fotografare fontane, colonnati e portoni di chiese imbrattati da graffiti. Il presidente del Comitato di Portosalvo, Antonio Pariante, ci guida nel più grande centro storico d'Europa, sotto il patrimonio dell'Unesco dal 1995, ma che cade letteralmente a pezzi.
L'organizzazione internazionale minaccia da anni di ritirare il patrimonio al centro storico di Napoli, così come al sito archeologico di Pompei – come dimostra il reportage di fanpage.it – eppure, ha disposto nel 2011 uno stanziamento di 100 milioni di euro per il completamento dei lavori di restauro di 30 siti tra chiese e monumenti. Questo piano di gestione, però, non è stato ancora messo in atto dalle amministrazioni locali competenti: Regione Campania, Comune di Napoli, Sovrintendenza del polo museale e la Curia.
Lo stato dell'incuria con cui è trascurato il centro storico di Napoli è evidente già dalla centralissima piazza del Plebiscito, lì dove i colonnati e le sculture leonine sono preda dei graffiti dei vandali. Nulla a confronto del cortile della Chiesa di Santa Chiara, interamente ricoperto dai graffiti e dove – girando l'angolo – una banda di giovani ha occupato una intera scalinata, probabilmente per spacciare un po' di fumo, viste le minacce che ci rivolgono quando ci avviciniamo per fotografare. “Secondo uno studio del nostro Comitato di Portosalvo – sottolinea Pariante – nove monumenti su dieci, a Napoli, sono imbrattati da graffiti.
Davanti alla chiesa dei Girolamini, la prospettiva fotografica è ostruita dai cassonetti colmi di rifiuti che il Comune lascia davanti al sagrato. La grande costruzione in marmo è invasa da erbacce le cui radici si infiltrano tra le pietre mettendo a rischio l'integrità della struttura, già provata dal recente saccheggio della biblioteca perpetrato dall'ex-direttore Massimo Marino de Caro.
La cappella di Santa Maria della Colonna è proprio di fronte alla Girolamini ed è la prima delle oltre 200 chiese chiuse e depredate in città, costantemente da restaurare a causa dei danni provocati alle stretture dal terremoto del 1980. Un esempio è la chiesa di Santa Maria della Pace, dove materassi e altri rifiuti sono lasciati davanti al sagrato, le porte rimangono ben chiuse ed i turisti osservano interdetti. Nel nostro proseguire il percorso del maggio dei monumenti, oltre a non trovare nessuna indicazione specifica sull'evento stesso, incrociamo decine di altre cappelle chiuse. “Quelle dei Decumani dovrebbero essere aperte – precisa Pariante – Sono state affidate a cooperative e associazioni, che però le tengono chiuse”. Proprio come San Biasiello alla Vicaria, ormai depredata di tutti gli ornamenti di valore e transennata con un'alta lamiera.
La Chiesa di Sant'Agrippino è stata transennata ed è diventata il supporto di una surreale struttura ferrosa che serve a sorreggere un'altra chiesa, che gli sta di fronte. Poco distante, la chiesa monumentale di Sant'Agostino alla Zacca, è totalmente avvolta in architravi di ferro: da trent'anni aspetta il completamento del restauro costato milioni di euro, intanto sotto di essa un ex-garage abusivo del clan camorristico dei Giugliano è diventato è negozietto di un artigiano (sempre abusivo). Nulla, però, al confronto di quello che accade alla chiesa Sant'Arcangelo a Baiano, dove i piani superiori sono stati occupati e tasformati in abitazioni civili – con tanto di balcone.
Bisognerebbe fa intervenire polizia e carabinieri per sgomberare, peccato che anche il chiostro del Pozzo e il sagrato della chiesa di San Diego dell'Ospedaletto sono stati trasformati in parcheggio riservato, proprio per le auto dell'Arma e gli scooter della vicina questura.