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“Ho visto la Nave dei Veleni, dentro ci sono bidoni di rifiuti tossici e scheletri umani”

Il caso delle “navi dei veleni” torna alla ribalta dopo i rilievi sulla radioattività sulle spiagge calabresi e le recenti perquisizioni ordinate dalla commissione parlamentare d’inchiesta. Nel 2009 il magistrato Bruno Giordano raccontò alla commissione le indagini sui fondali per ritrovare la nave Cunsky indicata dal pentito Fonti come una delle navi dei veleni. Il documento, tenuto segreto per alcuni anni, oggi svela una verità che potrebbe far riaprire il caso.
A cura di Antonio Musella
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Navi cariche di rifiuti tossici altamente pericolosi affondate nel Mar Mediterraneo dalla ‘ndrangheta con la complicità di imprenditori e con la copertura dei servizi segreti deviati: è la storia delle "navi dei veleni", ritornata alla ribalta delle cronache dopo le analisi svolte dall'ARPA Calabria sui livelli di radioattività sulle spiagge della costa ionica.

Il primo ad indagare sul fenomeno fu il capitano Natale De Grazia della marina militare, morto in circostanze misteriose nel 1995 mentre si recava a La Spezia per riferire sulle indagini in merito alle navi dei veleni.

A raccontare ai magistrati nel 2005 il sistema di smaltimento illecito di rifiuti tossici attraverso l'affondamento delle navi fu il pentito di ndrangheta Francesco Fonti, morto nel 2012, che consegnò un dettagliato dossier con i nomi delle navi dei veleni affondate e la loro posizione. Una delle navi indicate da Fonti è il Cunski. Nel 2009 i controlli del Ministero dell'Ambiente alla profondità di quasi 500 metri però esclusero che la nave al largo delle coste di Cetraro in Calabria fosse quella indicata dal pentito e così l'intera inchiesta finì nel buco nero dei misteri italiani. Ma una testimonianza di un magistrato, Bruno Giordano, resa alla commissione bicamerale d'inchiesta sulle ecomafie nel 2009 e tenuta segreta fino a poco fa, racconta una verità completamente opposta che potrebbe far riaprire il caso.

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La nave, i teschi umani e i bidoni

Il 22 settembre del 2009 l'allora Procuratore della Repubblica di Paola, Bruno Giordano, oggi alla guida della Procura di Vibo Valentia, comparì davanti alla Commissione Ecomafie presieduta da Gaetano Pecorella. Giordano raccontò le sue indagini per il ritrovamento del Cunski nel luogo in cui, secondo le dichiarazioni del pentito Fonti, sarebbe stato affondato. Durante l'audizione, su cui nel 2009 venne posto il segreto è stata resa pubblica nel 2014, Giordano raccontò l'iter delle sue indagini: "A circa 11 mila e 800 metri dalle coste di Cetraro, all'interno delle acque territoriali italiane, sono stati fatti diversi rilievi a seguito delle segnalazioni di numerosi pescatori che riferivano come le loro reti rimanessero continuamente impigliate" si legge nel documento.

Il magistrato racconta che da alcuni rilievi dell'ARPACAL – agenzia regionale per l'ambiente della Calabria – in quella zona era visibile una "impronta di 50 m x 8 m sul fondo marino". Giordano disse davanti alla commissione di aver chiesto alla Marina Militare la disponibilità ad effettuare i rilievi sul fondo ricevendo telefonicamente una risposta vaga: "Con l'arrivo della stagione una nave prenderà il largo per eseguire le analisi". In soccorso al lavoro della Procura arrivò l'interesse dell'allora Assessore Regionale all'Ambiente Silvio Greco, che coinvolse la società Nautilus di Vibo Valentia che mise a disposizione un ROV, un robot subacqueo, in grado di scendere a 483 metri di profondità dove si sarebbe trovato il relitto. Le verifiche avvennero il 12 settembre 2009, quindi pochi giorni prima dell'audizione di Giordano in commissione del 22 settembre.

Eccolo il racconto del magistrato su quello che vide il 12 settembre 2009: "Ci siamo trovati davanti una nave di 120 m x 20 m, con una fiancata alta 10 metri ed un evidente squarcio a prua dall'interno verso l'esterno come aveva raccontato nelle sue dichiarazioni il pentito Fonti […]. Si tratta di una nave costruita tra gli anni '50 e '60 e sembrerebbe corrispondere al Cunski […]. Dai registri abbiamo verificato che non ci sono stati affondamenti bellici in quel punto".

Ma Giordano riferì alcuni particolari inquietanti: "Dallo squarcio di prua fuoriescono due bidoni, uno dei quali seminsabbiato e secondo i tecnici del Rov la stiva risulterebbe parzialmente piena". Il secondo particolare è agghiacciante, "fa inorridire chiunque guardi quel filmato" precisa Giordano: "Da uno degli oblò sembrerebbero visibili due forme fisionomiche umane, sembrerebbero proprio due teschi in aderenza all'oblò". C'erano delle persone a bordo quando è stata affondata quella nave? Il magistrato riferisce alla commissione la sua opinione: "Per me – dice – è stato un viaggio a due servizi", ovvero quello di inabissare i veleni e quello di far sparire testimoni scomodi.

Il capitalo Natale De Grazia e il Procuratore di Vibo Valentia Bruno Giordano
Il capitalo Natale De Grazia e il Procuratore di Vibo Valentia Bruno Giordano

I controlli sul fondo e le troppe incongruenze

Pochi giorni dopo le parole di Giordano, il 18 settembre 2009, i rilievi della nave "Mare Oceano" incaricata dal Ministero dell'Ambiente smentiranno la versione del magistrato. Secondo i rilievi fatti dai tecnici del Ministero la nave su quei fondali non è il Cunski ma è una nave della prima guerra mondiale, il Catania.

Giordano nella sua audizione,  fornisce particolari determinanti: l'anno di costruzione del relitto indicato tra gli anni '50 e '60; l'assenza sui registri di affondamenti bellici nella zona di mare perlustrata; la stiva parzialmente piena.

I rilievi commissionati dal Ministero invece dicono l'esatto contrario: è una nave militare antecedente al 1917; è stata affondata in guerra e la stiva è vuota. Possibile che a pochi giorni di distanza due rilievi diano esiti diametralmente opposti? Dall'audizione desecretata emerge la Marina Militare in più occasioni fu poco collaborativa con la Procura della Repubblica di Paola. Già nel 2005 fu chiesto l'intervento della Marina, la quale prima ebbe una delega ad intervenire e subito dopo, dal comando, arrivò una misteriosa revoca. Non se ne fece nulla.

Poche settimane dopo i rilievi commissionati dal Ministero dell'Ambiente, Riccardo Bocca de L'Espresso, denunciò che il luogo dove erano stati fatti i rilievi da parte distavano di 3 miglia marine rispetto al luogo in cui era stato segnalato il relitto. Per il Ministero dell'Ambiente le tre miglia di differenza – pari a circa cinque chilometri e mezzo – sono "uno spostamento fisiologico del relitto". Il giornalista Gianni Lannes, qualche tempo dopo, ritrovò un documento dei Lloyd di Londra che stabiliva che la nave da guerra Catania fu affondata il 4 agosto del 1943 nel porto di Napoli. A scendere a 400 metri di profondità per conto del Ministero dell'Ambiente – ai tempi retto da Stefania Prestigiacomo – fu la nave "Mare Oceano" dell'armatore napoletano Diego Attanasio, coinvolto nel processo Berlusconi – Mills. Il Ministero scelse la nave di Attanasio nonostante il Ministero della Difesa britannico aveva offerto al governo italiano il supporto di uomini e mezzi per le ricerche come scoperto e denunciato da Greenpeace  nel dossier "Le navi tossiche". La "Mare Oceano", che oggi si chiama "Denar 2", fu poi venduta da Attanasio alla compagnia turca Toma Maritime. L'inchiesta sul Cunski fu archiviata in un baleno dopo i rilievi effettuati dalla nave "Mare Oceano".

La nave "Mare Oceano" (oggi Denar 2) che effettuò i discussi rilievi per conto del Ministero dell'Ambiente il 22 settembre 2009
La nave "Mare Oceano" (oggi Denar 2) che effettuò i discussi rilievi per conto del Ministero dell'Ambiente il 22 settembre 2009

Riaprire il caso: nuove perquisizioni a Milano

Appare poco plausibile che un magistrato del calibro di Bruno Giordano, ora Procuratore generale, possa aver raccontato balle a una commissione parlamentare d'inchiesta che, per sua natura, si avvale degli stessi poteri della magistratura. Allo stesso modo i dubbi e le incongruenze sollevate rispetto ai rilievi effettuati dalla nave "Mare Oceano" per conto del Ministero dell'Ambiente nel 2009 – governo Berlusconi – non sono mai state fugate. Ritornare a 500 metri sotto il livello del mare e verificare significherebbe oggi fare uno sforzo verso la verità. Quello che hanno visto Giordano e i tecnici dell'azienda Nautilus di Vibo Valentia sono immagini chiare e inequivocabili: bidoni, teschi umani, una nave con uno squarcio geometrico a prua dall'interno verso l'esterno, una struttura costruita negli anni '60 e non un relitto della prima guerra mondiale affondato in guerra e con la stiva vuota. Oggi forse i tempi sono maturi per andare fino in fondo. Intanto il 21 dicembre scorso la commissione parlamentare d'inchiesta sulle ecomafie ha ordinato una serie di perquisizioni in tutta Italia proprio sulla vicenda delle "navi dei veleni". Su ordine del presidente della commissione Alessandro Bratti, la polizia giudiziaria ha acquisito dei documenti presso lo studio milanese di Cesarina Ferruzzi, manager dei rifiuti che raccontò alla commissione d'inchiesta nel 2010 dell'affondamento del Cunski e di altre due navi, la Yvonne A e la Voriais Sporadais.

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