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Il 10 ottobre è la Giornata Mondiale contro la Pena di Morte

Nella giornata Mondiale contro la pena di morte, Amnesty ricorda l’impegno a favore dell’abolizione della pena capitale in Bielorussia. In Italia si celebra il 25esimo anniversario dall’approvazione della Legge Gozzini per la prevalenza della funzione rieducativa della pena.
A cura di Simona Saviano
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Amnesty International ha decretato il 10 ottobre come giornata mondiale contro la pena di morte

Dopo l'esecuzione di Troy Davis del 22 settembre scorso, si torna a parlare di pena di morte. Il 10 ottobre ricorre la Giornata Mondiale contro la Pena di Morte. Dal 2010 ad oggi la situazione è notevolmente migliorata, come dimostrato dai monitoraggi costanti dell'Organizzazione non governativa Amnesty International. Alla fine dello scorso anno si stimavano quasi 18.000 persone nel braccio della morte e solo in Iran (ma i dati non sono ovviamente confermati) ci sarebbero state 460 esecuzioni da gennaio 2011 ad oggi.

Il 2011 è anche il cinquantenario della nascita di Amnesty International, tantissimi sono stati i passi in avanti, ma parte di quel senso di impotenza che portò alla nascita della ONG nel 28 maggio 1961 Amnesty International descritto in un articolo pubblicato sul "The Observer" circa un

nauseante senso di impotenza. Ma se questi sentimenti di disgusto ovunque nel mondo potessero essere uniti in un’azione comune qualcosa di efficace potrebbe essere fatto

è presente ancora oggi, e gli sforzi delle campagne internazionali contro la pena di morte e in favore dei "prigionieri dimenticati" sembrano più importanti che mai.

La Bielorussia nel mirino della Giornata Mondiale contro la Pena di Morte

Nell'ultimo rapporto Amnesty pubblicato a maggio, si dimostra come la pratica della pena di morte sia nel corso del tempo andata riducendosi; tuttavia, oggi si fa luce sull'ultimo paese europeo che ancora non ha abolito la pena di morte: la Bielorussia. 

“ Ogni uomo ha una dignità umana che è preziosa per tutti. Denigrare questa dignità significa denigrare tutti gli esseri umani ”
Rosemary Thomas, ambasciatrice in Bielorussia
Nel paese dell'ex Unione Sovietica sono state praticate in 20 anni almeno 400 esecuzioni, in particolar modo i detenuti bielorussi vengono uccisi con uno sparo alla nuca. Una situazione assolutamente inaccettabile, che Amnesty incoraggia a fermare con una nuova campagna, sostenendo l'organizzazione nazionale Viasna Human Right Center.

La situazione in Bielorussia è decisamente critica, grazie al segreto che avvolge le esecuzioni capitali. Secondo Amnesty i prigionieri "vengono informati solo pochi minuti prima dell'esecuzione, che avviene con un colpo di proiettile alla nuca… Le famiglie sanno dell’esecuzione solo dopo settimane o persino mesi dopo; non ricevono i corpi dei loro cari messi a morte e non vengono informate sul luogo in cui sono stati sepolti".

Buone notizie provengono dal mondo internazionale: nel maggio scorso la Cina ha affermato di aver sospeso per due anni la pena capitale, e lo Stato americano dell'Illinois ha abolito la pena di morte, segno di una rinnovata coscienza della vera e propria "inutilità" della pena di morte in quanto metodo deterrente e forse questo "ravvedimento" è anche frutto delle pressioni dell'opinione pubblica internazionale. Grazie agli innumerevoli appelli internazionali, e forse grazie alle pressioni dopo l'esecuzione di Troy Davis, proprio in questi giorni in America è stata sospesa la pena di Marcus Ray Johnson, un condannato a morte, sulla cui colpevolezza sussistevano dubbi.

Diminuiscono i paesi in cui è prevista la pena di morte

Lo stesso discorso non vale per paesi come Iran, Arabia Saudita, alcuni stati USA e Yemen, che restano tra i paesi che ancora ricorrono alle esecuzioni capitali (Amnesty ricorda anche che spesso in Arabia Saudita, negli Emirati Arabi Uniti e in Iran ci sono state delle condanne a morte per reati commessi dai detenuti con un'età inferiore a 18 anni).

In Italia ricorre il 25esimo anniversario della Legge Gozzini

Il 10 ottobre è anche una data storica per l'Italia: con la legge n. 663 nel 1986 passò in Parlamento con un grande consenso la Legge Gozzini per la prevalenza della funzione rieducativa della pena. Nel 1986 solo i deputati MSI votarono contro la legge che dà attuazione all'articolo 27 della Costituzione italiana, secondo il quale "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte". 

“ Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono ”
Papa Giovanni Paolo II
Con questa legge "storica" si stabilisce un principio sacrosanto: qualsiasi tipo di pena deve per forza di cose avere come obiettivo una rieducazione del carcerato. E' grazie a questo provvedimento che sono state create le prime misure "alternative alla detenzione" come i permessi premio, la detenzione domiciliale in alcuni casi specifici, la semilibertà, e con modifiche successive si stabilì anche la "non menzione", con la quale si prevede in alcuni casi (per il detenuto che abbia una condotta esemplare che abbia ricevuto uno sconto di pena) la possibilità di uscire dal carcere con la fedina penale pulita, proprio per facilitare un reinserimento nella società (in ambito lavorativo soprattutto). Inoltre, con questa legge del 1986 si è istituito il carcere duro per alcuni particolari reati grazie all'articolo 41 bis, poi modificato nel 2002.

La pena di morte oggi divide l'opinione pubblica, ma esistono indubbiamente tantissimi motivi, sostenuti anche da Amnesty International, per i quali la pratica della pena capitale dovrebbe del tutto essere eliminata: non esiste nessuna correlazione certa tra l'applicazione della pena di morte e la riduzione dei reati per i quali è prevista, insomma la funzione deterrente non è assolutamente provata. Viola il diritto universale alla vita e impedisce qualsiasi tipo di reinserimento del detenuto nella società

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