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Opinioni

I requisiti e gli elementi del testamento olografo: Cassazione del 28.05.2012 n. 8490

Scrivere “tutti i miei beni sono di mia moglie” è sufficiente per far qualificare un documento come un testamento olografo ex art. 602 c.c.? In altre parole esiste, in tal caso, una volontà testamentaria anche in presenza degli elementi previsti dall’art.602 del codice civile ?
A cura di Paolo Giuliano
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Con il testamento si manifesta la volontà di disporre  dei propri beni per il tempo in cui si sarà cessato di vivere.

Il testamento si distingue in testamento pubblico quando viene redatto da un notaio (in tal caso sarà tale professionista che riceverà le volontà del testatore e le trasferirà in forma scritta). Invece, il testamento è olografo, se è scritto materialmente dal testatore (una più approfondita disamina dei vari tipi di testamento può essere letta in un precedente articolo pubblicato nella sezione Diritto e Diritti di Fanpage)

Alla base del testamento (sia pubblico che olografo) c'è la volontà del testatore di disporre dei propri beni per il tempo in cui avrà cessato di vivere (in mancanza di testamento si apre la successione ab intestato in cui è la legge ad individuare gli eredi). La volontà è un elemento imprescindibile per qualificare un dato documento come testamento, in mancanza della volontà di testare un qualsiasi documento non può essere qualificato come testamento (si anticipa che la Cassazione ha proprio dovute decidere se un documento contenente la dichiarazione "i miei beni sono tuoi" o "tutti i  miei beni sono di mia moglie" può essere qualificato come testamento, cioè ha dovuto decidere se una tale dichiarazione possa integrare o rappresentare la volontà testamentaria).

Per il testamento olografo, oltre alla volontà del testatore, sono richiesti dal legislatore altri elementi, questi ulteriori requisiti sono  indicati nell'art. 602 del c.c.. In particolare è richiesto che il testamento olografo sia scritto per intero dal testatore (cioè deve essere scritto di pugno del testatore e, quindi, non può essere dattiloscritto con mezzi meccanici e poi sottoscritto dal testatore, così come, il testamento olografo non può essere scritto da terzi soggetti, diversi dal testatore, e poi sottoscritto da quest'ultimo), in poche parole il legislatore richiede come requisito essenziale del testamento  olografo che il contentuto del testamento sia redatto e scritto personalmente da testatore è richiesta, cioè, l'olografia sia del contentuto del testamento che della sottoscrizione del testamento.

Il testamento olografo, come già accennato, deve essere sottoscritto dal testatore (indicando nome e cognome)  questo significa che un testamento olografo non sottoscritto non può essere considerato "testamento" e non può essere imputato ad un determinato soggetto. Infine, il testamento olografo deve essere datato (indicando il giorno mese ed anno).

Ora, un documento con cui si dichiara che "i miei beni sono di mia moglie" è un testamento ? In altri termini questa frase è sufficiente per far presumere che sussiste una volontà di testare ed è sufficiente per far pensare che sia stato redatto un testamento (fermo restando che non esistono formule "sacramentali" con cui redigere un testamento) oppure manca la volontà di testare e, quindi, tale documento non è un testamento ?

Se si accoglie la ricostruzione che manca la volontà di testare è possibile fare riferimento ad altri elementi per interpretare e/o integrare il documento, (come ad esempio la busta in cui il documento è contenuto sulla quale è apposta la scritta la parola "testamento" o "mio testamento"; oppure alla frase contentuta nel documento del tipo : "nel pieno delle mie facoltà mentali", propria dei testamenti), in altri termini, elementi di questo tipo possono essere usati per integrare l'intepretazione del documento o per integrare elementi mancanti ?

La risposta che fornisce la Cassazione è negativa, in mancanza di una volontà testamentaria, la presenza dei requisti dell'art. 602 c.c. o di altri elementi usualmente tipici per un testamento non possono far pensare che un dato documento contenga un testamento o sia qualificabile come un testamento.

Cassazione civ. sez. II, del 28 maggio 2012 n. 8490

4.1. – I motivi tesi alla esclusione della possibilità di attribuire natura di testamento alla scrittura del 27 settembre 1987, sono fondati nei sensi e nei limiti di seguito indicati.

4.2. – Va, anzitutto, sgombrato il campo dall'equivoco concettuale che sì annida nell'adozione da parte della Corte di merito della espressione «con riferimento al testamento vige il principio della liberta di forma». Risulta, infatti, evidente che il giudice di appello non ha inteso porre in discussione il rigore formale che deve caratterizzare il testamento, la cui solennità trova fondamento nella importanza sociale dell'atto, alla quale il testatore deve essere richiamato, e nella esigenza di garantirne la spontaneità e la serietà. Il richiamo operato nella sentenza impugnata al principio della libertà di forma ha avuto, piuttosto, nella economia della decisione, il significato di una sottolineatura della non necessità, perché un atto possa qualificarsi come testamento, dell'uso di formule sacramentali per manifestare l'intenzione dell'autore che esso costituisca l'atto con il quale egli dispone delle proprie sostanze per il tempo in cui avrà cessato di vivere, essendo, invece, sufficiente che risulti in modo univoco dal suo contenuto che si tratti di atto di ultima volontà.

4.3. – Ciò posto, deve rilevarsi come problema distinto da quello della necessità di formule sacramentali quale requisito di validità del testamento sia quello della esigenza della riscontrabilità nell'atto dì una volontà testamentaria validamente espressa in un atto il quale abbia i requisiti formali di un testamento olografo. A tale quesito deve darsi risposta affermativa, poiché, proprio in considerazione della serietà dell'atto e delle sue conseguenze giuridiche, vanno individuati i requisiti minimi di riconoscibilità oggettiva nell'atto di cui si tratta di un negozio mortis causa, che valgano, ad esempio, a distinguerlo da una donazione, o da un riconoscimento dì debito etc. Si versa, qui, in un campo che rappresenta un prius logico rispetto alla stessa interpretazione della volontà testamentaria. E, dunque, non v'è luogo a discettare sull'applicabilità o meno dell'art. 1367 cod. civ., peraltro generalmente riconosciuta. Infatti, il problema della configurabilità oggettiva di una volontà testamentaria nelle espressioni adottate nella scrittura da esaminare prescinde anche dall'effettivo intento dell'autore della scrittura. Si intende, in altri termini, affermare che una volontà che non sia sostenuta da una espressione oggettivamente idonea, sulla base di sia pure minimali frecce semantiche, a rappresentare l'intento attuale di disporre del proprio patrimonio per il tempo in cui si sarà cessato di vivere, e non già un mero progetto, non può assumere rilevanza giuridica.
Va, in proposito, ricordato che in dottrina il c.d. formalismo testamentario è stato giustificato in base alla considerazione che il testamento costituisce atto di particolare gravità, perché destinato a valere post mortem e in quanto contiene precetti rivolti a persone diverse dal suo autore, non essendo più in vita il disponente nel momento in cui le regole da lui dettate avranno esecuzione: sì deve, perciò, essere certi che esse corrispondano al suo obiettivo volere, poiché soltanto sul presupposto di tale garanzia il legislatore e disposto a riconoscerne il carattere vincolante post mortem. Nella giurisprudenza di questa Corte si e affermato che ciò significa che per decidere se un documento abbia i requisiti intrinseci dì un testamento olografo, occorre accertare se l'estensore abbia avuto la volontà dì creare quel documento che si qualifica come testamento: è, eroe, necessario che emerga una volontà attuale (Cass., sent. 12 ottobre 1957, n. 3785). Con riferimento ad una ipotesi per certi versi simile – ricordata anche dalla ricorrente – , e cioè al problema del cd. testamento epistolare, sì è affermato che l'accertamento della intenzione dell'autore va compiuto sulla base di rigorose indagini, il cui risultato si presenti univoco, nel senso che risulti con certezza che con esso si sia inteso porre in essere una disposizione di ultima volontà (Cass., sent. 21 gennaio 1964). Nello stesso ordine di idee in dottrina si è ritenuto che non sia sufficiente la manifestazione di una intenzione o di un desiderio. Ne consegue che come il dire "istituirò mio erede" non equivale a "istituisco mio erede", così come dedotto dalla ricorrente, con riferimento alla attuale controversia il fatto che R.P. abbia scritto "Tutti i miei beni seno esclusivamente di proprietà della mia signora" non equivale a "istituisco erede in tutti i miei beni mia moglie".

4.4. – Nella specie, non emerge dalla sentenza impugnata la consapevolezza di una tale problematica, non rinvenendosi alcuno spunto in tal senso. A prescindere dall'erroneo rilievo attribuito alla espressione «in piene facoltà mentali», contenuta nella scrittura del R.P. 27 settembre 1987 e riferita a se stesso – espressione che, se, come sostenuto dalla Corte ligure, nella cultura popolare viene generalmente associata alla redazione delle ultime volontà, non può però avere valore dirimente – , la sentenza impugnata si limita alla constatazione che il documento in questione contiene tutti i requisiti di un testamento olografo ai sensi di cui all'art. 602 cod. civ., ed alla considerazione che la locuzione «tutti i miei beni… sono esclusivamente di proprietà dì mia signora» non potrebbe avere senso se non in quanto rivolta al futuro, perché, in caso contrario, essa equivarrebbe al riconoscimento da parte del R.P. di essere un mero intestatario fiduciario: ciò che, secondo la Corte di merito, non sarebbe plausibile, tant'è che non era stato neanche ipotizzato dalla controparte. Ma nessuna seria considerazione contrappone il giudice di secondo grado alla oggettiva constatazione della mancanza nella scrittura de qua di alcuna disposizione in ordine alla sorte futura dei suoi beni.

6. – Inoltre, è infondata l'affermazione secondo cui la natura di testamento del documento sopra menzionato sarebbe confermata dall'esame della busta che lo conteneva, sulla quale il Pretini aveva scritto la parola "testamento".  La rilevanza della frase apposta sulla busta consegnata al notaio che faceva riferimento ad un «testamento per M.D.O.» è stata invero del tutto esclusa dalla Corte di merito, la quale ha fondato il proprio convincimento in ordine alla configurabilità nella scrittura del 27 settembre 1987 di un testamento su altre argomentazioni (peraltro non convincenti per le considerazioni dianzi svolte), astenendosi dal sottoporre a revisione critica il rilievo del giudice di primo grado secondo il quale il documento olografo non risultava piegato in modo tale da poter essere contenuto in una busta delle dimensioni di quella consegnata al notaio e recante la richiamata dicitura. Ne è nella presente sede ipotizzabile una rivalutazione delle risultanze, non smentite dal giudice di appello, della indagine di merito del Tribunale, fondata, tra l'altro, anche sulle dichiarazioni del notaio che ricevette il documento, e non solo sulla rilevata mancanza di piegatura del foglio contenente la scrittura del R.P.

8. – Conclusivamente, la sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata, e la causa rinviata ad un diverso giudice che riesaminerà la controversia facendo applicazione del seguente principio di diritto: «Ai fini della configurabilità di una scrittura privata come testamento olografo, non e sufficiente il riscontro della sussistenza dei requisiti di forma individuati dall'art. 602 cod. civ., occorrendo altresì l'accertamento della oggettiva riconoscibilità nella scrittura della volontà attuale del suo autore di compiere un atto dì disposizione del proprio patrimonio per iì tempo successivo al suo decesso. Tale accertamento, che costituisce un prius loaico rispetto alla stessa interpretazione della volontà testamentaria, è rimesso al giudice del merito e, se congruamente e logicamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità».

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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