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La morte di Sissy Trovato Mazza

Giudecca, ex detenuta si fa avanti dopo la morte di Sissy: “Così facevano entrare la coca”

Dopo la morte dell’agente Sissy Trovato Mazza un’ex detenuta ha deciso di dire quello che ha visto tra le mura del carcere dove la poliziotta stava raccogliendo elementi per segnalare un traffico di droga e comportamenti scorretti di alcune colleghe. “Ora che Sissy è morta la verità deve venire fuori: vi dirò come entrava la droga e dove veniva nascosta”.
A cura di Angela Marino
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"Ora che Sissy è morta, deve venire fuori tutta la m**a della Giudecca, dirò tutto". Sono le parole di Anna (nome di fantasia) un'ex detenuta del carcere della Giudecca che oggi, dopo la morte dell'agente Sissy Trovato Mazza, si rivolge a Fanpage.it per dire la sua su quanto ha visto tra le mura dell'Istituto dove l'agente morta una settimana fa stava raccogliendo elementi su abusi e traffici di droga. "So che Sissy aveva scoperto la presenza di droga, parliamo di cocaina, per essere precisi – dice Anna – e so anche dove veniva nascosta e come veniva tenuta lontana dalle perquisizioni. Quando arrivavano a controllare i cani antidroga venivano trattenuti per un po' giù, mentre la coca veniva nascosta nelle plafoniere della cella 2, dove certo i cani non potevano raggiungerla".

Così entrava la coca

La presenza di alcuni quantitativi di droga era stata segnalata da Sissy ai suoi superiori molti mesi prima di quel colpo di pistola che l'ha raggiunta mentre svolgeva servizio esterno all'ospedale civile di Venezia. "Se Sissy l'ha scoperto – dice Anna – è stato per caso, lì se non dovevi trovare qualcosa non te lo facevano trovare". Sissy aveva rintracciato il materiale in lavanderia ed è proprio attraverso i sacchi con i panni sporchi, secondo Anna, che lo stupefacente arrivava nell'istituto penitenziario. "La droga arrivava dal battello che porta dentro i capi da lavare (La Giudecca svolge il servizio lavanderia per molte strutture ricettive e turistiche locali), i sacchi non venivano controllati e la coca arrivava direttamente in lavanderia, dove poi si decideva a chi darla". "A me – risponde – non hanno mai provato a vendere stupefacente, semplicemente perché non sono mai stata tossicodipendente, ma alle altre che ne avevano bisogno, sì".

Tutti sapevano

"Tutti sapevano come andavano le cose, ma nessuno aveva il coraggio di parlare: ‘se non si fa gli affari suoi, la mandiamo a 900 chilometri dai suoi figli'" mi dissero per scoraggiarmi dal dire qualunque cosa, ma ora (Anna oggi è una donna libera) non ho più paura, tutto deve venire fuori". Secondo la donna, le scoperte fatte nel carcere, dove Sissy aveva segnalato anche la relazione illecita di una collega con una detenuta, sarebbe state per Sissy la sua condanna a morte. "Io temo che quel giorno (il 1° novembre 2016, quando è stata colpita) Sissy sia stata vittima di un tentativo d'intimidazione finito male, un chiarimento, insomma, degenerato nel sangue". "Lei era una persona pulita, era l'unica agente con cui noi detenute potevamo parlare, ci ascoltava, ci consigliava, ci aiutava. Era una persona pulita, per questo lì non stava bene".

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