Gambia, arrestati due pescatori italiani: “Stanno male, Renzi intervenga”
Senza cibo da giorni e senza poter comunicare con l’Italia. Sarebbero queste, secondo la società armatrice del peschereccio su cui lavoravano, le condizioni di due pescatori italiani finiti in carcere in Gambia. “Mio marito rischia di morire”, ha aggiunto la moglie di uno dei due, facendo appello al governo affinché intervenga. Qualche settimana fa la barca della Italfish di Martinsicuro (Teramo) è stata posta sotto sequestro dalle autorità marittime del Gambia per la presunta violazione delle dimensioni delle maglie di una rete: 68 millimetri di larghezza invece di 72. Il capitano della nave, Idra, Sandro De Simone di Silvi Marina (Teramo) e il direttore di macchina Massimo Liberati di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) sono finiti in carcere il 2 marzo, dopo essere stati per una decina di giorni in stato di fermo, a conclusione di quella che la società armatrice definisce una "udienza sommaria". “Sono senza cibo da lunedì – ha denunciato l’Italfish – Non abbiamo modo di parlarci, non sappiamo neanche se siano ancora vivi e temiamo per ciò che potrebbe accadere andando avanti così".
"Mio marito rischia di morire, quel posto è come un lager"
L'unico che è riuscito a incontrarli, giovedì, è stato il console onorario in Gambia, secondo cui i marinai "non sono in buone condizioni né fisiche né mentali". Finora i due italiani sono stati incontrati solo dal console onorario in Gambia, secondo cui i marinai “non sono in buone condizioni né fisiche né mentali”. Gianna, la moglie di Sandro De Simone, ha chiesto l’intervento da parte del governo. "Ogni giorno in più in quel carcere è un giorno di vita in meno – ha dichiarato – Mio marito rischia di morire, quel posto è come un lager: sono senza servizi igienici e senza cibo, neanche l'assassino più feroce viene trattato così. Sto male solo all'idea che lui stia subendo queste cose da tanti giorni. Chiediamo l'aiuto di Renzi e del ministro degli Esteri, affinché intervengano”.