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Giulio Regeni, procuratore egiziano: “Nessuna tortura, orecchie mozzate per l’autopsia”

Il Procuratore aggiunto di Giza, Hassam Nassar, dichiara: “Sulle unghie e sulle lesioni alle orecchie si è creato un equivoco: sono stati i medici legali egiziani ad asportare le une e le altre per poter effettuare esami accurati. Nel caso delle unghie si voleva verificare se contenessero tracce che potevano far risalire o dimostrare una colluttazione”.
A cura di Davide Falcioni
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Giulio Regeni non è stato torturato in Egitto come sostenuto in queste settimane. E' quanto dichiara il Procuratore aggiunto di Giza, Hassam Nassar, in un'intervista rilasciata a Repubblica: "Sulle unghie e sulle lesioni alle orecchie si è creato un equivoco: sono stati i medici legali egiziani ad asportare le une e le altre per poter effettuare esami accurati. Nel caso delle unghie si voleva verificare se contenessero tracce che potevano far risalire o dimostrare una colluttazione”. Le affermazioni del pubblico ministero sembrano destinate a smontare le tesi avanzate in Italia dopo il rientro della salma del ricercatore  friulano: più volte era stato detto che Regeni aveva subito una lunga tortura e che i suoi aguzzini erano arrivati a strappargli le unghia delle mani e le orecchie, forse per estorcergli informazioni importanti. In realtà però, almeno stando alle dichiarazioni di Hassam Nassar, le cose potrebbero essere andate molto diversamente. "Abbiamo due certezze. Anzi tre. Il referto autoptico dei nostri medici certifica che Giulio è morto non più tardi delle 24 ore precedenti il ritrovamento del suo corpo, la mattina del 3 febbraio. Quindi è morto in un lasso compreso il 2 e il 3. Gli stessi medici ci dicono che le violenze che ha subito sono state inflitte tutte in un’unica soluzione tra le 10 e le 14 ore precedenti alla sua morte”.

Procuratore egiziano: "Regeni mai transitato per caserme o stazioni di polizia"

Quella di Regeni non sarebbe stata una morte lenta, quindi, come ipotizzato finora. E anche sulle modalità del suo sequestro il procuratore smentisce alcune voci: "Regeni alle 19,38 della sera del 25 gennaio, giorno della sua scomparsa, era all’interno della stazione della metropolitana di El Behoos”. Non quindi all'esterno della stazione, come affermato da un testimone: "Come abbiamo stabilito in questi ultimi giorni con un accertamento tecnico, a quell’ora la sua utenza cellulare si connette a Internet mentre è all’interno della metro. Questo significa che sicuramente non è stato sequestrato nel tragitto da casa alla metro". Insomma, per gli inquirenti egiziani Giulio Regeni non sarebbe stato torturato, o almeno non con le modalità descritte finora; l'italiano, inoltre, non sarebbe mai transitato in caserme o stazioni di polizia. E anche le accuse di "scarsa collaborazione" dell'Egitto avanzate nelle scorse settimane dagli investigatori italiani non avrebbero ragion d'esistere: "L’inchiesta la conduco io. E la polizia egiziana. Con la magistratura italiana scambiamo informazioni”, dice il procuratore.

Se si sperava che il tempo avrebbe facilitato l'individuazione della verità sulla morte di Giulio Regeni le ultime notizie che giungono dall'Egitto sembrano non essere rassicuranti.

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