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I principi e i motivi di addebito della separazione dei coniugi

I principi generali dell’addebito della separazione o divorzio dei coniugi, la natura giuridica dell’addebito, il rapporto tra addebito e la fine del matrimonio, i motivi di addebito (abbandono del tetto coniugale, infedeltà, maltrattamenti, violenza, mancanza di affetto)
A cura di Paolo Giuliano
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Fonti normative

L'addebito è previsto dal legislatore nell'art. 151 c.c. rubricato come "Separazione giudiziale", il quale  prevede che "La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole. Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio" .

Ratio dell'addebito

Come risulta dal testo della legge la separazione discende dell'intollerabilità della convivenza.

L'intollerabilità della convivenza può dipendere da tanti motivi, alcuni sono indipendenti dai coniugi, (malattie psichiche), altri anche se sono imputabili agli stessi coniugi non dipendono da loro scelte consapevoli o errate, (si pensi all'incompatibilità caratteriale) o da violazione degli obblighi derivanti dal matrimonio, (obbligo di fedeltà ecc.),  altri motivi, ancora, sono il frutto di colpa e responsabilità dei coniugi e dipendono dalla violazione degli obblighi derivanti dal matrimonio (es. adulterio, relazioni extraconiugali).

L'addebito è solo un giudizio diretto a valutare se un dato evento o comportamento, che ha reso impossibile la convivenza, è imputabile a colpa del coniuge. In concreto la domanda di addebito consiste in un giudizio relativo a quale dei due coniugi ha determinato la fine del matrimonio e/o ha reso intollerabile la convivenza.

Proprio perchè i motivi che portano alla fine dell'unione matrimoniale sono molteplici e possono anche non dipendere dalla violazione degli obblighi matrimoniali, risulta evidente che non sussiste un rapporto conseguenzialità obbligatoria tra la separazione e l'addebito della stessa.

Natura giuridica della domanda di addebito

Come già detto, la valutazione sull'addebito non è automatica, proprio per la diversa natura dei motivi che portano alla separazione, ma la mancanza di un rapporto automatico tra la separazione e l'addebito della stessa discende anche dalla natura giuridica della richiesta di addebito.

Infatti, la valutazione dell'addebito non è automatica, ma dipende anche da una precisa domanda (processuale) di uno dei coniugi, in mancanza di una espressa domanda il giudice non può esprimersi sull'addebito. Quindi, anche in presenza di una separazione imputabile a colpa di uno dei due coniugi, il coniuge che ha subito la violazione dei doveri coniugali può decidere di non chiedere che la separazione sia addebitata all'altro coniuge.

Sul punto la Cassazione ha stabilito che si è in presenza di una vera e propria  domanda autonoma rispetto la richiesta di separazione: Cass. sez. Un. del 03.12.2001 n. 15248 "si deve affermare che, nel giudizio di separazione personale dei coniugi, la richiesta di declaratoria d’addebitabilità della separazione stessa, avanzata ai sensi dell’art. 151 comma II c.c. dalla parte attrice con l’atto introduttivo o dalla parte convenuta in via riconvenzionale, ha natura di domanda autonoma, pure se logicamente subordinata alla pronuncia di separazione, in quanto non sollecita mere modalità o varianti dell’accertamento già devoluto al giudice con la domanda di separazione, ma amplia il tema dell’indagine su fatti ulteriori ed indipendenti da quelli giustificativi del regime di separazione, ed inoltre tende ad una statuizione aggiuntiva, priva di riflessi sulla pronuncia di separazione e dotata di propri effetti di natura patrimoniale, e che, pertanto, in carenza di ragioni o norme derogative dell’art. 277 comma II cpc, il giudice del merito può limitare la decisione alla domanda di separazione, se ciò risponda ad un apprezzabile interesse della parte e se non sussista per la domanda stessa la necessità di un ulteriore istruzione".

Trattandosi di domanda processuale, la domanda di addebito può essere proposta in via diretta con la domanda di separazione o in via riconvenzionale dal coniuge convenuto e, in quanto domanda processuale, è sottoposta a tutte le decadenze e preclusioni previste dal codice di procedura, inoltre, deve essere motivata ed, infine, è soggetta ad appello ove  non impugnata, passa in giudicato.

L'addebito può anche essere la base di un autonoma domanda di risarcimento dei danni, resta solo da chiedersi se il risarcimento dei danni può essere chiesto durante il procedimento di separazione o deve essere oggetto di un autonomo giudizio.

Il rapporto tra addebito e fine del matrimonio.

Principio generale, applicabile a tutte le cause di addebito della separazione, è quello secondo cui il comportamento che ha dato vita all'intollerabilità della convivenza (o alla fine del matrimonio)  – e su cui si basa la dichiarazione di addebito – deve essere la causa principale della separazione e non deve essere intervenuto dopo che la convivenza era già divenuta impossibile. In altre parole, se il motivo di addebito è successivo alla crisi matrimoniale (cioè avviene dopo la fine della convivenza o avviene dopo che la convivenza è già diventata intollerabile) ed è una conseguenza della fine del legame matrimoniale è assolutamente irrilevante e non può dare vita a nessuna condanna per addebito della separazione, al contrario, ai fini dell'addebito della separazione è rilevante solo il comportamento che avviene prima della crisi matrimoniale e che è causa diretta della fine della convivenza o che determina intollerabile dal convivenza.

In breve, per rendere più chiaro quanto detto, si pensi, ad esempio, al caso in cui due coniugi vivono separati di fatto da anni e dopo la loro separazione di fatto cominciano a frequentare altre persone, nell’ipotesi descritta è ovvio che ”l’infedeltà” segue la crisi matrimoniale e non è causa della stessa, al contrario, è diametralmente diversa la situazione in cui l’infedeltà di uno dei due coniugi scatena (cioè è causa) della crisi matrimoniale (basta pensare all'infedeltà durante il matrimonio). Cass. civ. sez. VI del 22 giugno 2012, n. 10483 ""la pronuncia di addebito non puo' fondarsi sulla sola violazione dei doveri nascenti dal matrimonio, essendo invece necessario accertare se tale violazione non sia intervenuta quando gia' si era maturata e in conseguenza di una situazione d'intollerabilita' della convivenza (Cass., 23 maggio 2008, n. 13431). Sotto quest'ultimo profilo risulta pienamente rispettato, il principio che impone, una volta accertata una condotta contraria ai doveri nascenti dal matrimonio, di procedere ad accertare se vi e' la preesistenza d'una crisi gia' irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza solo formale (Cass., 19 luglio 2010, n. 16873)".

Naturalmente le situazioni concrete non sono mai così semplici, infatti, possono esserci violazioni degli obblighi matrimoniali da parte di entrambi i coniugi,  allora,  occorre chiedersi in presenza di violazioni reciproche degli obblighi coniugali da parte dei coniugi come stabilire a carico di deve essere dichiarato l'addebito ? Non esiste una regola generale, ma occorre analizzare vicenda per vicenda; bisogna,  infatti, verificare quale è stata la causa scatenante che ha posto fine al matrimonio.

Per rendere più semplice questo concetto, basta pensare al caso in cui  c'è un abbandono del tetto coniugale da parte di uno dei coniugi, (tipico cosa di violazione degli obblighi matrimoniali), ma la "fuga" del coniuge è attuata  per sottrarsi alla violenza dell'altro coniuge (altra violazione degli obblighi matrimoniali), in questa situazione quale è il comportamento che rende intollerabile la convivenza ? la fuga dal tetto coniugale o la violenza ? è evidente che la fuga o l'abbandono del tetto coniugale non è addebitabile al coniuge, perché l'elemento che rende intollerabile la convivenza è la violenza.

Prova dell'addebito

L'elemento da cui deriva l'addebito deve essere provato, con i normali mezzi di prova, ma anche con presunzioni, basate su fatti successivi alla fine della convivenza  Cassazione civ. sez. I del 4 giugno 2012 n. 8928 "Non puo' dubitarsi, infatti, della possibilita' di inferire, sulla base di un comprovato episodio di violenza (quale quello accertato in sede penale e non contestato neppure dal ricorrente), la veridicita' della denuncia di precedenti comportamenti analoghi, verificatisi all'interno della mura domestiche (cfr., in motivazione, Cass., 14 gennaio 2011, n. 817). La corte territoriale ha per altro fatto applicazione del principio gia' affermato da questa Corte, secondo cui la condotta tenuta da uno dei coniugi dopo la separazione e in prossimita' di essa, se pure priva di efficacia autonoma nel determinare l'intollerabilita' della convivenza, puo' comunque essere valutata dal giudice, quale elemento alla luce del quale valutare la condotta pregressa ai fini del giudizio di addebitabilita' (Cass., 2 settembre 2005, n. 177810)".

Il perdono o la volontà riconciliativa come mezzo per escludere l'addebito

Come si è detto l'addebito può essere chiesto, ma il coniuge che ha subito la violazione degli obblighi matrimoniali potrebbe decidere di non chiedere l'addebito, questo è un comportamento lecito che, però, non presuppone un "perdono". Resta da analizzare la diversa questione se presentata la domanda di addebito, un perdono successivo alla domanda di addebito o la manifestazione di una volontà riconciliativa eliminano la domanda di addebito o presuppongono una "rinuncia" alla stessa. E' ovvio che è possibile rinunciare alla domanda di addebito, ma più difficile interpretare il semplice  "perdono" o una generica   "volontà di riconciliarsi" come rinuncia alla domanda di addebito

La manifestazione di una  volontà riconciliativa non esclude l'addebito, soprattutto,  quando non è attribuibile ad entrambi i coniugi (quello che ha subito il torto e quello che ha prodotto la fine del matrimonio)  Cass. civ. sez. VI del 27 giugno 2013, n. 16270 "il vizio motivazionale denunciato con il ricorso ricorre pienamente, in quanto, pur movendo dalla premessa incontestata dell'adulterio aveva provocato la domanda di separazione con addebito da parte del coniuge, la corte territoriale, senza per altro evidenziare alcun elemento rimarchevole a carico di quest'ultimo, ne' la preesistenza di una crisi coniugale, ha escluso il nesso sulla base della mera disponibilita' al perdono manifestata dall' coniuge nel corso dell'udienza presidenziale. Orbene, non va omesso di considerare che una generica affermazione di volonta' riconciliativa, la quale di per se' non elide la gravita' del vulnus subito, e che, in ogni caso, costituisce un posterius rispetto alla proposizione della domanda di separazione, con richiesta di addebito, proprio per aver scoperto l'adulterio, in tanto puo' assumere valore in quanto determini un effettivo ristabilimento dell'armonia coniugale. Il presupposto dell'addebito e' invero rappresentato dal nesso causale che deve intercorrere tra la violazione dei doveri coniugali e la crisi dell'unione familiare, che va accertato verificando se la relazione extraconiugale, che di regola si presume causa efficiente di situazione di intollerabilita' della convivenza, rappresentando violazione particolarmente grave, non risulti comunque priva di efficienza causale, siccome interviene in un menage gia' compromesso, ovvero perche', nonostante tutto, la coppia ne abbia superato le conseguenze recuperando un rapporto armonico (Cass., n. 8512 del 2006; Cass., n. 25618 del 2007). Quando, al contrario, in presenza di una condotta univocamente trasgressiva e gravemente lesiva dei doveri coniugali, alla volonta' di riconciliazione non corrisponde un positivo riscontro da parte dell'altro, al quale e' attribuito il comportamento determinante la crisi della rapporto coniugale, appare evidente che si verifica la persistenza della situazione di crisi, quanto di quella condotta che alla intollerabilita' della convivenza si ritiene abbia dato luogo".

Le varie cause di addebito: il maltrattamento//

Il maltrattamento è sempre causa di addebito e non può essere mai giustificato, neppure sostenendo che deriva dal comportamento dell'altro coniuge o è stato procurato dall'altro coniuge. Cass. civ. sez. I del 14 aprile 2011 n. 8548 "Come noto, in tema di addebitabilita' della separazione personale, ove i fatti accertati a carico di un coniuge costituiscano violazione di norme di condotta imperative ed inderogabili – traducendosi nell'aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l'incolumita' e l'integrita' fisica, morale e sociale dell'altro coniuge, ed oltrepassando quella soglia minima di solidarieta' e di rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalita' del partner – essi sono insuscettibili di essere giustificati come ritorsione e reazione al comportamento di quest'ultimo, e si sottraggono anche alla comparazione con tale comportamento, la quale non puo' costituire un mezzo per escludere l'addebitabilita' nei confronti del coniuge che quei fatti ha posto in essere (cfr cass. 200415101; 200507321; 200605379)".

Violenza fisica o morale

E' causa di addebito la violenza fisica e morale, (come già detto, la violenza non è, neppure, giustificabile dalla "provocazione" dell'altro coniuge), inoltre è irrilevante se si tratta di un unico episodio di violenza o se si tratta di più episodi  Cassazione civ. sez. I del 4 giugno 2012 n. 8928 "A fronte della dimostrata condotta violenta del ricorrente, per altro reiterata nel tempo, correttamente e' stata accolta la domanda di addebito,  venendo in considerazione violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilita' della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilita' all'autore di esse, e da esonerare il giudice del merito, che abbia accertato siffatti comportamenti, dal dovere di comparare con essi, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze. Infatti tali gravi condotte lesive, traducendosi nell'aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l'incolumita' e l'integrita' fisica, morale e sociale dell'altro coniuge, ed oltrepassando quella soglia minima di solidarieta' e di rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalita' del partner, sono insuscettibili di essere giustificate come ritorsione e reazione al comportamento di quest'ultimo e si sottraggono anche alla comparazione con tale comportamento, la quale non puo' costituire un mezzo per escludere l'addebitabilita' nei confronti del coniuge che quei fatti ha posto in essere (Cass., 7 aprile 2005, n. 7321; Cass., 14 aprile 2011, n. 8548)".

Mancanza di rapporti affettivi, da cui discende la mancata intesa o vita sessuale

La mancanza di intesa sessuale,  (se debitamente comprovata), quale elemento che prova la carenza di legami tra i coniugi e l'intollerabilità della convivenza,  rende legittimo l'abbandono del tetto coniugale, e non costituisce causa di addebito Cass. civ. sez. I del 1 giugno 2012, n. 8773 "Nella specie, seppur in forma sintetica la motivazione della sentenza impugnata dà palesemente conto delle ragioni per cui essa stessa si conforma a quella di primo grado: si afferma infatti insussistente la violazione di obbligo matrimoniale da parte dell'A., in quanto l'abbandono della casa famigliare appariva determinato da giusta causa, debitamente comprovata e consistente nella mancata realizzazione tra le parti di una intesa sessuale "serena e appagante", richiamandosi correttamente al riguardo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di questa corte (per tutte, Cass. N. 17056 del 2007)".

Anche il persistente rifiuto di intrattenere rapporti affettivi e sessuali con il coniuge (quale elemento di prova della mancanza di legami affettivi tra i coniugi) costituisce motivo di addebito della separazione Cass. civ. sez. I del 6 novembre 2012, n. 19112 "La corte territoriale risulta infatti avere adeguatamente chiarito le ragioni della statuizione di addebito della separazione alla ricorrente, coerente  col principio di diritto gia' affermato da questa Corte (cfr cass. n. 6276 del 2005), secondo cui "Il persistente rifiuto di intrattenere rapporti affettivi e sessuali con il coniuge – poiche', provocando oggettivamente frustrazione e disagio e, non di rado, irreversibili danni sul piano dell'equilibrio psicofisico, costituisce gravissima offesa alla dignita' e alla personalita' del partner – configura e integra violazione dell'inderogabile dovere di assistenza morale sancito dall'articolo 143 cod. civ., che ricomprende tutti gli aspetti di sostegno nei quali si estrinseca il concetto di comunione coniugale. Tale volontario comportamento sfugge, pertanto, ad ogni giudizio di comparazione, non potendo in alcun modo essere giustificato come reazione o ritorsione nei confronti del partner e legittima pienamente l'addebitamento della separazione, in quanto rende impossibile al coniuge il soddisfacimento delle proprie esigenze affettive e sessuali e impedisce l'esplicarsi della comunione di vita nel suo profondo significato".

Abbandono del tetto coniugale

L'abbandono del tetto coniugale è causa di addebito, salvo che (applicando il principio generale sopra espresso sul rapporto tra addebito e separazione) non sia giustificato dalla fine della convivenza, cioè segue la fine della convivenza e dipende dalla fine del matrimonio, naturalmente occorre provare tale situazione (la fine pregressa del matrimonio): Cass civ. sez. I del 13 dicembre 2013, n. 27923 "principio più volte affermato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, quale violazione di un obbligo matrimoniale (art. 143, secondo comma, cod. civ.) che comporta l’impossibilità della convivenza: salvo che si provi – e l’onere incombe su chi ha posto in essere l’abbandono – che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata ed in conseguenza di tale fatto (Cass., sez. 1, 8 maggio 2013 n. 10719; Cass., sez. 1, 3 agosto 2007 n. 17056)".

L'abbandono del tetto coniugale è giustificato quando deriva dalla necessità di sottrarsi alla violenza del coniuge. (Cass. civ. sez. VI del 22 giugno 2012, n. 10483) .

Infedeltà

La violazione dell'obbligo di fedeltà è causa di addebito, ma sempre se l'infedeltà è precedente alla fine del matrimonio e non è successiva alla fine dello stesso. Cass. civ. sez I del 21 settembre 2012, n. 16089 "Resta infatti non intaccata dalle censure mosse dalla ricorrente l'ulteriore motivazione relativa all'insorgere della relazione extra-coniugale in un'epoca in cui il rapporto fra i due coniugi era gia' entrato in una crisi non piu' reversibile. Tale ratio decidendi appare conforme a quanto, piu' volte e' stato ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, e cioe' che l'inosservanza dell'obbligo di fedelta' coniugale non puo' giustificare, da sola, una pronuncia di addebito della separazione, qualora una tale condotta sia successiva al verificarsi di un'accertata situazione di intollerabilita' della convivenza, si' da costituire non la causa di detta intollerabilita' ma una sua conseguenza (Cass. civ. 19 settembre 2006, n. 20256)."

Cass. civ. sez. I del 11 dicembre 2013, n. 27730 "L’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale in tanto può giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, in quanto determini la situazione d’intollerabilità del protrarsi della convivenza coniugale ma non anche se intervenga dopo che questa situazione sia già maturata e dunque in un contesto di disgregazione della comunione materiale e spirituale (in tema, tra le numerose altre, cfr cass. n. 10742 del 1998; n. 2130 del 2001; n. 25618 del 2007, n. 9074 del 2011). "

Il coniuge nei cui confronti è pronunciata la sentenza di addebito perde il diritto al mantenimento ex art. 156 c.c.  Resta, invece, immutato l'obbligo di mantenimento per i figli del coniuge che ha causato l'addebito

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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