Il “Canto di Natale” di Charles Dickens: la magia di un racconto senza tempo
Un'aspra critica sociale nascosta fra le pieghe di una magica favola di redenzione, di speranza e umanità: ispirato alla grande letteratura gotica dell'epoca, "Canto di Natale" è diventato un vero e proprio topos letterario; di più, è entrato a tutti gli effetti a far parte dell’immaginario collettivo come "il" racconto natalizio per eccellenza. Il 24 dicembre del 1843, pochi giorni dopo la sua prima apparizione nelle librerie, il romanzo aveva già raggiunto le 6 mila copie vendute, una cifra eccezionale considerata l'epoca e l'elevato costo dei libri. Nel corso degli anni è stato oggetto di numerosissimi adattamenti cinematografici, teatrali e musicali, ma il fascino del racconto resta invariato, così come il significato profondamente sociale non smette di far riflettere.
La sera della vigilia di Natale Scrooge sta rincasando, e per uno strano caso gli sembra di vedere nella neve il volto del defunto socio in affari Marley: in effetti, di lì a poco, allo scoccare della mezzanotte, il fantasma di Marley apparirà preannunciando la venuta di altri tre Spiriti, quello del Passato, del Presente e del Futuro. Scrooge intraprenderà un viaggio attraverso i propri ricordi più tristi, il proprio presente senza colore ed un avvenire già scritto di solitudine e morte, per arrivare in fine al ravvedimento nei confronti degli altri e di se stesso. Non soltanto un personaggio letterario: Scrooge diventa per Dickens l'occasione di un duro attacco alle classi alte. L'autore, che nel bellissimo romanzo "Oliver Twist" si era scagliato con durezza contro la società vittoriana, costruisce attraverso la favola un racconto carico di umanità, profondamente inserito nella propria epoca storica.
Il presente: Ignoranza e Miseria
Prima di congedarsi, lo spettro mostra a Scrooge due bambini, che stavano ai suoi piedi nascosti dalla veste. Laceri e miserabili, essi rappresentano l'Ignoranza e la Miseria, le due piaghe alle quali i poveri sono condannati proprio dalla classe della quale Scrooge fa parte.
Erano un bambino e una bambina. Gialli, scarni, cenciosi, arcigni, selvaggi; ma prostrati anche nella umiltà loro. Scrooge indietreggiò, atterrito. Tentò di dire allo Spirito, il quale glieli additava, che quelli erano due bei bambini; ma le parole gli fecero groppo, anzi che partecipare alla enorme menzogna. "Spirito! son figli tuoi?", domandò Scrooge. "Sono figli dell'Uomo", rispose lo Spirito chinando gli occhi a guardarli. "E a me s'attaccano, accusando i padri loro. Questo bambino è l'Ignoranza. Questa bambina è la Miseria. Guàrdati da tutti e due, da tutta la loro discendenza, ma soprattutto guardati da questo bambino, perché sulla sua fronte io vedo scritto: "Dannazione", se la parola non è presto cancellata". "Non hanno un rifugio?" domandò Scrooge, "non c'è per loro un sollievo?". "E non ci son forse prigioni?", ribatté lo Spirito, ritorcendogli contro le sue proprie parole. "Non ci son forse case di lavoro?".
Ebenezer Scrooge, un personaggio senza tempo
"Caldo e freddo non facevano effetto sulla persona di Scrooge. L'estate non gli dava calore, il rigido inverno non lo assiderava. Non c'era vento più aspro di lui, non c'era neve che cadesse più fitta, non c'era pioggia più inesorabile. Il cattivo tempo non sapeva da che parte pigliarlo. L'acquazzone, la neve, la grandine, il nevischio, per un sol verso si potevano vantare di essere da più di lui: più di una volta si spargevano con larghezza: Scrooge no, mai". Arcigno, burbero e profondamente disgustato dal Natale, mentre è seduto al banco della sua bottega Ebenezer Scrooge non sospetta ancora cosa di lì a poco gli accadrà: un'occasione unica di ravvedersi, di cambiarsi. Il Canto è certamente un racconto fantastico, ma che racchiude verità profonde. Non è un caso che nel corso del Novecento, il personaggio di Scrooge venga assimilato ad alcuni simboli tradizionalmente legati al mondo del capitalismo anglosassone, come Zio Paperone, che nella fortunata versione del racconto della Disney viene chiamato Uncle Scrooge.
Uno dei primi lettori affascinati del racconto fu Robert Louis Stevenson, che disse a riguardo: "ho pianto come un bambino, ho fatto uno sforzo impossibile per smettere. Voglio uscire a fare del bene a qualcuno. Oh, come è bello che un uomo abbia potuto scrivere libri come questi riempiendo di compassione il cuore della gente!"