Partiamo da un dato: se si votasse oggi, il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo otterrebbe oltre il 7% dei consensi. E partiamo anche da una considerazione personale: "l'esperimento" dei grillini è una delle poche novità sostanziali della scena politica italiana, sia per quanto riguarda le tematiche, sia per quanto concerne le modalità di partecipazione e discussione. E però, c'è sempre un però. Anzi, più di uno. E anche in questo caso il presupposto da cui partire è quello della dimensione "eminentemente politica" che il Movimento 5 stelle ha ormai acquistato, con i buoni risultati nelle ultime elezioni amministrative che sembrano essere solo il primo passo verso l'ingresso a pieno titolo in Parlamento. Se la crescita in termini numerici sembra infatti non conoscere ostacoli, salvo sorprese legate alla estrema "variabilità" dei flussi di consenso su un "non partito non convenzionale", il dibattito all'interno del movimento non è mai stato così complesso e controverso. La causa non risiede solo nell'emergere di nuove problematiche legate all'espansione stessa del Movimento, ma anche nelle ultime "discusse e discutibili" prese di posizione di Beppe Grillo. A cominciare dalla questione della democrazia interna, per proseguire con l'orizzonte culturale e le basi, per così dire, ideologiche, fino ad arrivare alle esternazioni degli ultimi mesi su temi particolari come quelli della "contestazione dei forconi" e della cittadinanza per i figli degli immigrati.
E' evidente che l'approssimarsi di una consultazione elettorale, alla quale il M5S arriva preparato ed organizzato come non mai, in qualche modo contribuisce a smussare le divergenze e a compattare il fronte, tuttavia sembra abbastanza evidente che sia il Non Statuto che il programma "operativo", elaborato e condiviso in rete, non siano "abbastanza". Non siano sufficienti cioè a sostenere "il peso del consenso e la responsabilità che da esso deriva", soprattutto se, come altamente probabile, le urne di primavera regaleranno ai grillini un trampolino di lancio verso il Parlamento. Un mutamento di prospettiva che non può essere liquidato con slogan semplicistici ("Ci vediamo in Parlamento, dentro o fuori"; Non molleremo mai, loro nemmeno…), ma deve essere accompagnato necessariamente da una riflessione più ampia, che in qualche modo investa anche la piattaforma ideologica sulla quale muoversi e che spazzi via le pretestuose critiche sul trionfo dell'antipolitica.
Ma il Movimento 5 Stelle è di destra o di sinistra? – E non suoni anacronistico, dal momento che un approccio superficiale su tali aspetti finirebbe per costituire un limite invalicabile per l'intera esperienza (e di esempi per il passato se ne potrebbero fare a decine), così come riduttiva e raffazzonata appare la definizione "Né di destra né di sinistra", pure talvolta utilizzata da esponenti del M5S. Riduttiva perché utilizza categorie in qualche modo "datate" per un'esperienza complessa; inadatta perché, citando il paradosso di Quadruppani, "ci sono due modi per non essere né di destra né di sinistra, uno di destra e uno di sinistra"; strumentale perché in gran parte dei casi "si tratta di uno slogan della peggiore destra, quella populista, demagogica, qualunquista che cerca un capo in grado di de-responsabilizzarla". E dunque, quale futuro "possibile" per il movimento che si prepara ad uscire dalla fase embrionale e a "prendersi" lo spazio della politica? Probabilmente la traccia è quella della prima ora, ovvero "allargare quanto piu’ possibile la base decisionale della vita pubblica di ogni giorno […] tendere verso la democrazia diretta e andar via da quella rappresentativa"; anche se sulla strada della trasformazione del movimento sembra esserci proprio il Non Statuto:
Il MoVimento 5 Stelle non è un partito politico né si intende che lo diventi in futuro. Esso vuole essere testimone della possibilità di realizzare un efficiente ed efficace scambio di opinioni e confronto democratico al di fuori di legami associativi e partitici e senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità degli utenti della Rete il ruolo di governo ed indirizzo normalmente attribuito a pochi.
Insomma, un modello necessariamente ancora in costruzione, il cui cammino (la cui aderenza alla realtà della politica italiana oseremmo dire) appare complicato e pieno di insidie (si legga la bella analisi di Fabio Chiusi). Certo, non si tratta di considerazioni del tutto estranee alle elaborazioni della comunità costruita da Grillo, tuttavia l'impressione è che l'ansia nichilista e radicale rischi di ridimensionare l'intero progetto, facendone uno strumento inconsapevole di un nuovo inevitabile "riequilibrio in chiave reazionaria". E di far passare in secondo piano la novità sostanziale: una visione radicalmente alternativa della politica, un'idea di mondo svincolata da vecchie ideologie e non asservita a logiche stantie, una fortissima volontà di "riprendersi gli spazi" e ripensare la partecipazione. Insomma, il rischio è quello di spazzare via tutto e poi lasciare agli altri il compito di ricostruire…