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Il calvario dell’infermiera di Piombino: “Sbattuta in prima pagina come fossi un mostro”

Al Corriere della Sera, l’infermiera di Piombino, Fausta Bonino, racconta il suo calvario giudiziario: “Si sono convinti a priori che io fosse colpevole e le indagini hanno seguito questa loro errata consapevolezza”.
A cura di Charlotte Matteini
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INFERMIERA KILLER DI PIOMBINO, FAUSTA BONINO E ALCUNE DELLE PRESUNTE VITTIME DELL'ARRESTATA

"Mi hanno messo le manette, rinchiusa in una cella, sbattuta in prima pagina come se fossi un mostro". In una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, Fausta Bonino – meglio conosciuta al grande pubblico come "l'infermiera killer di Piombino" accusata di aver ucciso 13 pazienti tra gennaio 2014 e settembre 2015 somministrando loro iniezioni di eparina – si sfoga e racconta il calvario giudiziario che ha vissuto – e continua a vivere – culminato con l'arresto e i 21 giorni di carcerazione preventiva scontati in una cella dell'istituto penitenziario Don Bosco di Pisa. Il tribunale del Riesame di Firenze, accogliendo l'istanza presentata dai difensori della Bonino, poco più di un mese fa ha sancito che l'infermiera dovesse essere scarcerata perché gli elementi indiziari raccolti dagli inquirenti "non sono connotati da gravità, precisione e concordanza".

La Bonino, ripercorrendo gli ultimi mesi del suo calvario, ha parlato a lungo delle indagini condotte dalla procura di Livorno e dai Nas, sostenendo che gli inquirenti, convinti della sua colpevolezza, abbiano svolto tutti i rilievi del caso allo scopo di confermare l'ipotesi formulata: "In quelle carte c’è scritto che non ci sono prove e che tutto ruota attorno a un assioma di procura e investigatori. Si sono convinti a priori che io fosse colpevole e le indagini hanno seguito questa loro errata consapevolezza", ha spiegato Fausta Bonino. Non solo, l'infermiera toscana ha inoltre raccontato che durante gli interrogatori, ci sono stati dei momenti in cui hanno cercato di convincerla a confessare gli omicidi: "E soprattutto ho subito interrogatori durante i quali si è tentato di farmi dire ciò che non era vero e non pensavo affatto". Secondo l'accusa, infatti, la Bonino soffrirebbe di un disturbo psichiatrico di tipo dissociativo, disturbo che l'avrebbe portata a commettere gli omicidi senza poi ricordare nulla:

"E’ stata una tortura psicologica iniziata quando sono partite le indagini e proseguita sino al giorno dell’arresto. Era presente anche mio marito quando un maresciallo donna dei Nas mi ha detto che, se volevo essere aiutata, dovevo dire che non ricordavo ma che potevano essere successe queste cose. Mio marito allora ha detto agli investigatori che forse avevano visto troppe puntate della fiction Criminal Minds e l’hanno fatto allontanare. Mio marito, che mi conosce da 38 anni, non ha mai dubitato di me, neppure un attimo e per questo lo amo ancor di più".

Bonino prosegue raccontando che il giorno dell'udienza per la sua scarcerazione, il pubblico ministero chiese al tribunale del Riesame di convalidare il fermo perché "se mi avessero mandata a casa avrei potuto uccidere marito e figli". Tesi non accolta, la Bonino è stata scarcerata dopo 21 giorni di galera. L'inchiesta prosegue e la sua posizione non è ancora stata stralciata dagli inquirenti, che continuano a indagare su di lei.

Alla domanda, "Se dovesse essere prosciolta, chiederà i danni?, Bonino, concludendo l'intervista, risponde: "Naturalmente, anche se sono consapevole che chi ha sbagliato non avrà alcuna conseguenza. I danni più grandi però li pagheremo io e mio marito per tutta la vita".

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