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Gli operai dell’Alcoa occupano un traghetto della Tirrenia ad Olbia

Dopo gli scontri di ieri a Roma, la protesta degli operai è continuata sulla nave che li riportava a casa. “Siamo stanchi e delusi, ma decisi a continuare la lotta. Non ci fermeremo” A nulla, dunque, è servito il concordato spegnimento rallentato delle celle, che porterà a prolungare i tempi di chiusura a novembre.
A cura di Biagio Chiariello
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Gli operai dell'Alcoa occupano un traghetto della Tirrenia ad Olbia

Non si placa la rabbia dei lavoratori dell'Alcoa che giorno dopo giorno vedono farsi sempre più flebili le speranze di un futuro positivo per gli impianti di Portovesme. Circa 450 operai dell'Alcoa, in arrivo a Olbia da Civitavecchia, hanno occupato la nave Tirrenia sulla quale viaggiavano per tornare a casa dopo la manifestazione di ieri a Roma.  Per ora  i lavoratori non sono intenzionati a scendere dalla nave. «La rabbia dei lavoratori è più forte della rassegnazione», spiega Rino Barca della Fim Cisl, mentre i suoi compagni battono i loro elmetti da lavoro contro le ringhiere di protezione del traghetto. «Siamo stanchi e delusi – continua il sindacalista – ma decisi a usare tutti i giorni che ci restano prima della programmata fermata della fabbrica di Portovesme per accelerare la risoluzione del problema. Vogliamo evitare che l'impianto si fermi».

A nulla sono servite, dunque, le rassicurazioni della stessa Alcoa che ieri si è impegnata a rallentare il processo di chiusura dello stabilimento sardo per la produzione di alluminio primario. Qualche spiraglio è arrivato pure dalla possibile trattativa con Klesch, azienda con sede a Ginevra attiva nel settore delle commodity e dal ministro Passera che ha parlato del caso Alcoa come una «vertenza non impossibile da risolvere». Ma non è bastato.  Anzi «ieri – spiega il segretario nazionale della Fim-Cisl, Marco Bentivogli.- al termine dell'incontro dopo l'illustrazione dell'esito dei verbali sottoscritti dal ministero dello Sviluppo economico, dalla Regione Sardegna e dalla Provincia Carbonia Iglesias tra i lavoratori si è diffusa una grandissima delusione per il risultati raggiunti». Un approdo «non giudicato sufficiente dai sindacati, che non lo hanno sottoscritto», aggiunge il dirigente sindacale. A suo avviso, «è urgente fare assolutamente un passo in avanti nella direzione di una soluzione». A fargli eco è Franco Bardi segretario provinciale Fiom Cgil di Carbonia Iglesias: «E' vero, l'azienda ha dichiarato che rallenterà le procedure di fermata, spegnendo fra le cinque e le sei celle elettrolitiche al giorno, ma da qui al prossimo primo novembre l'impianto sarà stabilmente fermo».

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