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I cinque grandi casi di cronaca nera risolti grazie al Dna

In molti casi l’analisi delle tracce biologiche presenti sulla scena del crimine ha consentito di risalire all’autore del delitto identificando l’omicida da una traccia di sangue o un capello. Il Dna ha rappresentato la vera pistola fumante in centinaia di delitti. Ecco quali sono i cinque casi italiani in cui la prova del Dna è stata decisiva.
A cura di Angela Marino
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È il Dna l'impronta irripetibile di un individuo, la sua traccia inequivocabile e nei delitti la firma incancellabile dell'assassino. In molti casi l'analisi delle tracce biologiche presenti sulla scena del crimine ha consentito di risalire all'autore del delitto identificandolo da una traccia di sangue, un capello o materiale organico di altro tipo. Il Dna ha rappresentato la vera pistola fumante in centinaia di delitti. Le nuove metodologie di indagine, introdotte dal Duemila, tuttavia, si sono rivelate preziose anche per la risoluzione di casi freddi. Ecco quali sono i cinque delitti italiani in cui la prova del Dna è stata decisiva.

L'omicidio di Yara Gambirasio

Yara Gambirasio, 13 anni, scompare da Brembate di Sopra il pomeriggio del 26 novembre del 2010. Esca di casa diretta al Centro sportivo della cittadina, a cinque minuti a piedi da casa sua, per consegnare uno stereo alle amiche. La sera, dopo aver atteso ore il suo ritorno a casa, i genitori danno l’allarme. Tre mesi dopo la scomparsa il corpo della studentessa viene ritrovato per caso in un campo a Chignolo d’Isola, a pochi chilometri de Brembate. Sugli slip e sui leggins di Yara viene rinvenuta una traccia biologica dalla quale è possibile estrarre un profilo genetico che viene attribuito a uno sconosciuto che da allora in poi verrà chiamato “Ignoto 1”. Dopo diversi mesi gli esperti identificano "ignoto 1" nel figlio biologico di Giuseppe Guerinoni, un uomo morto nel 1999, la cui salma viene riesumata per eseguire i test. Nel 2014, quattro anni dopo la scomparsa di Yara, Massimo Giuseppe Bossetti, 43 anni, muratore di Mapello, sposato e padre di tre figli, viene arrestato. È lui, secondo gli inquirenti, l'assassino della ragazzina seviziata a coltellate e poi lasciata a morire di stenti in una fredda giornata di novembre. A portare gli investigatori sulle tracce di Bossetti è solo la corrispondenza del Dna, nient'altro che quello. Una prova che la difesa dell'uomo minimizza e respinge con forza durante il processo, ribadendo l'innocenza dell'imputato e la sua estraneità alla vicenda. Massimo Bossetti è stato infine condannato all'ergastolo per il delitto. Nel loro atto d'appello, gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini hanno impugnato in appello la sentenza.

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L'assassinio di Elisa Claps

Elisa Claps aveva 16 anni quando è scomparsa da Potenza. Studentessa al terzo anno del liceo, cantava nel coro della parrocchia. Le sue tracce si persero il 12 settembre 1993, quando viene vista per l'ultima volta entrare nella Chiesa della Santissima Trinità. L'ultimo a parlare con la ragazza è Danilo Restivo, un conoscente della studentessa noto per il suo modo bizzarro e inquietante di corteggiare le ragazze. Il giovane aveva tentato di fare la corte anche ad Elisa, ma senza successo. Per anni della ragazza non si sente più parlare fino a quando, 17 anni dopo, il 17 marzo 2010, le spoglie della adolescente vengono ritrovate nel sottotetto della stessa chiesa in cui era stata vista l'ultima volta e in cui i genitori di Elisa avevano chiesto fin dall'inizio di controllare. Il resti della studentessa vengono scoperti per caso da alcuni operai impegnati nei lavori di ristrutturazione. Accanto alle ossa di Elisa ci sono anche un orologio, gli occhiali, gli orecchini, i sandali e i vestiti della ragazza. Il reggiseno era stato tagliato ed i jeans erano aperti, suggerendo l'ipotesi di una violenza sessuale che, visto lo stato dei resti, non fu possibile accertare. Il 19 maggio 2010, Danilo Restivo, viene arrestato a Bournemouth, nel Dorset, dove si era trasferito: è accusato dell'omicidio della sua ex vicina di casa, Heather Barnett. Il successivo 6 luglio l'Istituto di Medicina Legale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, accerta che le tracce di sperma trovate sul materasso vicino al cadavere corrispondono a due profili genetici: uno dei due è Danilo Restivo. Tracce del Dna dell'uomo vengono trovate anche sulla maglia che Elisa indossava quando fu uccisa. L'11 novembre 2011 Restivo viene condannato a 30 anni di carcere per l'omicidio Claps. Il 30 giugno 2011 Danilo Restivo è stato inoltre condannato all'ergastolo dalla Crown Court di Winchester per l'omicidio di Heather Barnett, uccisa il 12 novembre 2002 a Charminster.

Elisa Claps e Danilo Restivo
Elisa Claps e Danilo Restivo

Il delitto dell'Olgiata

Il 10 luglio 1991 nella villa del Olgiata, esclusivo quartiere della Capitale, fu uccisa la contessa quarantaduenne contessa Alberica Filo della Torre. La nobildonna era sposata con l'imprenditore Pietro Mattei ed era madre di due figli, Manfredi e Domitilla. Tutto inizia intorno alle 7 e 30 di quella giornata di luglio. Alberica fa colazione alle 8, poi, per alcune ore resta chiusa nella sua stanza dove viene trovata morta alle 11 del mattino. L'autopsia dice che è stata prima tramortita con un colpo e dopo strangolata con un lenzuolo. Quella mattina nella villa dell'Olgiata c'erano diverse persone intente nei preparativi della villa per la festa di anniversario dei coniugi Mattei prevista per la sera. Gli inquirenti intuiscono subito che ad uccidere la donna deve essere stato qualcuno che lei conosceva e che poteva muoversi facilmente nella lussuosa abitazione. I primi sospetti si concentrano su Manuel Winston, un dipendente filippino licenziato giorni prima e sul figlio dell'insegnante di inglese dei bambini, un giovane con problemi psichici. Entrambi vengono scagionati dal test del Dna che non dà risultati attendibili. Il caso viene abbandonato finché, nel 2007, a distanza di quasi venti anni e su richiesta di Pietro Mattei, vengono riesaminati alcuni elementi di prove sulla base dei moderni metodi di indagine, in particolare vengono esaminate le tracce biologiche sul lenzuolo che venne utilizzato per strangolare la vittima e sull'orologio della contessa. I test identificano proprio in Winston, scagionato anni prima, l'autore del delitto. Nel 2011 l'indagato confessa e l'anno successivo viene condannato a 16 anni di reclusione.

La contessa Alberica Filo della Torre e Manuel Winston
La contessa Alberica Filo della Torre e Manuel Winston

La strage della famiglia Carretta

Dal 4 agosto 1989, Giuseppe Carretta, Marta Chezzi e il figlio Nicola, di 23 anni, risultano scomparsi. A denunciare la loro sparizione è Ferdinando, figlio dei coniugi e fratello del 23enne. Il caso viene trattato dalla trasmissione Chi l'ha visto? e la famiglia viene cercata ovunque, ma senza risultati. Intanto, quattro giorni dopo la comparsa, Ferdinando incassa due assegni con firma falsificata: uno da cinque milioni a nome del padre e l'altro, da un milione di lire per conto del fratello. Gli inquirenti rintracciano la Ford Transit dei coniugi a Milano in parcheggio di viale Aretusa. Ferdinando Carretta, però, è già lontano, è fuggito a Londra dove resterà per 9 anni, mentre Giuseppe, Marta e Nicola vengono creduti scomparsi. Solo nel 1998, dopo che i carabinieri del Ris guidati dal generale Luciano Garofano identificano alcune tracce del suo Dna e di quello dei coniugi nella villa dei Carretta, il giovane decide di confessare l'omicidio. Intervistato da Chi l'ha visto?, Ferdinando Carretta, ammette per la prima volta di aver ucciso a colpi di pistola i genitori e il fratello. Dichiara di averli ammazzati e poi di averne scaricato i cadaveri – che non verranno mai più ritrovati – in una discarica. Nel 1999 Carretta è stato condannato per il triplice omicidio. È stato giudicato incapace di intendere e volere e rinchiuso nell'Opg di Castiglione delle Stiviere da dove esce nel 2003. Oggi Ferdinando Carretta è un uomo libero.

I coniugi Carretta e il figlio Ferdinando
I coniugi Carretta e il figlio Ferdinando

Il caso di Donato Bilancia

Donato Bilancia è un serial killer italiano ritenuto responsabile di 17 omicidi  commessi fra il 1997 e il 1998 in Liguria e nel basso Piemonte e del tentato omicidio di Lorena Castro. Il 16 ottobre 1997 Bilancia uccide Giorgio Centanaro, che lo aveva truffato al tavolo da gioco. Il 24 ottobre fredda Maurizio Parenti e la moglie Carla Scotto, derubandoli di 13 milioni e mezzo di lire in contanti e alcuni oggetti di valore. Le vittime successive s0no Bruno Solari e Maria Luigia Pitto, uccisi a Ventimiglia dove Bilancia mette a segno anche l'omicidio di Luciano Marro, cambiavalute, a cui sottrasse 45 milioni di lire. Il 25 gennaio 1998 uccide a Genova, Giangiorgio Canu, metronotte. Il 20 marzo è la volta di Enzo Gorni. Nello stesso periodo Bilancia comincia ad accanirsi sulle prostitute che frequenta abitualmente. Il 9 marzo a Varazze uccide una prostituta albanese. Il 18 marzo a Pietra Ligure è la volta di Ljudmyla Zubskova, di origini ucraine. Il 24 marzo a Novi Ligure, in Piemonte, tenta di uccidere la prostituta transessuale Lorena, che riesce a salvarsi fuggendo. Non si salvano, purtroppo, i due metronotte accorsi sul posto, che vengono freddati da Bilancia. Il 29 marzo l'uomo assassina un'altra prostituta, la nigeriana Tessy Adobo. Dopo il tentato omicidio di Lorena Castro – che fornì alle forze dell'ordine un identikit di Bilancia e una descrizione minuziosa della sua Mercedes – il killer cambia modus operandi e comincia a uccidere sui treni. Alla fine, l'uomo viene fermato casualmente per la mancata restituzione di una Mercedes corrispondente in tutto a quella descritta da Lorena. Ma è solo la prova del Dna, prelevato da alcuni mozziconi di sigaretta e da una tazzina di caffè del Bilancia, a confermare che si tratta del pluriomicida ricercato dalla polizia. Il suo campione venne confrontato con quello dell'assassino di Maria Angela Rubino. Donato Bilancia ha confessato di tutti gli omicidi e per questo è stato condannato a 13 ergastoli e 16 anni di reclusione per il tentato omicidio di Lorena Castro.

Donato Bilancia
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