Firme false M5S, il portinaio inguaia la deputata grillina Lupo: “Quella firma non è mia”
Lo scandalo relativo alle firme false presentate del Movimento 5 Stelle a sostegno della candidatura di Riccardo Nuti a sindaco di Palermo non accenna a sgonfiarsi, ma anzi assume proporzioni sempre più gigantesche, arrivando a lambire alcuni esponenti regionali e nazionali del Movimento. Al momento si contano 10 indagati in totale e verranno ascoltati dagli inquirenti entro la fine di questa settimana: i parlamentari regionali siciliani Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca, gli attivisti Samanta Busalacchi, Giuseppe Ippolito, Stefano Paradiso e Francesco Menallo, il cancelliere del tribunale Giovanni Scarpello, un esponente che avrebbe avuto un ruolo minore nella vicenda e i parlamentari nazionali Riccardo Nuti e Claudia Mannino. Un nuovo capitolo dell'inchiesta, però, ha fatto capolino nei giorni scorsi grazie a un servizio realizzato dalla Iena Filippo Roma, che da un mese e mezzo segue questo caso e che ha contribuito alla riapertura delle indagini archiviate due anni fa.
Il nuovo tassello del puzzle tirato fuori da Roma nella serata di ieri riguarda un'altra deputata nazionale eletta nel 2013 nelle liste del Movimento 5 Stelle: si tratta della siciliana Loredana Lupo che, a quanto sembra dalle evidenze rilevate da Roma, sarebbe stata in qualche modo invischiata nella vicenda che vede ora indagati i 10 attivisti e parlamentari grillini. Secondo quanto dimostrato da Filippo Roma nel suo ultimo servizio, tra le duemila firma falsificate al centro dello scandalo, ci sarebbero alcune irregolarità abbastanza inusuali, per così dire. Nei fogli depositati in Tribunale e autenticati dal cancelliere Scarpello figurerebbero alcune firme originali, quella della deputata Lupo e del marito Riccardo Ricciardi, e altre false, come ad esempio quelle di Paolo Di Blasi – portiere dello stabile di residenza della Lupo – della moglie Giuseppina Rizza e della figlia della coppia.
A un'attenta verifica condotta da Roma, è risultato – per stessa ammissione delle parti in causa, che le firme di Di Blasi, Rizza e della figlia sarebbero state sì raccolte inizialmente più o meno lecitamente, ma sarebbero poi state successivamente falsificate ricopiandole nel famigerato foglio corretto poi presentato in tribunale per ottenere l'accesso della lista alla competizione elettorale. "Quella firma no, non è la mia. Forse neanche quella di mia figlia è questa", si sente dichiarare Di Blasi nel servizio di Filippo Roma, che ammette inoltre un particolare che potrebbe aprire la strada a ulteriori problemi per Lupo e per i 5 Stelle palermitani: le sottoscrizioni alla lista del 2012, infatti, in particolare quelle di Di Blasi e famiglia, sarebbero state raccolte in casa dalla Lupo, che all'epoca non era ancora deputata nazionale, e pertanto senza il diretto controllo di un pubblico ufficiale autorizzato alla verifica dell'identità del sottoscrivente e alla conseguente autenticazione della firma, come invece prescrive chiaramente la legge.
L'onorevole Lupo e il marito, secondo la tesi de Le Iene, potrebbero quindi essere stati coinvolti nella falsificazione degli atti elettorali, ma al momento non risultano indagati dalla Procura. Intanto la Digos palermitana, che sta proseguendo le indagini, ha già chiamato 400 persone a riconoscere le proprie sottoscrizioni falsificate e a breve depositerà un'informativa sull'esito in Procura. Tra i vari testimoni, alcuni hanno disconosciuto le firme ricopiate ma altri, come il marito di Lucia Borsellino, hanno invece dichiarato di non aver mai sottoscritto la lista delle comunali del M5S, ma piuttosto una richiesta di referendum abrogativo relativo alla legge sull'acqua pubblica e che le firme sarebbero quindi state carpite con l'inganno.