Tanto tuonò che non piovve: ci si attendeva in giornata qualche maggiore informazione a seguito degli annunciati Cda di Mps e di Banca Carige, ma per ora tutto tace. E sì che di cose da dire ce ne sarebbero, tanto a Siena quanto a Genova. Quanto alla prima, si potrebbe cercare di capire cosa abbia portato l’istituto a sbattere sostanzialmente la porta in faccia, per la seconda volta, all’ex numero uno di Intesa Sanpaolo ed ex ministro Corrado Passera, che ieri ha ritirato ufficialmente anche la seconda versione del suo “piano B” per Mps.
Al riguardo c’è chi dice che si sarebbe trattato di ipotesi eccessivamente “dure” avanzate da Passera per quanto riguarda i futuri tagli a filiali e dipendenti (che per ora Marco Morelli, numero uno di Mps, valuta in 2.600 esuberi netti nell’arco del piano elaborato da Jp Morgan e Mediobanca, quello che in questi giorni sta illustrando ai potenziali “investitori ancora” dal Qatar agli Stati Uniti, prima di sbarcare in Asia e poi a Londra).
L’ipotesi non trova per ora riscontri, tanto più che la proposta presentata da Passera in Consob era incentrata sulla struttura del rafforzamento patrimoniale (che la Bce ritiene necessario nella misura di 5 miliardi di euro) con una serie di interventi volti a ridurre le dimensioni dell’aumento da lanciare sul mercato almeno in parte recepiti nella nuova versione del “piano A”, dalla preventiva conversione su base volontaria dei 2,5 miliardi di bond “lower tier 1” e “lower tier 2” alla ricerca di investitori in grado di sottoscrivere partecipazioni rilevanti del capitale di Mps.
Quanto a Banca Carige, il Cda odierno era chiamato a predisporre una risposta alle richieste avanzate dalla Bce, che vorrebbe un deciso incremento del taglio dei crediti deteriorati (Npl), attualmente ipotizzato in 1,8 miliardi di cui 900 milioni entro fine anno e 900 milioni entro l’anno venturo. La Banca Centrale ha proposto di dismettere 1,5 miliardi di Npl entro il 31 gennaio prossimo, per poi cedere altri 1,8 miliardi da fine 2017 (quando dovrebbero essere pari a 5,5 miliardi) a fine 2019 (quando la Bce vorrebbe non superassero i 3,7 miliardi).
Una simile correzione rischia di costringere la banca a dover accettare un prezzo di cessione delle sofferenze inferiore a quello finora ipotizzato, con impatti negativi sui conti che a quel punto potrebbero aver bisogno dell’aumento di 400-500 milioni di euro (a fronte di 257 milioni di capitalizzazione attuale del titolo in borsa) di cui si parla da questa estate e che i vertici di Banca Carige non vogliono assolutamente dover lanciare.
Come detto, né da Siena né da Genova sono tuttavia giunte novità di sorta e questo sembra indicare come minimo una divisione in seno a entrambi i consigli; peraltro gli Npl di Banca Carige a fine giugno erano pari a 7 miliardi di euro, con un coverage ratio totale del 45,6%, mentre nel caso di Mps l’esposizione netta agli Npl era di 24 miliardi (quella lorda superava i 47 miliardi) con una copertura del 48,8%.
Banca Carige sta dunque meglio di Mps, come conferma il rapporto tra crediti deteriorati e crediti totali che per l’istituto ligure è pari al 27,8%, mentre nel caso della banca toscana il rapporto raggiungeva il 34,8%. Ma in entrambi i casi siamo ben lontani dai livelli medi italiani (pari al 16,7%) e soprattutto ad un livello “fisiologico”, tra il 6% e il 7%.
Finora la Bce ha dato tempo, ora anche per l’aumentare progressivo della pressione della Germania sulla Bce stessa (è di oggi un report di Deutsche Bank intitolato “il lato oscuro del QE” in cui si torna a ribadire come la politica attuata da Mario Draghi abbia di fatto eliminato ogni incentivo a riforme strutturali da parte dei paesi con economie in deficit come Francia, Estonia, Grecia Irlanda, Italia, Portogallo, Slovacchia e Spagna) l’istituto di Francoforte sembra aver deciso che un’accelerazione dell’opera di pulizia di bilancio è necessario.
Nel frattempo solo una banca italiana, la Banca popolare di Bari, ha finora approfittato delle Gacs per cedere i propri Npl ad un prezzo migliore di quelli altrimenti concessi dal mercato (il 30% del valore lordo di libro, contro il 22% al quale erano stati ceduti gli Npl delle quattro banche “risolte” lo scorso dicembre). Le altre sono state a guardare.
Alcune perché dopo aver vanamente speravato nel varo di una “bad bank di di sistema” hanno fatto il tifo per l'intervento del Fondo Atlante (che però ha raccolto meno dell’auspicato dai promotori, pesando per di più sulle banche sane del sistema italiano e sulla loro clientela, e non potrà dunque mettere ordine in tutte le situazioni), chi perché non potrebbe beneficiare delle Gacs, che coprono solo le tranche “senior”, meno rischiose, delle cartolarizzazioni di Npl.
Ora una decisione dovrà comunque essere presa: provare ad andare sul mercato o invocare l’intervento di nuovi investitori: quale sarà il prezzo da pagare nell’una come nell’altra ipotesi gli azionisti e obbligazionisti di Mps e Banca Carige lo scopriranno comunque a breve.