Gli assassini di Vittorio Arrigoni condannati all’ergastolo
Carcere a vita per Mahmud al-Salfiti e Tamer al-Hassasna. E' questa la condanna per i due palestinesi, entrambi salafiti, accusati dell'omicidio di Vittorio Arrigoni. L'attivista italiano venne ucciso il 14 aprile dello scorso anno dopo essere stato rapito nella Striscia di Gaza. Il processo si è svolto dinanzi a un tribunale militare di Hamas, che attualmente governa l'enclave palestinese dove è avvenuta la tragedia. I giudici hanno condannato anche altri 2 palestinesi per complicità: Khader Jiram dovrà scontare una pena di 10 anni di cella per il rapimento di Arrigoni, mentre Amer Abou Houla resterà un anno dietro le sbarre per aver messo a disposizione la casa in cui l'attivista è stato trovato impiccato.
Si conclude così un processo sul quale tuttavia restano ancora molti punti oscuri. La famiglia Arrigoni nei mesi scorsi non ha lesinato critiche al governo palestinese e a quello italiano: «Siamo stati lasciati solo. Da Gaza solo delusioni e rinvii e dal governo italiano nessun aiuto» è stato lo sfogo dei familiari di Vittorio. Arrigoni era stato rapito e ucciso il 15 aprile dell'anno scorso da una presunta cellula salafita. In un filmato diffuso da questi ultimi e in cui Arrigoni veniva mostrato ferito e bendato, l'italiano era accusato di adottare uno stile di vita "troppo lontano dai costumi e le tradizioni di Gaza" e si chiedeva a Hamas la liberazione di un capo salafita arrestato nella Striscia nei mesi precedenti. Ma prima della scadenza dell'ultimatum, Vittorio fu ucciso. Decisione che, secondo gli stessi imputati oggi condannati, fu presa dal giordano Abu Abdul-Rahman Al Breizat, per alcuni il leader del gruppo e che, sentitosi braccato dalle milizie di Hamas, avrebbe voluto sbarazzarsi di Arrigoni per poi fuggire. Di Breizat non si saprò più nulla fino alla sua morte: rimasto ucciso nel blitz delle forze di sicurezza, dopo aver rifiutato di arrendersi e aver sparato contro i poliziotti.