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Futuro e Libertà perde i pezzi tra defezioni e cambi di linea

Continua l’emorragia dei senatori all’interno del gruppo Fli, con l’uscita di Saia e Viespoli il gruppo non ha più i numeri al Senato. Viene meno anche l’appoggio del Secolo d’Italia, storico giornale di An.
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senatori abbandono gruppo

A poche settimane dall’Assemblea Costituente di Futuro e Libertà, l’emorragia di parlamentari appartenenti al gruppo assume connotazioni tragicomiche sintomo dell’innegabile debolezza del partito di Fini. Dopo l’uscita di scena di Barbareschi, nelle recenti settimane a colloquio con il Premier, che ha scelto di entrare a far parte del Gruppo misto, anche Maurizio Saia e Pasquale Viespoli, ex capogruppo al Senato, hanno rassegnato le loro dimissioni abbandonando Fini al suo destino. Le dimissioni di Saia sono arrivate al termine di una riunione-fiume tenutasi ieri sera a Palazzo Madama, l’assemblea che ha visto l’avvicendamento di 30 relatori che a turno hanno cercato di convincere il senatore a non lasciare il partito.

Manifestazioni di stima o puro calcolo? Di sicuro le ultime defezioni all’interno di Fli assumono una rilevanza cruciale: dopo l’abbandono dei due senatori, il gruppo Fli cessa di esistere al Senato e si teme che lo stesso destino coinvolgerà presto anche i deputati. Nonostante il trasformismo all’interno del centro-destra, i vertici del partito non sembrano accusare il colpo: Fini è relegato in una torre di silenzio e indifferenza mentre Italo Bocchino minimizza e non perde occasione per sparare a zero sul premier.

Ciononostante la debolezza politica di Futuro e Libertà si riversa anche nel settore editoriale che vede il partito sprovvisto del supporto della stampa: lo spazio concesso dagli organi d’informazione, sempre più inesistente, si riduce in concomitanza con le manifestazioni di disaffezione dei parlamentari. In particolare, il tracollo finiano passa anche per la perdita del controllo del Secolo d’Italia, storica testata romana di Alleanza Nazionale.

Il destino del Secolo d’Italia è una questione tutt’altro che nuova; da tempo il giornale fatica a sopravvivere: pochi i finanziamenti, provenienti in larga parte da una fondazione composta dagli ex membri di An, e ancora meno le copie vendute. Vista la crisi del partito e il numero crescente di abbandoni si prevede, a ragione, una diminuzione delle sovvenzioni se la linea editoriale resterà filo-finiana. Proprio per scongiurare il pericolo del fallimento, in queste ore si discute sulle nuove direttive da adottare e probabilmente la decisione rappresenterà l’ennesima sconfitta per Fini.

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