Oggi è il 21esimo anniversario della strage di Capaci, il terribile attentato della mafia che, sull’autostrada che collega l’aeroporto con Palermo, uccise il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della sua scorta, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.
Il 23 maggio 2013 si celebra il 21esimo anniversario di quella che è comunemente nota come la strage di Capaci: il terribile attentato della mafia che ebbe come obiettivo il giudice Giovanni Falcone. 21 anni fa l’Italia intera, attonita e incredula, si ritrovò ad assistere ad una delle pagine più cupe della nostra storia. Una scena di guerra che per sempre rimarrà nella memoria di un popolo intero e che per tale sarà trasmessa alle nuove generazioni.
Per la sua vita, il suo lavoro coraggioso, il suo coinvolgimento totale in una battaglia contro la criminalità organizzata in cui lui credeva profondamente, e poi per la sua tragica scomparsa, il giudice Falcone rientra a pieno titolo tra i veri eroi italiani. Come poche altre figure Falcone è e continuerà ad essere considerato uno dei simboli positivi dell’Italia.
Sicuramente un personaggio scomodo, Giovanni Falcone è stato uno che non ha avuto paura di denunciare e indagare quei raffinati equilibri esistenti tra Cosa Nostra, politica e imprenditoria. Era il magistrato “morto che cammina”, consapevole del suo destino decise comunque di non fermarsi.
Un’immagine di un giovane Giovanni Falcone insieme agli uomini della sua scorta. La storia di Falcone ci narra di un uomo da sempre in prima linea contro la mafia, che insieme al collega Borsellino seppe istituire il più grande processo contro di essa che si ricordi. Era un uomo che aveva un obiettivo: lavorare affinché Palermo e la sua Sicilia potessero guarire dal cancro della criminalità organizzata.
Al nome di Falcone è da 21 anni legato anche quello di Paolo Borsellino, suo collega e intimo amico che, all’indomani della morte del primo, decide di mettersi al lavoro nel tentativo di dare giustizia al suo amico. Un lavoro che durò appena 57 giorni, il 19 luglio del 1992 un’altra enorme tragedia infatti avrebbe sconvolto la Sicilia e l’Italia intera: fu la strage di Via d’Amelio in cui morirono, oltre a Borsellino, cinque uomini della sua scorta.
Giovanni Falcone viene assassinato in quella che comunemente è definita la strage di Capaci. Era il pomeriggio del 23 maggio 1992 quando Falcone tornava da Roma, come abitudine, nella sua Sicilia per il fine settimana. All’aeroporto di Punta Raisi (ora dedicato ai due giudici) lo attendono tre Fiat Croma blindate insieme alla sua scorta guidata dall’allora capo della squadra mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera.
Falcone, sceso dall’aereo, decide di guidare e prende la Croma bianca, accanto a lui siede la moglie Francesca Morvillo, il sedile posteriore viene occupato dall’autista giudiziario Giuseppe Costanza. Alla guida della Croma marrone c’è Vito Schifani, accanto l’agente scelto Antonio Montinaro e dietro Rocco Dicillo. In coda c’è la Croma azzurra con a bordo Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo: miracolosamente quella sarà l’unica vettura che si salverà dalla spaventosa esplosione.
Falcone e la sua scorta partono dall’aeroporto direzione Palermo mentre su una strada parallela una macchina è pronta per darne segnalazione ai killer. Alle 17.58, presso il km 5 della A29, una carica di cinque quintali di tritolo posizionata in una galleria scavata sotto la sede stradale dello svincolo Capaci-Isola delle Femmine viene azionata da Giovanni Brusca, il sicario di Totò Riina.
“Orrore, ucciso Falcone”, la prima pagina del quotidiano nazionale che riporta l’attacco mortale della mafia. Giovanni Falcone morirà un’ora e sette minuti dopo l’attentato, dopo alcuni disperati tentativi di rianimazione; sua moglie, Francesca Morvillo, qualche ora più tardi. I suoi tre agenti nella Croma marrone moriranno sul colpo.
“È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”. È Falcone che ha pronunciato queste parole coraggiose grazie anche alle quali è diventato un esempio per le generazioni future che da 21 anni decidono di scegliere, guardando i volti sorridenti del giudice e dell’amico Borsellino, di stare dalla parte dell’antimafia.
All’uscita dall’autostrada Palermo-Capaci, nelle vicinanze del luogo dell’attentato, è stata eretta una colonna che espone i nomi delle vittime di quel 23 maggio 1992. Ogni anno, in questo luogo, il giudice, sua moglie Francesca Morvillo e la sua scorta vengono commemorati.
È uno dei tanti ricordi sparsi per l’Italia in onore del giudice Falcone sorti all’indomani della sua tragica scomparsa. “L’albero Falcone” si trova di fronte alla casa in cui il giudice abitava, in via Emanuele Notarbartolo, a Palermo. Raccoglie tutti i messaggi, i fiori e i doni che vengono messi lì in suo ricordo.
Di immagini simili in Sicilia, soprattutto dopo la morte di Falcone e Borsellino, ne compaiono tante. È forte il desiderio di continuare il lavoro dei due magistrati e di sconfiggere Cosa Nostra. Ad oggi però due delle pagine più nere della nostra storia, la strage di Capaci e quella di Via D’Amelio, restano ancora tra le più misteriose: per l’attentato al giudice Falcone, nonostante le condanne definitive in Cassazione, sono infatti molti i dubbi sui reali mandanti dell’attentato. Coloro che hanno continuato il lavoro dei due giudici sono arrivati ad indagare sui servizi segreti e a chiedere che venisse tolto il segreto di Stato su alcuni fascicoli. L’ipotesi, avvalorata dalle dichiarazione di alcuni collaboratori di giustizia, è quella di una collusione tra Stato e Mafia.
L’immagine di un giglio lasciato accanto alla voragine e ai resti dell’auto su cui viaggiava Giovanni Falcone. Se è vero che gli uomini passano, compresi i più grandi, il giudice ci ha insegnato che #leideerestano, anche dopo 21 anni, e la speranza che infondono è ben più potente della deflagrazione di una qualsiasi bomba.