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Gli insegnanti vogliono stipendi più alti ma senza aumentare le ore di lavoro

Le maggiori sigle sindacali di categoria (Flc Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Gilda e Snals) chiedono un aumento degli stipendi per gli insegnanti, ma non tutte sono favorevoli a rivedere un contratto che regolamenta solamente le ore di lezioni frontali, caso più unico che raro in Europa. E gli 85 euro in più sui salari dei docenti promessi per i prossimi mesi non sono ritenuti sufficienti dai sindacati.
A cura di Stefano Rizzuti
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Se c’è un punto su cui tutti i sindacati di categoria sono d’accordo è che gli stipendi degli insegnanti italiani sono troppo bassi, soprattutto se confrontati con quelli dei loro colleghi europei. Motivo per cui le maggiori sigle del settore ritengono di non poter essere soddisfatte dell’aggiunta mensile di 85 euro alla busta paga dei docenti: un aumento non sufficiente e che comunque ha il solo scopo di provare a sanare il blocco degli ultimi anni. Quello che le principali sigle sindacali chiedono riguarda quindi una programmazione che possa portare, col tempo, ad allineare gli stipendi dei docenti italiani con quelli dei loro colleghi europei. Mentre su questo punto sono tutti d’accordo, diverso è il discorso per quanto riguarda le ore di lavoro previste dal contratto degli insegnanti: per alcuni è giusto che vengano regolamentate solo le ore di insegnamento frontale, per altri invece si può pensare di rivedere il modello italiano ispirandosi a quello di quasi tutti gli altri paesi europei che prevedono un numero di ore settimanali standard comprendenti anche tutte le attività – didattiche e non – che vanno oltre le semplici lezioni frontali.

Gli stipendi più bassi rispetto all'Ue

La questione degli stipendi dei docenti italiani viene spiegata a Fanpage.it da Anna Maria Santoro, membro della segretaria della Flc Cgil: “I nostri insegnanti guadagnano meno della media della docenza in Europa”. Motivo per cui vengono chieste “risorse aggiuntive per i percorsi di carriera, valutando non solo gli scatti di anzianità” che la Cgil vuole comunque mantenere ma anticipandoli come avviene in altri paesi europei: “In Italia ci sono dopo 35 anni di carriera, in Europa anche dopo 15 o 22”. Santoro propone risorse aggiuntive magari basate sul ricorso a una didattica innovativa o per chi è più formato, pensando di reperirle dai “soldi della 107 o dal bonus premiale ora in mano ai dirigenti”. Secondo la Flc Cgil, serve “un piano di investimenti strutturale che preveda un intervento sulla scuola in tutti i sensi, anche con un buon contratto per i docenti”.

Santoro fa sapere che si sta lavorando insieme agli altri sindacati a un “documento unitario” per capire come compensare il gap di circa “8mila euro che abbiamo rispetto agli stipendi negli altri paesi: sappiamo che non è possibile tutto in una volta, quindi possiamo pensare di arrivarci progressivamente”.

Anche Rino Di Meglio, coordinatore nazionale Gilda, parla di una “situazione peggiore di quello che dicono i dati ufficiali, perché la statistica non prende in considerazione alcuni fattori, come il fatto che sugli stipendi netti c’è più differenza rispetto agli altri paesi, considerando il carico delle tasse in Italia”. “Noi – aggiunge Di Meglio – abbiamo avanzato la richiesta di utilizzare le somme stanziate dalla Buona Scuola per alimentare i contratti. Parliamo di cose come il bonus dei 500 euro o il bonus merito, sarebbero cifre da passare sul contratto per renderlo più decoroso”.

Elvira Serafini, segretario generale Snals, sottolinea invece le richieste della sua sigla sindacale: “Snals chiede il recupero del potere d’acquisto per i mancati rinnovi contrattuali che si è ridotto del 15%. Riconoscimento dello scatto stipendiale del 2013 congelato dal governo e non ripristinato”.

Pino Turi, segretario generale della Uil scuola, sostiene che è “palese che i docenti italiani vengono pagati meno dei loro colleghi nell’Unione europea. C’è un divario netto, siamo molto sotto la media degli stipendi europei. Noi chiediamo un recupero salariale che non riguarda solo i docenti ma tutto il settore scolastico che ha subito tagli oltre le esigenze della crisi”. Anche Maddalena Gissi, segretaria generale della Cisl scuola, ribadisce che il “settore dell’istruzione è penalizzato: di recente la nostra categoria ha avuto un decremento rilevante sia sulla parte retributiva fissa che su quella accessoria”.

Gli 85 euro in più promessi ai docenti

La promessa da mantenere con la legge di stabilità è quella di aumentare di 85 euro mensili gli stipendi dei docenti. Una cifra “molto bassa considerando l’inflazione degli ultimi nove anni”, secondo Di Meglio. “Lo stanziamento – prosegue il coordinatore nazionale Gilda – è insufficiente, il governo investe pochissimo”. Di Meglio pone anche un altro problema, quello degli stipendi più bassi in base all’avanzamento di carriera: “Il 41% del personale scolastico usufruisce del bonus degli 80 euro, ma se guadagnano 1.450 euro al mese con l’aumento perderebbero gli 80 euro, quindi non ci sarebbe nessun guadagno”.

La Flc Cgil propone che questi 85 euro “vadano tutti sullo stipendio tabellare, pur rimanendo una cifra molto modesta”. Pino Turi, della Uil scuola, ricorda a Fanpage.it che quello degli 85 euro è “un ragionamento che riguarda tutto il pubblico impiego e non può bastare a recuperare il gap dopo un blocco di otto anni”. Secondo Turi bisogna “vedere se c’è la volontà oltre le dichiarazioni di buoni intenti: il paese economicamente non è ancora decollato dopo la crisi, ma bisogna avere un progetto”.

Secondo Maddalena Gissi, della Cisl scuola, “per una maggiore copertura ci vuole più di quanto è stato immaginato per gli 85 euro, ovvero 1,3 miliardi. Serve quasi altrettanto per dare un segnale di risorse aggiuntive”. Elvira Serafini (Snals), sostiene che “gli 85 euro previsti, per giunta lordi e scaglionati sull’arco di vigenza contrattuale, sono chiaramente insufficienti. Occorrono risorse aggiuntive, perché investire sulla scuola, sull’università e sugli enti di ricerca vuol dire investire sul capitale umano, vera risorsa per lo sviluppo sociale ed economico del paese”. Snals ritiene quindi “del tutto inadeguata la proposta governativa di un aumento medio pro capite di 85 euro”.

Il contratto dei docenti e gli orari di lavoro

La questione del contratto degli insegnanti italiani e delle ore di lavoro regolamentate è un punto su cui i sindacati non sono del tutto d’accordo. In quasi tutta Europa – l’Italia è l’unica eccezione insieme al Belgio – vengono regolamentate anche le ore di lavoro che vanno oltre le lezioni frontali. Secondo Maddalena Gissi della Cisl scuola “il nostro contratto regolamenta la funzione docente, ma ci sono anche le ore di attività per la formazione o per la valutazione degli studenti. Questo è un insieme non regolamentato numericamente che il contratto dovrebbe far emergere”. “Certo – continua – in Italia è difficile che un docente non faccia niente oltre alle ore previste di lezione frontale, ma esiste anche una situazione patologica in alcuni casi”. Secondo Gissi, comunque, “il prossimo contratto dovrebbe poter affrontare anche la ridefinizione del carico con un corrispettivo riconoscimento economico. Nulla toglie che si possa avviare una discussione in merito. Bisogna fare un cammino, aprire un processo, queste sono sollecitazioni che ci arrivano anche dalle nostre riunioni”.

Di opinione simile anche Anna Maria Santoro, della Flc Cgil: “Serve una operazione di trasparenza dell’orario di lavoro, noi abbiamo quantificato in parte le ore: sono 200 in tutto per le attività collegiali e 400 per la correzione dei compiti e per gli incontri con le famiglie. Potremmo codificarle, vedremo come”. E aggiunge un altro punto di discussione: “Bisogna anche investire in edilizia scolastica per avere gli spazi necessari” per permettere ai docenti di svolgere altre attività: “Servirebbero 17 miliardi per allineare il nostro paese agli altri in Europa”.

Pino Turi, della Uil scuola, sostiene invece che “siamo perfettamente in linea con gli orari dei paesi europei perché non si può quantificare numericamente il numero di ore oltre quelle di lezione. Il lavoro ce lo si porta a casa, è una professione non un mestiere. La professione non è quantificabile in numero di ore. Non bisogna far diventare gli insegnanti dei granelli burocratici, tra l’altro non abbiamo neanche le strutture idonee”. Anche secondo Rino Di Meglio (Gilda), “l’orario degli insegnanti europei è come il nostro: ci sono casi in cui gli insegnanti lavorano per ore fino a sera senza limiti”. “Il problema – secondo Di Meglio – è che è quasi impossibile prestabilire quale sia il tempo necessario per correggere dei compiti, una versione di latino non può essere uguale a un test a risposte multiple”. E pone anche lui il problema degli spazi per le attività aggiuntive rispetto alle lezioni: “In altri paesi europei i docenti hanno a disposizione studi e aule. In Italia se va bene hanno una stanza condivisa, la sala degli insegnanti”.

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