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Giornata contro il lavoro minorile: 150 milioni i bambini sfruttati nel mondo

Si celebra oggi la Giornata mondiale contro il lavoro minorile in occasione della quale l’Unicef ha parlato di 150 milioni di bambini che in tutto il mondo sono impiegati nei più svariati lavori. In Italia lavora un ragazzino su 20, per le bambine la situazione è ancor peggiore.
A cura di Susanna Picone
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Alla vigilia della Giornata mondiale contro il lavoro minorile che si celebra oggi 12 giugno, l’Unicef ha stimato il numero dei bambini che sono sfruttati nel mondo. Centocinquanta milioni di minori di un’età compresa tra i 5 e i 14 anni. Bambini che vengono impiegati nelle forme peggiori di lavoro, sfruttati per impieghi che prevedono carichi pesanti, contatto con sostanze chimiche nell’agricoltura (il 60%), nell’industria (il 7%) e nei servizi (il 26%). Per quanto riguarda l’Italia sono più di 1 su 20 i minori di 16 anni che lavorano. Tra quelli costretti al lavoro minorile sono 30.000 – è questo il risultato di un’indagine realizzata dall’Associazione Bruno Trentin e da Save the Children – i 14-15enni a rischio di sfruttamento che fanno un lavoro pericoloso per la loro salute, sicurezza o integrità morale.

In Italia uno dei tassi più alti di abbandono scolastico – Nel nostro Paese si inizia a lavorare anche prima degli 11 anni ma è col crescere dell’età che aumenta l’incidenza del fenomeno che raggiunge il picco di quasi 2 bambini su 10 tra i 14 e i 15 anni. Si tratta dell’età di passaggio dalla scuola media a quella superiore nella quale si concretizza in Italia uno dei tassi di abbandono scolastico più elevati d’Europa. Da noi il lavoro minorile non fa – afferma l’indagine – differenze di genere con il 46% dei 14-15enni impiegati che sono femmine. La cerchia familiare è l'ambito nel quale si svolge la maggior parte delle attività: per il 41% dei minori si tratta di un lavoro nelle imprese di famiglia, 1 su 3 si dedica ai lavori domestici per più ore al giorno, più di 1 su 10 lavora presso attività condotte da parenti o amici. Poi c’è anche un 14% di minori che presta la propria opera a persone estranee all'ambito familiare.

L’Unicef ha stimato che nell’Africa subsahariana lavora più di un terzo dei bambini: il presidente Giacomo Guerrera ha spiegato che il lavoro minorile è “sia causa che conseguenza della povertà e del disagio sociale”. L’allarme lanciato in merito ai paesi in via di sviluppo è che molti bambini sono costretti a lavorare perché orfani o separati dalle famiglie o perché devono sostenere il reddito familiare. Poi c’è la crisi che ha ulteriormente spinto i più piccoli a lavorare, anche nei settori più a rischio. Drammatica – forse ancor più dei maschietti – la situazione che vivono le bambine. Le femmine – denuncia l’Unicef – lavorano come tutti gli altri ma non solo: esse sono costrette anche a occuparsi dei lavori domestici e della cura dei loro fratellini, spesso rinunciando alla scuola.

Concentrarsi sull’istruzione – “Se è vero che la povertà è il seme del problema, bisogna intervenire per spezzare il circolo vizioso povertà-lavoro minorile-ignoranza-povertà”. Dunque l’impegno dell’Unicef per tentare di fermare il lavoro minorile è quello di concentrarsi sull’istruzione, giudicata l’arma migliore per contrastare l’ignoranza, la non conoscenza dei propri diritti e delle proprie potenzialità. Per l'Unicef, “la Responsabilità Sociale d'Impresa consiste nel tutelare i diritti dei bambini stringendo collaborazioni efficaci tanto con i Governi quanto con le imprese al fine di promuovere da un lato la responsabilità degli Stati nel garantire, dall'altro quella delle aziende nel rispettare e sostenere i diritti dei bambini nei luoghi di lavoro, nel mercato e nella comunità”.

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