Hanno disinfettato Salvini e noi facciamo finta di non accorgercene. In nome di un governo (che difficilmente si farà) Matteo Salvini, nel giro di qualche settimana, è diventato l'uomo istituzionale, rassicurante, stimabile, posato, educato e benvoluto da tutti con cui è un pregio trattare per costruire una guida condivisa del Paese. Anche alcuni editorialisti, quelli esperti a fiutare dove tira il vento e scodinzolare appena sentono l'odore del potere, hanno cominciato a prendere sul serio il "populista", il "pericolo per la democrazia", il "violento", lo "xenofobo", il "razzista" che fino a un mese fa crocifiggevano dappertutto con postura indignata e allarmata. Ora basta, non più. Ora il leader della Lega è il padre rassicurante e preoccupato dallo stallo istituzionale, ora Salvini pontifica di pace nel mondo (per coprire le spalle a Putin) e tutti lo prendono sul serio, ora Salvini rimbrotta Berlusconi come un nipote con il nonno, contiene Giorgia Meloni come un fratellone maggiore e dialoga spazientito ma paziente con il giovane Di Maio.
Tutti fingono di non ricordarsi del Salvini sbarbato e molesto che da consigliere comunale di Milano chiedeva vagoni speciali della metropolitana per dividere i banchi dai negri. Nessuno osa recuperare le dichiarazioni in cui chiedeva la ruspa per liberarsi da quella monnezza umana che sono – per lui – gli extracomunitari. Tutti rimangono concentrati perché non riemerga il suo odio per i terroni nullafacenti rovina dell'Italia, la sua bile verso la Roma padrona che ora attraversa dispensando strette di mano e sorrisi. Nessuno si prende la briga di ricordare gli sberleffi contro Renzi per essere alleato con quel ladrone di Berlusconi. Nessuno sembra avere il tempo per ripetere le sue offese da bullo contro Grillo e i grillini, improvvisamente santi e prima spregevoli.
L'igienizzazione di Salvini è compiuta, cancellando i ricordi brevi con un clic come se fossero una cronologia del computer in salotto, e ora fa davvero comodo a tutti: serve a lui, prima di tutto, sempre pronto a diventare feroce populista quando servirà; fa comodo al Movimento 5 Stelle per trovare un lato potabile di questo centrodestra; fa comò a Berlusconi che può godersi la comodità delle retrovia e in fondo fa comodo anche a Giorgia Meloni che è libera di spandere la bile e recuperare voti a destra.
Eppure la beatificazione di Salvini compiuta attraverso il laico trucco della dimenticanza inflitta è anche la fotografia del momento politico: se dovessimo credere anche solo a un terzo di tutte le parole dette negli anni passati e scritte in campagna elettorale tutto ciò che potenzialmente può succedere perché si insedi un governo avrà il sapore della truffa, sarà un'inversione di marcia fatta in autostrada. E chissà che un giorno, all'improvviso come succede nelle commedie che funzionano, non torni la memoria.