Glifosato, a che punto siamo in Europa nella battaglia contro il pesticida
Che il glifosato contenuto in uno degli erbicidi più utilizzati al mondo, il Roundup, prodotto dalla Monsanto (acquisita nei mesi scorsi dal gruppo tedesco Bayer per 63 miliardi di dollari) fosse cancerogeno, lo Iarc lo predicava da tempo. Ma la sentenza della giuria popolare di San Francisco, che ha dato ragione a Dewayne Johnson, giardiniere di 46 anni, ammalatosi di cancro per aver utilizzato a lungo il pesticida durante il suo lavoro, ha riacceso i riflettori su una questione che divide agricoltori e consumatori.
La Monsanto ha già annunciato il ricorso in appello, dopo essere stata condannata al risarcimento di 289 milioni di dollari. "La decisione della giuria non cambia il fatto che più di 800 studi e valutazioni in tutto il mondo hanno confermato che il glifosato non è cancerogeno", ha commentato la multinazionale Bayer. Negli Usa ci sarebbero oltre 5000 casi come quello denunciato dal giardiniere, che aspettano ancora un verdetto. Ma a che punto siamo in Italia e Europa?
"La giuria ha dunque stabilito che non ci sono dubbi, la sua tragica malattia è una conseguenza della tossicità del pesticida" – ha commentato il vicepremier pentastellato Luigi Di Maio su Facebook – "Questa sentenza ci dà tristemente ragione: dobbiamo combattere l’invasione sul nostro mercato di questa sostanza, una minaccia che si concretizza con mostruosi accordi commerciali sottoscritti solo in nome del profitto. La salute e il principio di precauzione sono il faro della nostra azione di Governo. Basta ad accordi commerciali che mettono a repentaglio la salute dei cittadini".
L'agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (che fa parte dell'Oms), nel marzo 2015, aveva già catalogato la sostanza come potenzialmente cancerogena per l’uomo. Una posizione smentita a novembre dello stesso anno dall'European Food Safety Authority (EFSA), secondo cui è invece improbabile che il glifosato possa essere tossico per l'uomo. Anche l'Agenzia chimica europea (ECHA), il 15 marzo 2017 ha definito la sostanza "sicura". In Italia dal 2016 è vietato l’uso dell'erbicida nelle aree frequentate dalla popolazione, come parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, cortili ed aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie, mentre è ancora usato in agricoltura, soprattutto nelle zone adibite alla coltivazione dell'uva Prosecco, come vi abbiamo raccontato in quest'articolo.
Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, si è schierata a favore dei produttori del vino: "Una notizia passata quasi in silenzio. Le aziende vitinicole del Nordest italiano, che appartengono al Consorzio Prosecco doc, hanno messo al bando il glifosato, un fertilizzante agricolo utilizzato ampiamente in Canada e che, nel caso della ratifica dell'accordo Ceta, invaderebbe il mercato europeo ed italiano. Il Ministero dell'Agricoltura, però, non ha ancora deciso se accogliere la decisione del Consorzio, con la quale non solo chi usa il glifosato verrà sanzionato, ma non potrà nemmeno produrre il Prosecco Doc. Ci appelliamo al ministro Centinaio perché si attivi il prima possibile per sostenere questi produttori, che rifiutano le scorciatoie e contribuiscono così a tenere alta la qualità del marchio italiano".
Una situazione che dal punto di vista normativo è ancora molto nebulosa. Il nostro Paese, insieme ad altri 9 Paesi tra cui la Francia, ha votato ‘no' quando lo scorso autunno si è deciso per la proroga dell'autorizzazione all'uso del pesticida in Europa per altri 5 anni, fino al 2022. Il glifosato è stato autorizzato dalla Commissione europea dal 2002: solo il 18 febbraio 2018 il Parlamento europeo ha dato il via a una commissione speciale, che dovrà concludere i lavori entro novembre, per valutare "potenziali conflitti di interesse e mancanze nella procedura di autorizzazione dei pesticidi". Nella commissione ci sono anche tre eurodeputati italiani, Herbert Dorfmann (PPE), Simona Bonafè (S&D) e Piernicola Pedicini (EFDD). Al termine degli approfondimenti la commissione presenterà al voto della Plenaria una relazione finale, con le conclusioni dell’inchiesta e le raccomandazioni per il futuro.