Governo Renzi ed emergenza casa: cecità, disattenzione e bomba sociale
Da un po' di tempo a questa parte il tema dell'emergenza abitativa in Italia sembra essere letteralmente esploso: tra comitati, movimenti, occupanti, sfrattati, inquilini di case popolari e aspiranti tali, sono decine di migliaia le persone che negli ultimi mesi hanno rivendicato il diritto a un tetto sopra la testa.
Secondo uno studio del Sunia del 2013, negli ultimi cinque anni quasi 150 mila famiglie si sono ritrovate senza casa a causa di morosità, spesso incolpevoli. In tutto oggi in Italia ci sarebbero circa 500 mila famiglie che hanno perso o stanno perdendo la propria abitazione in affitto.
Chi è in lista per una casa popolare, invece, secondo Federcasa sarebbe in compagnia di almeno altre 600 mila persone. A questi numeri va aggiunta la cifra – mai calcolata – di quanti vivono in occupazioni. A loro è stata dedicata l'ormai famosa norma anti abusivi del Piano casa del ministro Lupi, approvato lo scorso maggio con 272 voti favorevoli e 92 contrari tra lanci di uova e proteste dei manifestanti. L'articolo 5 prevede che “chiunque occupi abusivamente un immobile senza titolo non possa chiedere la residenza né l'allacciamento a pubblici servizi in relazione all'immobile medesimo” e che “gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge”. Negato, dunque, l'accesso ad acqua, luce, gas, telefono. Una norma che si applica non solo ai nuovi contratti, ma anche ai rinnovi. Per gli occupanti non è previsto anche il diritto alla residenza, con conseguenze su istruzione, assistenza sanitaria, rinnovo dei documenti, servizi di welfare, esercizio del voto. Oltre a questi problemi, dall'inizio del 2014 sulle occupazioni sono iniziati ad arrivare sgomberi a pioggia. Su tutto il territorio nazionale non sono mancate azioni e mobilitazioni, specialmente a Roma, dove il 12 aprile dello scorso anno si è tenuta la manifestazione nazionale con violenti scontri. Nonostante proteste, petizioni e richieste, Matteo Renzi e la sua squadra non hanno voluto sentire ragioni e il messaggio è passato chiaramente: il governo combatte chi occupa, e chi occupa – per qualunque ragione lo faccia – è un criminale.
Sulla stessa scia, lo scorso novembre a Milano è andato in scena il maxi piano anti abusivi negli alloggi popolari, necessario – come ha detto il presidente della Lombardia, Roberto Maroni – “per restituire a chi ne ha diritto case indebitamente occupate”. Gli sgomberi si sono susseguiti uno dopo l'altro, mentre l'Unione Inquilini denunciava “40 mila alloggi ERP vuoti e non assegnati, di cui 5 o 6 mila solo a Milano”.
Insomma, la linea “chi occupa ruba un diritto” sembra essere condivisa a livello nazionale e locale. La logica conseguenza di questo sarebbe dovuta essere una grossa attenzione verso gli assegnatari di una casa popolare.
In realtà, anche chi vive in un alloggio di edilizia residenziale pubblica si è dovuto scontrare con il Piano del ministro Lupi. Stavolta a essere contestata è stata la proposta di decreto attuativo dell'articolo 3 del Piano casa, che stabilisce e regola la vendita delle case popolari di proprietà di comuni, enti pubblici anche territoriali e istituti autonomi. Secondo la legge, l'ente proprietario mette in vendita e l'inquilino ha un diritto a una prelazione sull'acquisto. In linea di principio, l'idea sembrerebbe coronare i sogni di ogni assegnatario: diventare proprietario della casa popolare in cui ha vissuto, magari per decenni. Peccato che la norma preveda che la vendita venga fatta all'asta partendo da una base stimata ai prezzi del mercato e che la prelazione degli inquilini duri solo 45 giorni. La situazione diventa parecchio problematica se si pensa che in queste case abitano per lo più disabili, anziani, immigrati e famiglie, in buona parte con redditi sotto i 10 mila euro l'anno. In un rapporto dell'Osservatorio sull'abitare sociale in Italia del 2011 è stato stimato che le famiglie che alloggiano nelle residenze di edilizia residenziale pubblica appartengono per oltre un terzo alle fasce A e B, cioè “quelle considerate di maggiore emergenza sotto il profilo economico e sociale, in tendenziale incremento”. Considerando che secondo Federcasa il valore di mercato si aggira oggi intorno ai 70 mila, è parecchio difficile che l'inquilino possa comprare l'appartamento, che verrà venduto ad altri – magari qualche imprenditore – e chi ci abita trasferito da un'altra parte, non è ben chiaro dove.
Il provvedimento ha scatenato le proteste dei comitati e delle associazioni degli assegnatari, che sono scesi ripetutamente in piazza in varie parti d'Italia. L'Unione inquilini, ha definito il decreto “un progetto folle” che “getta benzina sull'incendio degli sfratti” e rischia di consegnare “1 milione di assegnatari alla precarietà abitativa”.
Lo scorso 11 dicembre a Roma c'è stata una grossa manifestazione, con blocchi stradali a Porta Pia. Alla protesta è seguito un tavolo di trattativa con il ministero delle Infrastrutture e l'iter del decreto risulta in questo momento inceppato (probabilmente anche per i “no” collezionati da alcune regioni italiane).
Ma la disattenzione del governo guidato da Matteo Renzi sull'emergenza casa colpisce anche il versante di chi vive in affitto. Dall'ultimo decreto “Milleproroghe”, pubblicato in Gazzetta ufficiale alla fine dell'anno, infatti, è sparita l’abituale proroga degli sfratti per fine locazione. Il mancato inserimento è stato giustificato dal governo sostenendo che il Piano casa avrebbe già di per sé aumentato i fondi per gli affitti e per la morosità incolpevole per 446 milioni di euro che avrebbero assorbito anche i fondi per la sospensione degli sfratti. Le cifre però vengono contestate dall'Unione Inquilini. Secondo il segretario nazionale Walter De Cesaris, infatti, il ministro Lupi non dice che “non si tratta di stanziamenti annuali ma della somma di stanziamenti pluriennali” e che “in pratica, per il 2014 e il 2015 ci sono 100 milioni l’anno per il fondo sociale e 40 milioni per la morosità incolpevole. Il fondo sociale affitti ha una platea di aventi diritto di almeno 400 mila famiglie, per un totale pro capite medio di circa 20 euro al mese. Il fondo per la morosità incolpevole, per il numero degli aventi diritto coinvolti, prevede un contributo medio ancora minore. Gli stanziamenti per il 2014, ancora non sono stati erogati in quanto il governo ha ritardato di oltre 7 mesi il decreto con cui doveva distribuirli alle Regioni”.
Fatto sta che adesso oltre 30 mila famiglie rischiano di essere invitate dalla polizia a lasciare l'abitazione in cui vivono in virtù di uno sfratto esecutivo, aggiungendosi alle centinaia di migliaia di esecuzioni già richieste per morosità. Sono nuclei in situazioni particolari dal punto di vista economico – con un reddito inferiore ai 27 mila euro annui lordi – e sociale, con a carico un anziano, un portatore di handicap o un malato terminale.
L'assenza della proroga è stata denunciata da Francesca Danese, Daniela Benelli e Alessandro Fucito, assessori alle politiche abitative di Roma, Milano e Napoli, le tre aree metropolitane più interessate, che hanno chiesto al governo di scongiurare una situazione sociale ingestibile: “Dall'inizio della crisi, cinque anni fa, Roma ha registrato oltre diecimila sentenze per fine locazione; 4500 a Napoli e 4mila le sentenze di sfratto a Milano sempre tra il 2008 al 2013. Il 70% di queste famiglie avrebbe i requisiti di reddito e sociali previste dalla legge per la proroga. Oltre 70 mila le sentenze di sfratto in Italia alla fine dello scorso anno, più di 30mila quelli eseguiti, il 90% dei quali per morosità, spesso incolpevole”. Lupi ha risposto velocemente agli assessori, invitandoli a “non drammatizzare il problema” perché “non è così che lo si risolve”. Il ministro ha ribadito che per l'emergenza casa “il governo nel 2014 non è stato a guardare, anzi, ha finalmente imboccato una strada nuova, cosciente che l'emergenza andava affrontata in modo più radicale”. Lo strumento della proroga degli sfratti sarebbe “vecchio e logoro” e “invece di risolvere il problema lo ha sempre e solo spostato su un altro soggetto”.
Sunia, Sicet ed Uniat hanno inviato una lettera al presidente dell'Anci chiedendo un incontro “per affrontare le gravi problematiche che si vengono a determinare con nuove emergenze che si aggiungono alla pesantissima situazione degli sfratti per morosità che nel 2014, appena trascorso, ha caratterizzato la situazione abitativa nelle città”. Per le organizzazioni, le dichiarazioni di Lupi sottovalutano il problema e le misure previste “non hanno incidenza alcuna perché inapplicabili alle situazioni interessate dalla mancata proroga”. Proroga che anche il presidente dell'Anci, Piero Fassino, ritiene opportuna per quanto “temporanea”.
Una statistica del ministero dell'Interno, ha conteggiato 73.385 provvedimenti di sfratto emessi nell'anno 2013, di cui 65.302 per morosità incolpevole. Un numero salito del 4,4 per cento rispetto all'anno precedente. In tutto, negli ultimi 5 anni gli sfratti emessi sono stati ben 332.169, circa 80 mila sentenze all’anno. E il 2015 inizia con 300 mila sentenze analoghe pendenti.
“Con la cancellazione dal “Milleproroghe” della sospensione degli sfratti è stata completata l’opera di Renzi. Rimane solo un paese dove essere poveri è diventata una colpa e dove chi viene colpito dalla crisi, dalla mancanza di posti di lavoro, è il problema da cancellare con l’esecuzione degli sfratti”, si legge in una nota di Asia-Usb.
Quel che è certo è il governo Renzi sulla questione casa è affetto da una strana cecità e sembra non accorgersi di creare le condizioni per una vera bomba sociale. E avere un tetto sopra la testa in Italia si sta trasformando sempre più in un privilegio.