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Governo a rischio? I mercati tremano

Tensioni nella maggioranza che sorregge il governo Monti e subito Piazza Affari e i Btp affondano. Forse è solo il desiderio di mettere al sicuro i guadagni in vista della fine dell’anno, ma sarà meglio non giocare col fuoco…
A cura di Luca Spoldi
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Camera - fiducia dl costi politica

Se c’è una cosa di cui questo disgraziato paese non sente il bisogno è il rischio di un ritorno in auge di “pifferai magici” che hanno col proprio comportamento portato il paese sul baratro e rischiano di farcelo ricadere, dopo che, pur con tutti i limiti più volte segnalati, il premier Mario Monti era riuscito a evitare il tracollo facendo riaffiorare una moderata fiducia nei confronti dell’Italia sui mercati finanziari mondiali, fiducia che era ben sintetizzata dall’andamento di tassi e spread sui titoli di stato, calati rispettivamente al 4,43% (dopo aver toccato un picco del 7,16% a inizio gennaio) e al 2,97% (dal 5,74% che Monti aveva trovato lo scorso anno quando si era insediato a Palazzo Chigi al posto di Silvio Berlusconi) a inizio settimana.

Fiducia che a far calare nuovamente è bastata l’ipotesi di una crisi di governo in piena sessione di bilancio e con almeno 20 decreti legge concernenti importanti riforme economiche, fiscali e politiche in scadenza se non saranno convertite in legge entro fine anno, come testimonia sempre l’andamento dei titoli di stato, col Btp decennale guida che stasera ha chiuso con un rendimento che è tornato a sfiorare il 4,575% (in rialzo di 12,5 punti base da ieri) e lo spread coi Bund balzato al 3,28% (dal 3,02% della vigilia).

Naturalmente non si può escludere che ad accentuare il repentino movimento ribassista dei titoli di stato italiani sia stata anche la decisione (in attesa di vedere, tra l’altro, se negli Usa Barack Obama riuscirà o meno a trovare un accordo con la maggioranza repubblicana che governa la Camera dei deputati per evitare il “fiscal cliff” di fine anno) di prendere profitto sui titoli degli emittenti sovrani “periferici” europei, dopo che oggi la Bce, senza grandi sorprese, ha preferito mantenere stabili i tassi ufficiali sull’euro, con Mario Draghi che nella consueta conferenza stampa oltre ad aggiornare (al ribasso) le previsioni sulla crescita del 2013 dell’Eurozona ha preferito concentrare l’attenzione sui progressi che a suo parare sono stati fatti sul tema dell’attribuzione alla stesa Bce del ruolo di supervisore unico bancario di tutte le 6 mila banche europee.

Un tema, in verità, su cui tra Eurotower e Berlino, ancora una volta, sembra restare una certa distanza, visto che la Germania non vuol sentir parlare di controllo sovranazionale per le sue banche regionali (anche se Draghi è sembrato strizzare l’occhio ad Angela Merkel ricordando come “ovviamente” sarebbe impossibile per la Bce supervisionare direttamente ciascuna delle 6 mila banche, quasi a dire che per alcune di esse la supervisione verrà, nei fatti, demandata come già ora alle singole banche centrali nazionali).

Discussioni che all’uomo della strada, semmai giustamente impressionato dai dati di disoccupazione spagnoli e greci (un tasso del 26% complessivo a fine settembre, con un tasso di disoccupazione giovanile che in Grecia è ormai balzato al 56,4%), possono sembrare molto distanti ma che agli occhi di un investitore professionista sono più che sufficienti a consigliare prudenza in vista delle scadenze di fine anno. Se in questo clima, che di natalizio ha davvero poco ed è semmai improntato ancora una volta alla prudenza, per non dire diffidenza, si innestassero le tensioni conseguenti l’apertura formale di una crisi di governo sarebbero grossi guai, non solo per chi investe i propri capitali in borsa o in titoli di stato ma in generale per tutto il paese.

Sarebbe il caso di ricordarsene sia da parte degli elettori sia degli aspiranti eletti, così come sarebbe il caso che chi ha affondato questo paese si levasse da parte una volta per tutte, senza inventarsi fantomatiche “chiamate alle armi” che l’indurrebbero a tornare. Gli italiani hanno già dato, in tutti i sensi, cari “Lor Signori”: solo negli ultimi 12 mesi 130 miliardi di maggiori tasse che Mario Monti si è trovato a mettere a bilancio, a partire dall’Imu (in parte per convinzione, in parte per necessità), sorretto da quegli stessi voti di coloro che hanno portato il paese nelle condizioni di doversi legare mani e piedi ai “desiderata” dell’egemone europeo, la Germania, preoccupata di un’eventuale implosione di un debito da 2 mila miliardi di euro confronto al quale i default della Grecia o dell’Argentina sembrano poco più che fuochi pirotecnici confronto ad una bomba atomica. Non è davvero il caso di scherzare col fuoco: il paese ha bisogno di ritornare a progettare il suo futuro, non di restare attaccato al suo passato per tutelare gli interessi di pochi facendo il danno di molti.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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