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Il capo 65enne molesta le impiegate in ufficio. Assolto perché “immaturo: scherzava”

Polemiche sulla sentenza del tribunale di Palermo che ha assolto un 65enne ex direttore dell’Agenzia delle Entrate accusato di aver palpeggiato nelle parti intime due sue dipendenti: “Non le ha danneggiate ed ha agito per scherzo”.
A cura di Biagio Chiariello
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Il capo palpeggia la dipendente in ufficio? Non è detto che sia molestia sessuale. Può darsi che lo faccia perché “immaturo”, nonostante abbia 65 anni di età. In altre parole, lo fa per scherzo, e anche se può essere considerato un gesto “inopportuno e prevaricatore”, comunque non è reato. E’ questa in sintesi la motivazione che ha spinto il tribunale di Palermo ad assolvere l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate Palermo 1, Domenico Lipari, dalle accuse di molestie nei confronti di due impiegate del suo ufficio che lo avevano poi denunciato: ad una di loro avrebbe dato una pacco sul sedere, all’altra avrebbe messo il dito su un bottone della camicetta, in prossimità del seno, e in un’altra occasione le avrebbe sfiorato le parti intime. Tutto confermato dallo stesso 65enne. Eppure la seconda sezione del tribunale di Palermo lo scorso 23 novembre lo ha assolto. Ed ora sono uscite le motivazioni di quella sentenza: quei gesti non “procurarono appagamento sessuale” all’uomo e “non limitarono la libertà sessuale delle due donne”.

Il capo è "immaturo": assolto dalle accuse di molestie

I giudici hanno poi dato peso al contesto in cui sono avvenute le presunte molestie. Si è trattata, appunto, di una situazione “scherzosa – si legge, nonostante le due donne sostengano il contrario, e per questo la Procura valuta se fare appello, così come la parte civile- priva di connotato sessuale”. E per lo stesso motivo, spiegano i giudici, le due ‘vittime’ non furono “danneggiate”  né limitate nella loro libera autodeterminazione. Insomma, il comportamento del capoufficio “era oggettivamente dettato da un immaturo e inopportuno atteggiamento di scherzo, frammisto ad una larvata forma di prevaricazione e ad una, sia pur scorretta, modalità di impostazione dei rapporti gerarchici all’interno dell’ufficio”. Il collegio presieduto da Bruno Fasciana spiega ancora che “non si deve cioè fare riferimento alle parti anatomiche aggredite e al grado di intensità fisica del contatto instaurato – si legge nel testo della sentenza- ma si deve tenere conto dell’intero contesto. Nel comportamento del Lipari non era ravvisabile alcun fine di concupiscenza o di soddisfacimento dell’impulso sessuale”.

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